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Padre Jacques e Wolinski sono la prova della nostra libertà

L’editoriale di Michele Serra all’indomani dell’attentato a Rouen. «Meriterebbero, il prete e l’ateo, il casto e lo sporcaccione, un piccolo memoriale comune, a testimonianza della grandezza di una comunità che ha tanti volti e tante parole quante se ne possono sommare lungo i secoli, e della ripugnante meschinità di chi vuole ridurre ogni cosa e ogni persona alla stessa schiavitù prostrata»

di Michele Serra

Il povero vecchio parroco sgozzato in Francia da un islamista neanche ventenne mi ha fatto ripensare a George Wolinski, il vecchio (e grande) disegnatore ammazzato tra le matite e i fogli di Charlie Hebdo da analoghi macellai. La Francia cattolica, provinciale e timorata, e la Francia libertina, parigina, e sfrontata, le preghiere e le novene di padre Jacques e le donnine nude e gaudenti di Wolinski, niente di più diverso, niente di più francese. Due uomini ormai vecchi, con vite diversamente coerenti alle spalle, con la colpa di essere rappresentativi, ognuno a modo suo, di una comunità nazionale odiata come poche altre dal jihadismo.

Che padre Jacques e Wolinski abbiano potuto vivere, lavorare e invecchiare nello stesso Paese, usare in pubblico linguaggi così differenti, credere in cose apparentemente così inconciliabili, è una formidabile prova di quello che intendiamo quando proviamo a parlare, in modo confuso eppure fremente, di libertà. Meriterebbero, il prete e l’ateo, il casto e lo sporcaccione, un piccolo memoriale comune, a testimonianza della grandezza di una comunità che ha tanti volti e tante parole quante se ne possono sommare lungo i secoli, e della ripugnante meschinità di chi vuole ridurre ogni cosa e ogni persona alla stessa schiavitù prostrata. Il fantasma della libertà deve fare una paura veramente atroce a questi traditori, che azzannano al cuore il loro Paese solo perché è molto più libero di loro.

da Repubblica del 27 luglio 2016


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