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Cooperazione & Relazioni internazionali

Partenza sbagliata per l’Europa verso gli obiettivi dell’Agenda 2030

L’Unione Europea continua a non tradurre in impegni concreti le promesse di inizio millennio per il finanziamento della lotta alla povertà. Questo il commento rilasciato a nome di CONCORD Italia da Luca de Fraia dopo la pubblicazione del rapporto annuale di AidWatch sullo stato della cooperazione allo sviluppo europea.

di Luca De Fraia

AidWatch ha pubblicato questa settimana il rapporto annuale sullo stato della cooperazione allo sviluppo europea. Le circostanze non potevano essere più particolari: siamo nel 2015, ovvero l’anno dei bilancio e delle promesse quando si parla di sviluppo. Ma sono anche giorni funesti, nei quali la brutalità della crisi che avvolge il Mediterraneo e gli attentati di Parigi che scuotono la pax europea hanno presentato il conto. Gli incontri previsti questa settimana a Bruxelles sono stati cancellati, per rispetto della situazione in città; ma, forse proprio per questo, un richiamo a politiche europee coerentemente solidali con il resto mondo è quanto mai attuale.

Accountability europea

Siamo arrivati al capitolo 2015 di AidWatch, una grande avventura iniziata quasi dieci anni fa con l’intento di offrire uno strumento per verificare se e come l’Unione Europea fosse in grado di tradurre in impegni concreti le promesse di inizio millennio per il finanziamento della lotta alla povertà; una delle prime e concrete applicazioni di quel principio di accountability che sarebbe diventato sempre più popolare negli anni a seguire. Uno sforzo genuino che in questi anni ha riunito decine di attivisti ed esperti delle organizzazioni non governative a Bruxelles e nei Paesi membri, nella convinzione che il Vecchio Continente dovesse fare la propria parte. Adesso è il momento della verifica: nell’anno in cui la comunità internazionale adotta l’agenda per il 2030, dando vita agli obiettivi di sviluppo sostenibile (gli SDGs), è necessario valutare se l’Europa abbia le carte in regola.

Pinocchio Europa

AidWatch presenta il rapporto 2015 con un chiaro titolo: l’Europa non mantiene gli impegni; è una falsa partenza nella strada verso gli SDGs. I dati parlano da soli: la promessa di raggiungere lo 0,7% della ricchezza destinata agli aiuti è stata clamorosamente disattesa. Il continente non va oltre il limite dello 0,42% per il 2014 (contro lo 0,43% per l’anno precedente), che si traduce in un vero e proprio deficit di risorse. La stessa Commissione Europea fornisce una stima di questa sconfitta nelle sue previsioni per il 2015: di questo passo, per la fine dell’anno le risorse destinate alla lotta alla povertà non supereranno lo 0,44%, con un buco stimato in circa 40 miliardi di euro su base annuale. Pochi sono quindi i Paesi che hanno mantenuto gli impegni: Lussemburgo, Polonia, Danimarca e Gran Bretagna.

La fiducia al primo posto

La fiducia nella capacità dei partner di mantenere le promesse è un ingrediente fondamentale nelle politiche di cooperazione, specialmente quando c’è parecchio in gioco, come nel caso delle richieste di aggiustare le scelte di politica economica e sociale alle dottrine dello sviluppo. L’Europa ci ha tenuto a far pesare anche in queste settimane il fatto che può comunque presentarsi come primo donatore a livello mondiale, rappresentando oltre la metà di tutte le risorse disponibili. Questo è stato il solito biglietto utilizzato in occasione della conferenza per la finanza dello sviluppo di Addis Ababa dello scorso luglio, che però non è bastato a far uscire l’Europa dall’angolo. Il delegato europeo è stato l’unico in quell’occasione a parlare di resounding success , ovvero di un successo clamoroso, mentre i delegati dei Paesi in via di sviluppo ribadivano l’esigenza di mantenere gli impegni, anche quelli in tema di aiuti.

Nuove contraddizioni

Sulle scelte europee si affaccia adesso un nuova contraddizione. La crisi dei rifugiati sta avendo un doppio impatto sui livelli di risorse per la cooperazione allo sviluppo. Da un lato, grazie alle scelte dell’OECD, i Paesi possono contabilizzare le spese entro i propri confini per far fronte alla crisi dei rifugiati. Lo fa l’Italia, dove la contabilizzazione di questi costi dovrebbe raddoppiare nel 2014 (fino a sfiorare il 20% del totale degli aiuti); situazione simile per l’Olanda, ma anche per Portogallo e Cipro. Dall’altro lato, ed è forse l’aspetto più odioso, alcuni Paesi annunciano di riorientare la propria spesa di cooperazione per coprire i costi dei rifugiati; è questo il caso della Svezia, ma anche della Norvegia. Si potrebbe materializzare uno scenario inquietante: il primo beneficiario dell’Europa sarà l’Europa.


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