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Gualzetti: la sfida della carità è anche culturale

Il direttore nominato della Caritas Ambrosiana, entrerà in carica il 1 aprile, è il primo laico dopo sei preti a ricoprire questo incarico. Una nomina nel segno della continuità

di Antonietta Nembri

Continuità. Sembra questa la parola d’ordine di Luciano Gualzetti, neo nominato direttore della Caritas Ambrosiana. Il primo laico nella storia della realtà milanese. E forse il suo non essere un sacerdote, dopo ben sei preti alla direzione, è l’unica versa discontinuità nella nomina conferita al 55enne lecchese dal cardinale Angelo Scola (qui la news).

Gualzetti (a sinistra nella foto) del resto è stato responsabile della Caritas decanale e poi di quella della zona pastorale di Lecco e dal 1997 è vicedirettore di Caritas Ambrosiana «sono entrato in Caritas quando c’era monsignor Bazzarri (attuale presidente di Fondazione don Gnocchi e direttore Caritas dal 1984 al 93, ndr.)» ricorda. Una militanza pluriennale nell’organismo pastorale della diocesi di Milano dunque. E un impegno che lo ha visto in questi ultimi anni ricoprire diversi

incarichi (presidente di Fondazione San Carlo, specializzata in progetti di housing sociale e formazione professionale, presidente di Fondazione San Bernardino promossa dalla Conferenza episcopale lombarda per prevenire l’usura, e dal 2009 segretario generale del Fondo Famiglia Lavoro della diocesi).

«Si proseguirà nelle attività che Caritas Ambrosiana sta portando avanti: l’attenzione alle persone in difficoltà, le emergenza oggi sono soprattutto l’afflusso di profughi, la disoccupazione, la precarietà. Tutti ambiti in cui cerchiamo di dare risposte tempestive» dice Gualzetti a poche ore dalla nomina (entrerà in carica effettivamente il 1 aprile). Ma c’è un secondo filone di attenzione che «spesso passa in secondo piano, ma è importantissimo ed è il lavoro culturale, la necessità di cambiare la mentalità. Come Caritas cerchiamo di incidere sugli stili di vita, cambiare i registri della percezione».

Due dunque i filoni di attenzione uno concreto di intervento e l’altro culturale. «La sfida è quella di non dare per scontata una mentalità evangelica anche tra chi frequenta le parrocchie», perché sembra voler dire non basta dare un pacco alimentare occorre andare oltre.

Il suo essere il primo laico a dirigere Caritas Ambrosiana non lo vive come una straordinarietà: «In Caritas la stima per i laici è sempre stata alta» osserva, ma ammette che per lui si tratta «di una grossa responsabilità» avendo come predecessori sei sacerdoti.
La Caritas è «un luogo che favorisce l’attenzione ai laici e del restopossono portare un contribuito originale, soprattutto in fatto di competenze ed è per tutti i laici un luogo in cui giocare una responsabilità».

Tra le emergenze vi è sicuramente quella della casa «è un tema complesso» ammette e ricorda che la Fondazione San Carlo ha 150 appartamenti «a fronte di 10mila persone che vivono questo problema. Noi e il Terzo settore però non possiamo affrontare questa emergenza in termini strutturali, servono politiche e azioni di lungo periodo. Ed è qui che si gioca anche il nostro impegno culturale. Su casa, lavoro, precarietà per arrivare a un vero cambiamento occorre incidere nella mentalità, per avere ricadute sui decisori politici, sulle imprese, sulle banche. Serve un’azione pedagogica verso il primo e il secondo settore per poter incidere a livello culturale e poter rispondere alle sfide che sono in continua mutazione».

In apertura foto di Olivier Morin/Afp/Getty Images


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