Welfare & Lavoro

Telegiornali senza Terzo settore: che fine ha fatto il pluralismo tv?

Quasi 1 milione di occupati, 5 milioni di volontari, 300mila istituzioni, associazioni, enti: questi i numeri del non profit in Italia. Eppure, i media non sembrano accorgersene e questo mondo viene costantemente sotto rappresentato. Soprattutto nei telegiornali che, in media, non offrono più di 11 secondi al giorno alla società civile.

di Marco Dotti

Quanto pesa la società civile nella comunicazione televisiva italiana? Poco, molto poco. Tre sono i parametri attraverso cui guardare. Il primo è il tempo di notizia e indica il tempo dedicato in un servizio all’illustrazione di un argomento/evento in relazione ad un soggetto istituzionale. Il secondo è il tempo di parola e indica il tempo concesso a quel soggetto per parlare direttamente. Il terzo è il tempo di antenna, che indica il tempo complessivamente dedicato al soggetto ed è dato dalla somma del “tempo di notizia” e del “tempo di parola” del soggetto. Chi ha fatto i conti sul tempo di antenna dedicato dai telegiornali italiani al Terzo settore è Marco Binotto, professore presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell'Università La Sapienza di Roma.

«La società civile organizzata non appare molto spesso sui mezzi di informazione e benché possa sembrare uan frase fatta al limite del luogo comune – osserva Binotto – i dati confermano purtroppo questa sensazione».

La direzione non è migliorata particolarmente in questi anni, la tendenza è in decrescita – non netta, ma in decrescita – il dato complessivo è poco incoraggiante. I dati, poi, ci dicono solo una parte del problema. La presenza del Terzo settore, infatti, è concentrata soprattutto in certi momenti dell'anno – a dicembre, ad esempio – o in concomitanza di alcuni eventi particolari, quali una giornata mondiale o una raccolta fondi particolarmente organizzata. All'interno di questo spazio già minimo, c'è poi un altro problema, come osserva Binotto: «pochi attori che riescono a attrarre in grosso dell'attenzione, sia per qualità della loro struttura sia per dinamiche interne al mondo dell'informazione. La conseguenza è che ci sono poche forze che occupano molto spazio e molte forze sociali che quello spazio non lo sfiorano nemmeno».

Dai dati dell'Agcom, tutti molto aggregati, non si capisce molto, ma da osservatore dei media, spiega il professor Binotto, alcuni temi sembrano più "attrattivi" per i giornalisti: ambiente, salute.

Se dal lato di chi fa informazione e stenta a fotografare una realtà che tocca oggi milioni di cittadini italiani, se ci volgiamo dall'altra parte dello specchio e guardiamo al mondo del non profit osserviamo un'oggettiva difficoltà. Gli attori del non profit, ci spiega il professor Binotto, non solo stentano a farsi percepire come attori chiave dell'innovazione e del fare innovativo italiano, ma non sono ancora in grado di presentarsi come fonti. Il passaggio da testimonial a fonte, dalla campagna di fundraising a quella di comunicazione integrata è ancora di là da venire, dunque. Servirebbe un vero lavoro su di sé, da parte dei soggetti del Terzo settore, che affianchi la legittima richiesta di spazio. Uno spazio che, oggi, risicato, è vissuto soprattutto in forma competitibva e non partecipativa.

«Non è tanto il fatto del parlare o meno di un'associazione in sé a fare problema, ma la capacità di entrare in un tema come attori, quando il tema affrontato è quello di cui l'associazione quotidianamente si occupa», spiega Marco Binotto.

C'è dunque un doppio limite. Da un lato, il limite di chi dovrebbe ascoltare queste associazioni. Dall'altro, il limite di chi quelle associazioni le rappresenta, le vive lavorandoci e ancora si muove seguendo una logica da comunicato stampa.

Negli ultimi anni c'è una crescente attenzione da parte del terzo settore rispetto ai media. Quasi tutte le associazioni o le organizzazioni hanno un sito web, spesso un ufficio stampa, ma le usano – commenta Marco Binotto – seguendo alcune logiche che in qualche modo contrastano con la maturità del settore su altri fronti. C'è bisogno di lavorare ancora molto sulla consapevolezza di essere un attore pubblico decisivo, sulla capacità di entrare costantemente nell'agenda di questo Paese.

In copertina: fotografia di Sean Gallup/Getty Images


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