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Endrizzi (M5S): “Pubblicità d’azzardo: basta rammendi, vietarla tutta e subito”

Non basta un decreto per dire "qualcosa abbiamo fatto". A mali estremi, si risponde con estremi rimedi. Abbiamo incontrato il senatore Giovanni Endrizzi (M5S) che ci spiega: "davanti a evidenze sempre più sconcertanti sull'emergenza sociale e sanitaria la pubblicità va vietata integralmente e su ogni mezzo e deve partire quell'offerta di cura che in troppi e da troppe parti tentano di bloccare"

di Ilde Mattioni

«È in corso un'emergenza sociale, sanitaria, culturale, pedagogica. Quella dell'azzardo è un'industria concepita per creare dipendenza. Abbiamo tutte le evidenze per capire che questa emergenza va affrontata con i mezzi drastici e le risorse, ma anche con la franchezza e la decisione che ogni emergenza richiede». Non ha mezze parole, il senatore Giovanni Endrizzi del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Affari Istituzionali, è da anni impegnato contro il gioco d'azzardo. Sua una proposta di legge contro ogni forma di pubblicità e sponsorizzazione, diretta o indiretta da parte delle corporation dell'azzardo a giornali, fondazioni e affini, proposta che "giace" da un anno esatto nelle anticamere del Senato. A lui abbiamo chiesto un commento sul decreto attuativo firmato dai Ministri Calenda e Padoan e pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale. Il decreto rende finalmente attuative le disposizioni sulla pubblicità previste nel dicembre scorso dalla Legge di Stabilità (per capire che cosa prevede il decreto, leggi qui).

La pubblicità manipola la nostra percezione di noi stessi e della realtà, nel caso dell'azzardo il meccanismo è ancora più pericoloso: stiamo parlando di una industria concepita per dare dipendenza. Siamo di fronte a un'emergenza che è sociale, culturale, educativa. Abbiamo tutti i mezzi per capirlo e chi continua a voltare lo sguardo semplicemente "non vuole" capirlo

Giovanni Endrizzi (M5S)

«Ho cominciato ad occuparmi di pubblicità partendo dalle bevande rivolte ai giovani, dagli energy drink agli alcolici – ci spiega Endrizzi – e ho osservato che frequentemente presentano messaggi che inducono insicurezza, frustrazione, per poi proporre la soluzione miracolosa ad un problema che spesso si chiama semplicemente adolescenza». La pubblicità «manipola la nostra percezione di noi stessi e della realtà ed è pericoloso proporre ad un ragazzo che per volare deve usare una bevanda. Va a corrodere la sua auto-efficacia, il senso di poter crescere, costruire adattamenti, sviluppare progetti. Nel caso dell'azzardo il meccanismo è ancora più pericoloso; stiamo parlando di una industria concepita per dare dipendenza. E alletta anche tanti adulti che a causa della crisi hanno perso lavoro e non trovano risposte dalla politica, dal reddito di cittadinanza ad un progetto di paese che non insegua la Cina nell'autosfruttamento sul costo del lavoro, m a piuttosto paesi che guardano al futuro e all'innovazione».

Per quanto riguarda il decreto attuativo del divieto di pubblicità, Endrizzi ci spiega che «si fa finta di chiudere una finestra, ma si apre una porta: il mondo della pubblicità si sta spostando, si sta raffinando e non si vuol prendere atto che la pervasività della pubblicità dell'azzardo raggiunge fasce ampie della popolazione, creando una sorta di "normalizzazione" del prodotto nocivo che si vende. Si nascondono le nocività o le si scaricano sul giocatore, dandogli dell'irresponsabile. Il problema è vietarla integralmente, in ogni forma e su ogni supporto. Esistono le evidenze di danni alla salute e, come si fa per il fumo, così si deve fare per l'azzardo». Il Governo, secondo Endrizzi, dovrebbe intervenire anche su settori emergenti «come le scommesse sportive, che spesso sono associata alle dirette televisive su canali che il governo stesso definisce "specializzati", ma che di fatto veicolano il business dell'azzardo e la sua normalizzazione».

La pubblicità, dell'azzardo, pervasiva e scientifica, promuove una dis-cultura. È una sorta di mala-novella, un'annunciazione disperante che travolge il senso di sè, delle relazioni, il modello di comunità.

Giovanni Endrizzi (M5S)

Non possiamo accettare la logica del "qualcosa abbiamo fatto", specifica Endrizzi. Davanti a un'emergenza sociale e sanitaria, con le evidenze di questa emergenza davanti agli occhi «se non faccio tutto ciò che è in mio potere fare, vengo meno al mio ruolo istituzionale e alla fiducia che i cittadini ripongono in me. Ogni passo indietro è un tradimento, ma anche se ti preoccupi esclusivamente di "limitare il danno" visto che la gente si è oramai accorta del bluff, allora stai comunque tradendo la fiducia che ti è stata accordata. E il tuo compito non tradirla». Ma nei piani alti di certi ministeri, così come tra le industrie del gambling, ci si preoccupa solo che il problema non esploda in termini reputazionali. Il sociale è loro indifferente.

Oggi, ci spiega ancora Endrizzi, «abbiamo ragazzi che attendono un jackpot perchè non credono nei propri mezzi e non investono nella formazione di se stessi, scolastica, civile, imprenditoriale. Rubare sicurezza significa rubare felicità e futuro a loro stessi e anche all'Italia. La pubblicità, dell'azzardo, pervasiva e scientifica, promuove una dis-cultura. È una sorta di mala-novella, una annunciazione disperante che travolge il senso di sè, delle relazioni, il modello di comunità. Marcello Marchesi disse: la pubbicità è il commercio dell'anima. Mai come nel caso del gioco d'azzardo è vero».

Per quanto riguarda il Governo, Endrizzi rileva un punto critico connesso a questa emergenza: «i 50milioni previsti per il fondo per far partire un programma di cure efficaci, pubbliche e accreditate, contro le patologie da gioco d'azzardo stanno per essere dirottati altrove. Forse non verranno stanziati, forse verranno dispersi in una generica attività di prevezione, quando noi sappiamo che la cura è la prima e necessaria prevenzione. Ma far partire una coerente e adeguata offerta di cura significherebbe intercettare quei casi di disagio che, a oggi, rimangono nascosti e non risultano nelle statistiche ufficiali. Non essendo nelle statistiche, si ritiene non facciano problema. E così può continuare il balletto delle cifre». La pubblicità va vietata subito e integralmente. La cura – che è la prima prevenzione e non la generica attività di prevenzione a mezzo stampa di qualche "amico degli amici" – va garantita. E Leggi Regionali e regolamenti comunali che stabiliscono limiti orari e distanze vanno non solo tutelati, ma estesi. Senza ricatti per le Regioni o gli Enti locali.


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