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Un oggetto che può cambiare la vita

Dall’alleanza tra una fab milanese, Opendot, e un centro di riabilitazione all’avanguardia, Tog, nasce un’esperienza innovativa di co-design: si progettano oggetti e ausili personalizzati per bambini con disabilità cognitive. La digital fabrication rende poi facile la produzione

di Giuseppe Frangi

Siamo tutti diversi e il design, finalmente, può muoversi di conseguenza. Così hanno ragionato i creativi di Opendot – FabLab milanese di ricerca e sviluppo e open innovation. E cosa significa muoversi di conseguenza? Attivare pratiche di co-design nelle quali le distanze tra il progettista e l’utente si accorciano.

Un discorso che assume particolare valore di fronte alle sfide poste dalle disabilità, in particolare infantile, dove la progettazione di ausili richiede una personalizzazione rispetto al bisogno per raggiungere una vera efficacia. Per questo le famiglie e gli operatori coinvolti nel mondo della disabilità infantile sono gli attori che maggiormente colgono il potenziale risolutivo della fabbricazione digitale

Da qui è nato il progetto “l’oggetto che non c’è” in cui Opendot ha trovato come compagni di strada gli operatori di Tog, una onlus che nel 2011 ha dato vita a un centro di eccellenza per la riabilitazione di bambini colpiti da patologie neurologiche complesse. L’obiettivo del progetto è quello di fornire nuovi strumenti utili all’attività riabilitativa della Fondazione TOG. Nel percorso sono state poi coinvolte anche Università come la Naba in collaborazione con IKEA per sviluppare nuovi progetti di design, re-design e hacking di oggetti della vita quotidiana.

Attraverso le tecnologie delle stampanti 3D è poi possibile ad una prototipazione rapida in particolare degli ausili progettati. Per questo il catalogo dell’”oggetto che non c’è” si presenta già ricco e articolato. Il percorso progettuale tra Opendot e TOG si è articolato infatti su più fronti: dal software per una facile acquisizione di scansioni 3D di tutori in gesso per realizzare protesi da stampare in 3D, al re-design di ausili, sistemi cognitivi e giochi che aiutino i bambini nell’apprendimento di gesti e movimenti specifici, favorendo le attività della vita quotidiana, con l’obiettivo di far raggiungere una maggior autonomia attraverso ausili adatti, esteticamente belli e utili.

È nata così, ad esempio, la bicicletta di Lorenzo, destinata ad un bambino di 6 anni che soffre di una patologia neurologica complessa, che rende difficili la gran parte delle azioni quotidiane. Co-design, personalizzazione e prototipazione rapida hanno reso possibile la produzione di una bici a tre ruote con pedivelle ridotte, sellino ergonomico, supporto per la schiena e manubrio regolabile.

Le componenti sono state adattate a partire da alcuni elementi standard, come ad esempio, ruota anteriore da 16", ruote posteriori da carrello, ruota libera standard, movimento centrale a cassetta. Lo sterzo invece è stato ricavato dal mozzo di una ruota, il telaio è fresato da pannelli di betulla fenolica. Il modello 3D è personalizzato su Lorenzo, ma può essere velocemente adattato alle esigenze di diversi bambini con disabilità differenti.

C’è poi la Pimpy Car, progettata per Emily, che è una rivisitazione giocosa di un importante ausilio che aiuta i bambini che non hanno ancora il controllo del tronco a rimanere seduti in una posizione corretta. La macchinina è dotata di ruote in modo da facilitare lo spostamento, da creare occasioni di gioco, così da permettere al bambino di rimanere a contatto con i suoi compagni in modo inclusivo e spontaneo. Il progetto Glifo invece si compone di diversi oggetti il cui scopo è quello di facilitare il disegno a bambini affetti da disfunzioni cognitive e motorie, grazie a supporti per le dita ed hanno la funzione di accogliere matite e pennarelli, evitando di stimolare la contrazione dei muscoli interni della mano.


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