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Meglio le statue coperte del fondamentalismo intellettuale

Visto dalla cultura perbenista, la dimensione di “ospitalità” (magari un po’ sopra le righe) diventa tout court servilismo. Chi ha coperto le statue ha peccato di ingenuità e forse di eccesso di prudenza. Ma meglio peccare così che per eccesso di protervia culturale.

di Giuseppe Frangi

So che quel che sto per scrivere mi esporrà al pubblico ludibrio. Ma pensare come fa il Corriere della Sera nel titolo di apertura di oggi, che il caso delle statue coperte per la visita a Roma del leader iraniano Rohani sia un «caso mondiale», mi sembra un’esagerazione assolutamente ridicola. E non è solo il Corriere a indignarsi.

Lo fanno un po’ tutti i commentatori. Lo fa persino il ministro della Cultura Franceschini che, preso un po’ alla sprovvista e travolto da questo coro ironico, si è indignato lui stesso. Può essere che i funzionari che hanno seguito l’organizzazione della visita del leader abbiano peccato per eccesso di zelo. Può essere che Rohani passando per quelle sale neanche si sarebbe accorto di ciò che lo circondava, anche perché aveva altre priorità per la testa. Ma doversi vergognare per aver avuto un eccesso di cortesia, questo è del tutto fuori luogo.

Del resto lo stesso Rohani, che non è affatto quell’oscurantista che vien dipinto con il solito schematismo, nella conferenza stampa non si è sottratto alla domanda sulle statue scoperte, limitandosi elegantemente ad annotare «che gli italiani sono un popolo molto ospitale». Evidentemente, ha apprezzato l’attenzione non richiesta.

Non così potrà dire dei francesi che hanno già annunciato che nella cena con il leader di Teheran verrà comunque servito il vino, nonostante per l’Islam sia bevanda tabù. Il tutto per un’impuntatura di principio. La cortesia e l’ospitalità non sono di casa a Parigi…

Visto dalla cultura perbenista, quella che ha sempre la verità confezionata in tasca, quella degli sputasentenze, la dimensione di “ospitalità” (magari un po’ sopra le righe) diventa tout court servilismo.

In realtà dietro questa indignazione si nasconde un sottile razzismo culturale: quello che porta a pensare che il punto di vista degli altri, quando non coincide con le conquiste di libertà della cultura occidentale, sia un punto di vista moralmente riprovevole. E non sia invece semplicemente un punto di vista altro, che si appoggia su altri valori e su altre convinzioni, del tutto legittime. Valori e convinzioni che hanno lunga storia e hanno prodotto anche grandi civiltà.

Per cui vien da sospettare che tanta indignazione sia frutto di un’intolleranza di fondo. Di un’incapacità di accettare l’altro, quando l’altro non rientra negli schemi del moralmente o culturalmente corretto. Detto in parole povere, vien da pensare che tanta indignazione sia alla fine una forma di fondamentalismo intellettuale.

Chi ha coperto le statue ha peccato di ingenuità e forse di eccesso di prudenza. Ma meglio peccare così che per eccesso di protervia culturale.


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