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Raccontare mettendoci la faccia. Il fumetto è più vivo che mai

Esce La Rabbia, una raccolta che mette insieme il meglio dell'ultima generazione di disegnatori. Li ha scelti Luca Raffaelli che spiega le ragioni di un successo

di Anna Spena

Hanno scelto prima il nome. Poi come riempire le pagine del libro e dopo ancora gli autori che quelle pagine le hanno impregnate con la più umana delle pulsioni: La Rabbia. Emozione appunto che fa da titolo al testo che Luca Raffaelli ha curato con Valerio Bindi, edito da Einaudi Stile Libero. 344 pagine dense che quasi restano in balia di quel gioco di equilibri imperfetti, mai regolari, tra immagini e parole, disegni e testo che sono il carattere distintivo del fumetto.

“Così passi dalla parte del torto” di Zerocalcare


Ed è in questa sregolatezza che si manifesta libero l’impeto della vita che con il fumetto sa come essere raccontata, e soprattutto sa come raccontarci.

«Non hanno pagato caro. Non hanno pagato niente», ripete Luca Raffaelli, riportando le stesse parole utilizzate nell’introduzione di La Rabbia. «“Pagherete caro, pagherete tutto” è uno slogan legato alla mia generazione, quando i giovani degli anni ’70 scendevano nelle piazze convinti di poter cambiare il mondo. Io ero giovane e vedevo que- sti fratelli maggiori tanto sicuri di sé. E invece quel mondo non è stato cambiato. O forse sì: in peggio». Poi continua:

«Io credo che oggi nei fumetti ci sia la stessa rabbia di allora, solo più con- sapevole e con più possibilità di diventare messaggio».

Luca Raffaelli, 57 anni («a dicembre compio 40 anni di articoli sul fumetto», gli piace ricordare), è un giorna- lista considerato tra i massimi esperti italiani di questo mondo. L’idea de La Rabbia gli è venuta un anno fa. Quando Paolo Repetti, uno degli ideatori di Einaudi Stile Libero, l’ha chia- mato per realizzare un’antologia sul genere. «C’è una nuova forma di fumetto che si è sviluppata che io trovo bellissima: quella indipendente, autoprodotta. E c’è una generazione di fumettisti che si raccoglie attorno al festival Crack! Fumetti dirompenti, che si tiene al Forte Prenestino di Roma, capace di raccontare come le cose cambiano, o come non cambiano. Per questo ho coinvolto nel progetto Valerio Bindi, promotore del festival».

L’autoproduzione lascia l’autore libe- ro di fare: «Non è la scelta obbligata di chi non trova un editore», spiega Raffa- elli. «Piuttosto l’autoproduzione è spesso una scelta precisa di libertà. E la stessa rabbia e la stessa libertà si ritrovano qui, in queste pagine».

La Rabbia raccoglie opere di Bambi Kramer; Hurricane; Vincenzo Filosa e Giusy Noce; Laura Nomisake e Annali- sa Trapani; Ratigher; Sonno; Tso e Federico Primosig; Zerocalcare. Tutti autori che hanno saputo in modo diverso “farla vedere”, “tirarla fuori”, “disegnarla”. «Questa rabbia che viene fuori dalla pagine del libro e dalle nuove generazioni è forte», dice Raffaelli. «Il testo è anche un invito che facciamo al lettore a non avere timori e a buttare fuori an- che la loro». Artisti di età diverse ma comunque tutti giovani: nati tra il 1978 e il 1991.

«Il senso della rabbia espressa in que- sto libro mi sembra maturo. I ragazzi ci hanno messo la faccia». Segno di rottu- ra con il “fumetto vecchio” dove l’autore rimaneva sempre un passo indietro rispetto al personaggio, in questo testo ad essere vincente è «la diversità di stili e atmosfere», sottolinea Raffaelli. «Le tradizionali regole del fumetto a volte sono rispettate solo per scelta. Da certi autori il lettore non si aspetti alcuna indulgenza. Se non è interessato a comprendere, se rimane fuori, se non trova la chiave, problema suo. Qui c’è la poesia, il linguaggio minimalista, in cui lo spazio bianco tra le vignette – am- messo che ci sia – lascia libera l’interpretazione». Ma, badate bene che «la libertà può anche lasciare senza appigli, senza certezze. In queste pagine non si esclude alcuna possibilità, neanche quella per amore di rifarsi ad un certo fumetto mainstream».

Rabbia e libertà dell’artista e del let- tore qua sembrano diventare una cosa sola: «Nella storia di Ratigher e Bambi Kramer, ad esempio, non c’è scampo: il primo con le sue gelide rappresentazioni ci trasmette la spaventosa certezza che l’uomo può essere peggiore dei personaggi che mette in scena; il secondo entra in se stessa per chiedere pietà per i vili, i maledetti. E quanto immenso dolore trasmette questo suo sdoppiamento». Tra i nomi il più noto anche al pubblico di “ignoranti” di fumetto è Zerocalcare. Che non stona in mezzo alla libertà: lui non è un fenomeno di marketing editoriale. «Il diario delle sue rabbie, della rabbie di Zerocalcare, che nelle sue vignette sa coinvolgere così tanto il lettore, prova come la realtà sia già comicamente deforme». Il suo è un fenomeno assoluto, in Italia nessun autore ha avuto così tanto successo: «E non è una meraviglia solo perché ha avuto successo; la meraviglia sta nel fatto che ha avuto tanto successo perché è bravo e coerente. Il suo Kobane Calling è un manifesto di sincerità politica. Io ho apprezzato infinitamente la sua partecipazione perché una sua assenza sarebbe stata impensabile: lui di Crack è un protagonista indiscusso».

Libertà sembra essere insieme alla rabbia la parola chiave. E lo è anche nei fatti, non solo in astrazione: «Con questo testo potete fare tutto quello che non vi è concesso con gli altri libri. Lo diciamo all’inizio: tu puoi condivide- re, riprodurre, rappresentare, remixare, trasformare, esporre in pubblico, distribuire… tutto il materiale. Fumetto come suono continuo, sprazzi di note dissonanti e melodie. Fumetto come espressione di un malessere personale e collettivo. Ma quanta forza, quanta energia, dentro».


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