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Brexit, una pietra tombale sul Ttip?

La Gran Bretagna era il principale alleato interno all’Unione degli Usa sul trattato di libero scambio. «Tra i più critici invece ci sono i francesi, che oggi assumono un peso specifico maggiore», spiega l’economista Leonardo Becchetti

di Lorenzo Maria Alvaro

Tra i tanti possibili effetti della Brexit potrebbe esserci lo stallo sulle trattive che riguardano il Ttip – Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti. Molti analisti infatti vedono l'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea come la scomparsa del principale alleato degli Stati Uniti sul fronte delle trattative per realizzare il Trattato. Ne abbiamo parlato con l'economista Leonardo Becchetti.


È possibile che la Brexit sia la parole fine sul Ttip?
Sicuramente all’interno dell’Unione i fautori del libero scambio erano gli inglesi, mentre le posizioni più critiche erano quelle francesi. Hollande ultimamente aveva valutato che nel Ttip c’erano troppi vantaggi per gli Usa e troppo pochi per l’Europa. Con la Brexit e il conseguente aumento del peso specifico di Francia e Italia, l’accordo vivrà delle difficoltà. Ma è troppo presto per dire se sarà un empasse definitiva o solo temporanea.

La borsa di Londra con un +3% sembra spazzare via tutte le voci che parlavano di panico e grandi terremoti economici dovuto alla Brexit. Cosa succede?
L’andamento della Borsa non segue gli effetti economici di una scelta. La valutazione dell’impatto economico della Brexit si potrà fare a distanza di anni. E rimane comunque un calcolo complicato visto che andrebbe paragonato con una situazione ipotetica di non uscita. Quello che oggi è attendibile sono le fonti Bce che parlano di un impatto negativo per l’Ue dallo 0,1 allo 0,5, come ha detto Draghi. Quello che conta però sono le misure che verranno prese.

Non c’è dunque sul tavolo nessuna strategia per tornare indietro rispetto alla decisione presa?
Non penso che si torni indietro. Penso che si cercherà il miglior assestamento possibile con la nuova situazione.

È credibile il timore di un effetto domino che porto altri Paesi ha valutare l’uscita?
Le situazioni dei Paesi sono molto diverse tra loro. La GB non aveva l’euro e non aveva il problema dei migranti ed è un colosso finanziario. Paesi come l’Italia hanno gravi carenze e debolezze finanziarie che al momento sono mitigate dalla Bce. Dobbiamo partire da questo per ragionare. Cosa succederebbe se l’Italia decidesse di andare da sola in mare aperto con tutte le sue debolezze e senza credibilità? I greci se lo sono chiesto e hanno deciso di tornare indietro. Quindi no, non credo all’effetto domino. Credo invece che quanto è successo stia aumentando il potere contrattuale italiano all’interno dell’Europa. Dobbiamo sfruttarlo.

È un’occasione per cambiare finalmente questa Unione Europea?
Deve esserlo. Lavoriamo da tanti anni per questo.

Si parla di Milano come nuova Londra. Sogno o progettualità reale?
A Londra ci sono una serie di organizzazioni e banche importanti che dovranno traslocare. Tutto questo dovrà ripartirsi tra Milano, Parigi e Francoforte. Sarebbe molto importante avere in Italia l’Eba (Autorità bancaria europea)


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