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Cooperazione & Relazioni internazionali

5mila migranti all’Angelus dell’accoglienza

In occasione della 102esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che la Chiesa celebra il 17 gennaio, i migranti passeranno la Porta Santa di San Pietro per poi partecipare alla celebrazione eucaristica. «Cerchiamo di coniugare accoglienza e misericordia, nello spirito del Giubileo», spiega monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes

di Vittorio Sammarco

“Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della Misericordia”, è il tema scelto da papa Francesco per la 102esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che la Chiesa celebra il 17 gennaio in tutte le 27mila parrocchie e in particolare in una regione scelta di anno in anno: domenica tocca al Lazio che, come precisa don Guerino Di Tora – presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes – non solo è la regione del centro Italia con il maggior numero di immigrati (oltre 600mila), ma anche quella che ha oltre 400mila emigranti italiani.

«Per e con i migranti – informa monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione, nella conferenza stampa di presentazione – si cercherà di coniugare accoglienza e misericordia, nello spirito del Giubileo e domenica oltre 5000 migranti parteciperanno prima all’Angelus e, poi, insieme passeranno la Porta santa per partecipare alla celebrazione eucaristica in San Pietro». Nella messa saranno consacrate le ostie prodotte dal carcere di massima sicurezza di Opera da tre detenuti che hanno commesso omicidi, ma che hanno seguito un percorso di consapevolezza e di redenzione personale. Un progetto ideato dalla “Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti onlus, che si inserisce nel percorso di conversione e redenzione giubilare voluto dal Papa.

E per dare un senso ancora più profondo a questa giornata a san Pietro sarà presente la Croce di Lampedusa, realizzata con le assi di legno provenienti dai barconi su cui hanno viaggiato i migranti, benedetta da papa Francesco il 9 aprile 2014 e da quel giorno in viaggio attraverso l’Italia, accompagnata da una “staffetta spirituale”, guidata da volontari, che unisce parrocchie, monasteri, carceri e ospedali”.

«Sebbene i rischi e le paure fanno crescere la richiesta di interventi e controlli, non si deve dimenticare che è proprio un welfare più solido a migliorare l’integrazione e di conseguenza anche la sicurezza», ha detto mons Perego, interrogato su cosa ne pensasse degli eventi di Colonia.

E i numeri forniti lo confermano.

Si è arrestata la migrazione cosiddetta economica (di coloro che scappano dalla fame e non da guerre o persecuzioni). Nel 2015 sono stati i 153.842 contro i 170.100 dell’anno precedente. Il boom si è avuto Grecia (oltre 850.000) e in Turchia. Non siamo invasi, quindi, mentre riparte la nostra emigrazione giovanile

Un cambiamento di rotta anche nella geografia delle origini dell’immigrazioni: nel 2015 gli immigrati provengono soprattutto dai paesi del Corno d’Africa, Eritrea e Somalia, devastate anche da dittatura e persecuzioni religiose e Africa sub-shariana, Nigeria e Sudan.

In prevalenza uomini (115.000), ma aumentano in modo considerevole donne e bambini (15.000 di cui 11mila non accompagnati a cui vanno aggiunti quasi 6.000 non accompagnati e irreperibili).

Le strutture di accoglienza al 1 gennaio 2016 hanno potuto ospitare 103.792 persone (2.000 in meno nella rete i primissima accoglienza (CDA, CARA, CPSA), ma ben 76.394 (più del doppio), negli Sprar, strutture di seconda accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. E qui il giudizio della Fondazione è critico: «l’accoglienza rimane ancora in una situazione di forte precarietà, sia nei porti di arrivo che in molti centri di prima accoglienza realizzati con una forte divaricazione della modalità di accoglienza nelle diverse regioni».

Altri due punti critici sono sottolineati da mons Perego: i minori accolti e le richieste di asilo. Purtroppo l’accoglienza dei 10.952 minori non accompagnati rimasti in Italia avviene in strutture straordinarie al Sud e solo poco più del 10% in strutture familiari e in case famiglia. Secondo: le richieste di asilo nel 2015 sono crescite fino a 82.940 rispetto alle 64.689 del 2014. Però le decisioni delle Commissioni sono state 70.037 con un aumento sì, considerevole, rispetto all’anno precedente, ma hanno visto dare un titolo di protezione internazionale (asilo, sussidiaria e umanitaria) solo a 29.182, mentre il diniego è avvenuto per il restante 52% delle domande (e di queste, poi, il 6% delle persone si sono rese irreperibili). Un’inversione di tendenza rispetto al 2014, quando il 60% è stato accolto e il 37 negato, e questo proprio quando aumenta la tensione dei conflitti internazionali. Il direttore della Fondazione afferma: “Una domanda è lecita: s’indebolisce la protezione internazionale in Italia?”.

Ma la risposta della Chiesa rimane alta

Intanto con l’accoglienza nelle strutture ecclesiali. Nelle diocesi italiane al momento dell’appello del papa (6 settembre scorso), erano accolte quasi 23.00 persone. Da settembre a oggi, grazie a un grande movimento solidale delle parrocchie, dalla Fondazione stimano intorno ai 5.000 i nuovi accolti. «Soprattutto – afferma mons Perego – laddove i comuni sono stati latitanti è cresciuto l’impegno dell’accoglienza ecclesiale. Contiamo – sottolinea – di fare una rilevazione completa a un anno dall’appello del papa anche perché la solidarietà generata è ancora in atto: per i percorsi di preparazione nelle comunità e nei consigli pastorali, per l’individuazione delle strutture, per la costruzione della rete degli operatori, ecc».

E poi ci sono le proposte-richieste più “politiche”, un pacchetto che comprende: la necessità di aprire canali d’ingresso regolari per ricerca di occupazione e per i rifugiati; trovare modalità nuove di gestione dei flussi; trovare procedure di identificazione e di ricollocamento comuni in Europa che tengano conto del rispetto della dignità umana e dei diritti delle persone (preoccupano la politica degli Hotspots, considerati più simili ai famigerati CIE che hai centri di accoglienza); accelerare i tempi di risposta per chi fa domanda di asilo; arrivare ad un sistema unico e diffuso di accoglienza in Italia che risponda a medesimi standard e procedure e sottoposto a puntuali controlli e verifiche sui servizi prestati; un servizio sociale specifico per ogni Comune; un serio programma di inserimento abitativo e lavorativo; arrivare a forme diversificate di accoglienza per i minori che superino la prima in centri collettivi spesso inadeguati; una proposta per di legge per il voto amministrativi ai migranti regolarmente presenti nel nostro Paese.

Tutto ciò per poter «svolgere un’azione realmente efficace, garantendo protezione a quanti hanno diritto d’asilo e, insieme sicurezza alle comunità di accoglienza con politiche comuni in grado di governare oltre l’emergenza fenomeni di portata epocale», come ha scritto il Presidente Mattarella nel suo telegramma di saluto.

«Dalla conoscenza all’accoglienza – ha concluso don Di Tora – e dall’accoglienza al farsi carico, fino al riconoscere nell’altro il volto di Cristo, riscoprendo così il senso profondo dell’umanesimo in questi tempi. È il senso profondo del Giubileo e di questa giornata mondiale».


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