Attivismo civico & Terzo settore

L’azzardo è una malattia. Lo dice la magistratura

Una storica sentenza certifica che si tratta di vera dipendenza. L’assoluzione di una signora sorpresa a rubare per poter giocare recita: “la condizione per cui il soggetto non può impedirsi di reati è la dipendenza dall’abitudine del gioco”

di Daniela Capitanucci

Qualche giorno fa, in tutto silenzio, è stata pronunciata una sentenza storica: il giocatore d’azzardo patologico autore di reato può non essere ritenuto responsabile di fatti criminosi che pure ha compiuto.

Ecco la vicenda.
Una donna dal passato irreprensibile, lavoratrice, madre di famiglia, viene accusata per furto aggravato e utilizzo indebito del bancomat, e lo scorso 18 novembre va a processo, nello sconcerto generale di parenti, amici e conoscenti.
Come è stato possibile che tutto ciò potesse accadere ad una signora “per bene”?
Scavando nella situazione emerge che, pochi mesi prima dell’ultimo atto delittuoso, alla signora era stata diagnosticata una dipendenza patologica da gioco d’azzardo.

È lecito chiedersi, ed è ciò che ha fatto il Giudice della VII Sezione Penale Tribunale Ordinario di Milano che si è trovato sulla scrivania il fascicolo, se vi fosse una sorta di correlazione tra la patologia che affliggeva l’imputata e la compromissione della sua capacità d’intendere e volere all’epoca della commissione dei reati? E poi, si è chiesto il Giudice, quanto la signora è ancora attualmente “pericolosa”?

AND dal 2003 si batte per contrastare i danni da gioco d’azzardo legale; mediante tre dei suoi membri, due avvocati e una psicologa che hanno lavorato insieme fianco a fianco in questo procedimento, ha fornito tutto l’apporto scientifico sull’imputabilità della giocatrice, studiando i profili dal punto di vista legale e psicologico, sino a poterli concretizzare con l’attività processuale.

È stato dunque disposto un approfondito accertamento che ha condotto il perito psichiatra nominato dal Tribunale a dichiarare la giocatrice totalmente incapace di intendere e volere al momento dei reati, a causa della “…dipendenza dall’abitudine del gioco quale condizione per cui il soggetto non può impedirsi di compiere furti in modo coattivo per garantirsi tale possibilità”.
Quindi, la signora è stata prosciolta dalle imputazioni.

A prima vista, si potrebbe pensare che questa sentenza dimostri il fallimento del diritto, l’ennesima facile assoluzione di chi commette reati e poi la fa franca.
Non è così. Il valore di questa sentenza sta proprio nel fatto che la protagonista di questa vicenda è stata riconosciuta “malata” di un disturbo grave e pericoloso, per se stessa e per gli altri, tutti danneggiati parimenti dal suo stato di dipendenza dall’azzardo.

In altre parole, alla signora è stato riconosciuto che – se non fosse stata dipendente da gioco d’azzardo – ella non avrebbe commesso quei reati, proprio come non ne aveva commessi in passato, quando non era una giocatrice patologica.

Una tranquilla signora che a causa dell’azzardo si è trasformata in una persona socialmente pericolosa. Anche questo è un fatto emerso dal processo.

Quindi si è reso opportuno indicare la presa in carico psicoterapeutica e psicofarmacologica della giocatrice da parte dei Servizi Territoriali (Sert) piuttosto che un ricovero in OPG, oltre alla nomina di un Amministratore di Sostegno quale strumento di tutela e protezione della signora.

AND ritiene questo provvedimento una vera e propria pietra miliare nell’ambito della trattazione della materia in quanto per la prima volta – per quanto noto alla nostra Associazione – un soggetto affetto da dipendenza patologica da gioco d’azzardo viene riconosciuto nella propria fragilità e nell’integralità del fenomeno, non solo non sanzionandolo penalmente ma anche prevedendo azioni da volgere a protezione dello stesso e della società in cui è collocato.

Ulteriori riflessioni saranno possibili quando a breve verranno depositate le motivazioni della sentenza.


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