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Adesso le italiane rinunciano anche al primo figlio

Il 2015 è stato l'anno delle culle vuote: 485.780 bambini nati. La novità è che sempre più donne rinunciano anche al primo figlio. Una scelta strettamente connessa con la formazione di nuove famiglie: il calo dei primi figli è infatti drammatico fra le donne sotto i 30 anni, prova delle difficoltà che stanno vivendo soprattutto i giovani. Il Ministro Costa rilancia: «nel 2018 il Fattore Famiglia»

di Sara De Carli

L’Istat l’aveva anticipato a febbraio, come stima, ma ora lo conferma con i dati definitivi: il 2015 è stato l'anno delle culle vuote. I dati reali sono anche peggio delle stime: non solo nel 2015 siamo scesi per la prima volta sotto i 500mila nuovi nati, ma ne siamo ampiamente sotto. Sono nati 485.780 bambini (a febbraio Istat ne stimava 488mila), quasi 17mila in meno rispetto al 2014 (anche qui, si parlava di 15mila in meno). Continua quindi senza sosta la diminuzione della natalità, con 91mila bambini in meno nati in Italia rispetto al 2008.

Fanno meno figli le coppie con genitori entrambi italiani (siamo a 385.014 nati), sia perché le donne italiane in età riproduttiva sono sempre meno numerose sia perché mostrano una propensione ad avere figli sempre più bassa (1,35 figli per donna). Calano però anche i nati con almeno un genitore straniero (sono quasi 101 mila nel 2015, pari al 20,7% del totale dei nati) e anche dei nati da genitori entrambi stranieri (scendono a 72.096). Nel complesso, il 35,5% dei nuovi nati in Italia ha almeno un genitore di origine straniera, più di uno su tre. L'8,3% dei nati nel 2015 ha una madre di almeno 40 anni, considerando sole le madri italiane si arriva al 9,3%. Le donne italiane hanno in media 1,27 figli (1,34 nel 2010), le cittadine straniere residenti 1,94 (2,43 nel 2010).

Il calo di fecondità avviatasi con la crisi ha una particolarità: la forte contrazione dei primi figli. In valore assoluto essi scendono dai 283.922 del 2008 ai 230.778 del 2015, incidendo per quasi il 70% dal calo della fecondità: le donne cioè rinunciano ad avere anche un solo figlio. Si tratta di un fenomeno strettamente connesso con la formazione di nuove famiglie e la sua forte diminuzione testimonia dunque la fase di difficoltà che sta caratterizzando il Paese, in particolare per i giovani. Ancora più drammaticamente è calato il numero medio di primi figli per le donne al di sotto dei 30 anni: da 0,40 a 0,33, che da solo spiega l’89% della diminuzione complessiva della fecondità del primo ordine. Il risultato? Più donne senza figli e figli unici, soprattutto al Centro-Nord.

Per Gigi De Palo, presidente del Forum delle associzioni familiari, «il crollo demografico sembra non appassionare la politica, ma se mettessimo tutte le energie che stiamo mettendo su questioni ideologiche che spaccano il Paese, su questo tema forse riusciremmo ad invertire questa tendenza. Tra l’altro la ricerca di una soluzione per invertire questo crollo demografico è un argomento capace di unire tutto il Paese, al di la dei partiti o dalle visioni ideologiche perché è un’emergenza oggettiva. Cosa stiamo aspettando? Cosa deve accadere ancora? Vogliamo ritrovarci il prossimo anno ad analizzare dati ancora più negativi? Perfino l’Ocse, nel nuovo Economic Outlook, tira le orecchie all’Italia per la quale “dovrebbe essere prioritario un programma nazionale mirato per contrastare la povertà delle famiglie con bambini”. Lo ripetiamo da tanti anni: abbiamo bisogno di politiche fiscali a dimensione familiare. Se oggi fare un figlio è diventata una delle prime cause di povertà, come possiamo pensare di invertire questa tendenza?».

Enrico Costa, ministro con delega alla famiglia, ha ammesso che «ogni culla vuota è un campanello d'allarme serissimo per la crescita e il futuro del nostro Paese. Questo Governo, come nessun altro, ha scelto di mettere la famiglia al centro e le misure a sostegno della natalità che abbiamo previsto nella legge di bilancio con 600 milioni di euro sono una risposta concreta, per sempre e per tutti ai numeri presentati dall'Istat». Nella legge di bilancio 2017, approvata dalla Camera e ora all’esame del Senato, ci sono il premio alla nascita per le future mamme, il buono nido, il bonus bebè, il fondo di garanzia per il credito per i nuovi nati, la conferma voucher babysitter rafforzato ed esteso alle lavoratrici autonome, un congedo obbligatorio per i neopapà. «Ovviamente – continua il Ministro – è solo un primo passo e non ci illudiamo che, da solo, sia sufficiente: il fenomeno è estremamente complesso va affrontato con un piano pluriennale. In questa prospettiva, nel 2018, nell'ambito della riforma dell'Irpef, affronteremo il tema del 'Fattore famiglia' per riconoscere ai nuclei vantaggi fiscali crescenti in rapporto al numero dei figli».

Foto Danielle McInnes/Unsplash


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