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Migliaia di musulmani in chiesa. Branca: «Non è più il tempo dei distinguo»

Da Parigi a Roma. In tutta Europa imam e fedeli in preghiera nelle chiese con i cattolici hanno risposto all'iniziativa promossa dalla comunità islamica francese dopo l'uccisione di padre Jacques Hamel. L'islamista Paolo Branca: «Si è superata una linea rossa con l'uccisione del prete francese. Il lavoro di Papa Francesco comincia a dare i suoi frutti»

di Lorenzo Maria Alvaro

L'Islam ha varcato la soglia delle chiese di tutta Europa. Non come atto di aggressione ma come gesto di fratellanza. Un gesto potentissimo, che giunge nell'ultima domenica di un luglio di sangue e dopo l'attentato in chiesa di Rouen. Un gesto che è partito dalla FRancia ed è arrivato anche in Italia. Nel nostro paese sono stati 23mila, secondo Foad Aodi, presidente delle Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai), i fedeli islamici recatisi nelle chiese cattoliche. Ne abbiamo parlato con l'islamista Paolo Branca


Come ha letto il gesto voluto dal Conseil du Culte Musulman che ha chiesto ai fedeli musulmani di partecipare alla messa domenicale?
Innanzitutto non è un gesto del tutto nuovo. Ho amici musulmani che vanno a messa a Natale e Pasqua, che vengono con me a messa, per festeggiare insieme. Come io ceno con loro alla fine del Ramadan. Ma che sia un gesto così condiviso è importante. Soprattutto davanti all'omicidio di un prete

Perché è un attentato così diverso dagli altri?
Hanno superato una linea rossa che era invalicabile uccidendo un sacerdote. Un passo significativo delle comunità musulmane di fronte a qualcosa che è difficile considerare un attentato non religioso. È difficile sostenere che l’Islam non c’entri. Questa volta evidentemente c’è meno spazio per i distinguo. C’è da prendere atto che qualcuno nel nome dell’Islam fa certe cose. Le comunità musulmane hanno capito che non era più il tempo per questi distinguo. Che è arrivato il momento di prendere una posizione forte e chiara.

Il Papa però ripete da tempo che la religione con il terrore non c’entra…
È certo che sia così. Dietro a questo paravento religioso si nascondono interessi politici ed economici. Ovviamente però attentati come quelli di questi giorni, in particolare l’uccisione di un prete, sono difficili da interpretare in modo lucido. Tenere separate le cose è sempre più complicato. Il gesto diieri è molto importante in questo senso.

Centra qualcosa il lavoro di Papa Francesco?
Certo, mi pare che lo dimostri quotidianamente con le scelte che fa. È aperto e disponibile con tutte le confessioni cristiane, con gli ebrei e con i musulmani. Rifiuta costantemente lo scontro e richiama tutti all’essenza religiosa che necessariamente porta a soluzioni di armonia. La fede è amore non rabbia e odio. Se c’è violenza è ideologia. Ma vorrei sottolineare un aspetto…

Prego…
A parte questi gesti simbolici bisogna fare molto di più dove cristiani e musulmani già convivono. Come gli oratori. Adesso Milano ha circa 1000 oratori frequentati per il 25% da bambini musulmani che vanno a giocare a pallone e fare i compiti. Il fatto che in questi posti non sia ancora capitato, in maniera significativa, un incontro tra famiglie cristiane e musulmane è un errore. Va fatto subito. Bisogna seguire l’esempio di Francesco.

L’Italia però non vive gli stessi problemi del resto d’Europa, almeno per ora. Perché?
L’Italia ha un numero di immigrati musulmani ridotto e più diversificato rispetto a Francia, Germania e Uk. Non ci sono fenomeni in stile banlieau, con periferie interamente straniere. In più il nostro Paese è un luogo di passaggio, non di stanziamento. Solo un idiota farebbe saltare il ponte su cui passa per andare dove vuole. E poi non siamo un Paese razzista. Non abbiamo un’identità nazionale così marcata e ideologizzata. Qui se mangi gli spaghetti e tifi la nazionale sei uno di noi. Ma non dobbiamo dormire sugli allori.


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