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Cooperazione & Relazioni internazionali

Kizito: «Aspettiamo Francesco, un amico che viene a trovarci»

L’attesa in Kenya per l’arrivo di Bergoglio è altissima. A raccontarla il missionario comboniano Renato Kizito Sesana che a Nairobi si prende cura dei bambini di strada: «con tutto quello che fa trasmette il Vangelo, in modo chiaro, netto, genuino. E la gente questo lo coglie subito»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Un papa che parla più di Gesù e di Vangelo che di chiesa, più di gioia, compassione e misericordia che di legge e valori non negoziabili, più di uscire e servire che di difendere e proclamare. Davvero, pochi della mia generazione ormai osavano sperare che la primavera del Concilio vaticano II sarebbe tornata. Tanto meno che sarebbe venuta a trovarci in carne e ossa». A parlare è Renato Kizito Sesana, missionario comboniano e giornalista italiano già direttore di Nigrizia che in Kenya ha fondato New People e Radio Waumini. Proprio a Nairobi ha creato anche la comunità Koinonia, al servizio dei bambini di strada, e in Italia è fra i fondatori della ong Amani. Vita.it lo ha intervistato per capire quale e quanta sia l’attesa per Francesco.

Che significato ha il viaggio di un papa, di questo papa, in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana?
Lo scorso 26 novembre ho accompagnato un gruppo di miei ex ragazzi di strada keniani a incontrarlo dopo l’udienza generale. Sono rimasti conquistati da Francesco anche solo per i pochi istanti in cui ha detto qualche parola e hanno sentito una carezza della sua mano. Ma poi la domanda insistente era: ma quando viene in Africa? Quando viene da noi a Kibera? Questo i qualche modo fa capire che tipo di attesa ci sia. I circa 200 bambini che abbiamo raccolto dalla strada sono eccitati dalla prospettiva di andare domattina alla messa del Papa. Non vedono l’ora di rivedere il loro amico

Ma per l’Africa cosa vuol dire?
Un viaggio che ha significati profondi e diversi per ogni paese che toccherà. Andare nella Repubblica Centrafricana significa immergersi in tutte le debolezze dell’Africa. Innanzitutto per la guerra, e le violenze sulla popolazione civile. Poi, perché è un paese con grandi ricchezze naturali che non è mai stato veramente indipendente, conteso tra multinazionali, sotto la minaccia del fondamentalismo islamico, dove tribalismo e rivalità religiose sono esplose negli ultimi tre anni. Invece l’Uganda rappresenta l’impegno laicale. Con i suoi 22 martiri della fine dell’ottocento, e i beati catechisti Daudi e Jildo del 1918, questo paese ha donato alla chiesa africana il numero più alto di canonizzati nei tempi moderni. Con una particolarità: contrariamente a quanto è successo nel resto del mondo, tra i santi e i beati africani dei tempi moderni ci sono solo due suore, e non c’è nessun prete

E per il suo Kenya cosa rappresenta?
Per noi, e quando dico noi intendo la chiesa keniana e i cristiani che lavorano qui, è importante. È un Papa che lavora per i poveri. È chiaro che per chi lavora con i poveri nelle grande parrocchie di Nairobi, stiamo parlando almeno di 3 milioni di persone che fanno fatica ad arrivare alla fine della giornata, è una visita fondamentale. La povertà sarà certamente al centro dei suoi discorsi. E spero anche che tocchi il problema della corruzione. Una delle cause principali della povertà keniana. Basti pensare che recentemente il presidente ha dovuto attuare un rimpasto di governo cambiando sei ministri perché non riusciva più a giustificare la loro presenza alla luce degli scandali che erano scoppiati. Sono certo che Francesco parlerà anche di queste difficoltà e darà una scossa ad un paese che è ormai precipitato in una condizione di immobilismo senza precedenti.

Anche il tema del terrorismo è un argomento centrale in Kenya?
Il problema del rapporto con l’Islam sarà toccato di più verso la fine del viaggio. Ma anche qui saranno presenti diversi imam. E si dice che sia stato lui a volere questa presenza. Il Papa certamente ricorderà i morti del terrore, come gli studenti di Garissa, dove sono morti sia cristiani che musulmani. Ma le ricorderà per superarli, per non esasperare le differenze e cercare di vivere assieme. Allo stesso tempo condannerà chi usa di Dio per giustificare atti di violenza.

Perché c’è questo feeling immediato tra l’Africa e il Papa?
Perché veramente è un Papa che con la sua presenza e con quello che dice trasmette immediatamente il Vangelo. E la gente questo lo capisce subito, lo coglie al volo. Un papa che vive e trasmette il Vangelo in modo chiaro, netto, genuino. A dirmelo è stata una ragazza di 22 anni che lavora con me, ieri guardandolo alla tv.


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