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La Corte Europea riconosce due casi di tortura nelle carceri italiane

Accolto il ricorso di due detenuti torturati ad Asti 11 anni fa. Esultano Antigone e Amnesty Internatonal: «Il governo ammette sostanzialmente le responsabilità, proponendo un risarcimento di 45mila euro». Ecco la dinamica dei fatti

di Gabriella Meroni

Carcere di Asti, 10 dicembre 2004: due detenuti vengono denudati, condotti in celle di isolamento prive di vetri nonostante il freddo, senza materassi, lenzuola, coperte, lavandino, sedie, sgabello. Viene loro razionato il cibo e impedito di dormire, sono insultati e sottoposti per giorni a percosse quotidiane con calci, pugni, schiaffi in tutto il corpo giungendo, nel caso di uno dei due, a schiacciargli la testa con i piedi. Ora la Corte europea dei diritti umani rende giustizia a quei detenuti, decidendo di dichiarare ammissibile il loro ricorso per tortura. Lo stato italiano ha proposto una composizione amichevole di 45.000 euro per ciascuno dei due ricorrenti.

La vicenda giudiziaria, la cui conclusione provvisoria è accolta con soddisfazione da Amnesty International Italia e Antigone, ebbe inizio a seguito di due intercettazioni del 19 febbraio 2005 nei confronti di alcuni operatori di polizia penitenziaria sottoposti a indagine per altri fatti. Si arrivò quindi al rinvio a giudizio degli indagati dopo oltre sei anni dai fatti, il 7 luglio 2011. Il 30 gennaio 2012 si arrivò alla sentenza di primo grado e la Corte di Cassazione chiuse processualmente il caso il 27 luglio dello stesso anno. Per nessuno dei responsabili si arrivò a condanna, in quanto non esistendo il reato di tortura, si procedette per reati di più lieve entità arrivando, nel caso di due, a prescrizione, mentre per altri due indagati l'assoluzione arrivò per motivi procedurali. Il giudice comunque mise nero su bianco che i fatti, pur qualificandosi come tortura ai sensi della Convenzione Onu contro la tortura, non potevano essere perseguiti come tali poiché in Italia non esiste una legge che riconosca il reato di tortura.

Antigone si costituì parte civile nel procedimento collaborando con l'avvocata Simona Filippi, difensore civico dell'associazione, a predisporre i ricorsi alla Corte europea dei diritti umani. Alla stesura e alla presentazione degli stessi collaborò anche Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia. "Quella della Corte europea è una decisione di importanza enorme che riguarda la tortura in un carcere italiano", dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "Il Governo ammette sostanzialmente le responsabilità e si rende disponibile a risarcire i due detenuti torturati ad Asti. Come aveva scritto a chiare lettere il giudice di Asti nella sentenza del 2012, si era trattato di un caso inequivocabile, e impunito, di tortura". "La decisione dello stato italiano di proporre una transazione è un dato positivo, in quanto rappresenta l’ammissione che nel carcere di Asti vennero commessi atti di tortura", aggiunge l'avvocato Filippi.

“Naturalmente, saranno le vittime a decidere se accettare la composizione amichevole. Da parte nostra, anche alla luce di questi sviluppi, chiediamo ancora una volta all’Italia di introdurre il reato di tortura nel codice penale, definendo la fattispecie in termini compatibili con la Convenzione Onu contro la tortura e la Convenzione europea dei diritti umani”, conclude Antonio Marchesi.


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