Welfare & Lavoro

Legalità? O si ricomincia dalla Costituzione o mafie e corruzione vinceranno la sfida

L’intervento del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, al Terzo dialogo del ciclo di incontri di “Arte contro la Corruzione” promosso da Casa Testori in collaborazione con Teatro Franco Parenti. «Stiamo pensando con alcuni colleghi di istituire una scuola per la legalità costituzionale destinata ai docenti delle scuole»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Il contrasto alle mafie come il contrasto al terrorismo presuppongono un apparato organizzativo che non si esaurisce nella Procura Nazionale» così ha inziato il proprio intervento Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia, al terzo incontro del ciclo “Arte contro la Corruzione”, organizzato da Casa Testori in collaborazione con Teatro Franco Parenti. «Ci sono 26 procure distrettuali, su tutto il territorio nazionale che vengono coordinate dalla procura nazionale. È un lavoro di squadra in cui il compito del procuratore nazionale è quello di far funzionare al meglio la squadra mettendo tutti gli uffici in condizione di lavorare nel modo migliore. Abbiamo un’organizzazione dunque e abbiamo un apparato normativo perfezionabile ma già molto avanzato rispetto ad altri paesi attraversati da questi fenomeni».

Ma c’è ancora molto da fare perché, spiega ancora Roberti «le mafie nonostante gli sforzi e i risultati ottenuti non sono ancora sconfitte. Intendiamoci: Cosa Nostra siciliana non è più quella che era 50 anni fa né quella che nel 92/93 fece le stragi. Ha avuto colpi durissimi ed è molto indebolita. Anche a Napoli vale lo stesso infatti siamo tornati alla camorra stracciona. Non è più la Camorra mafiosa delle grandi organizzazioni formatisi nel rapporto con Cosa Nostra. È rimasta forte la ‘ndrangheta calabrese perché ha saputo porsi sul piano della criminalità transnazionale come una grande agenzia per il traffico degli stupefacenti e poi si è trapiantata con la forza dei soldi e dell’imprenditorialità in altre territori del nostro Paese a cominciare dalla Lombardia e in altri europei e non».

Perché la mafia non è ancora stata sconfitta
Nonostante la storia del nostro Paese però il procuratore nazionale sottolinea che «il contrasto alle mafie non è ancora, purtroppo, considerato una priorità nell’azione di governo. Il fenomeno mafioso è sottovalutato in molti paesi come è successo anche da noi. Ora in Italia la sottovalutazione è stata superata. Ma non si è ancora voluto capire che le mafie non sono un fenomeno emergenziale e ricorrente in chiave emergenziale. Sono un fenomeno strutturale del nostro Paese. Fanno parte della società della storia e dell’economia del nostro Paese. Perché nel rapporto con l’economia, con il mondo delle professioni, con le istituzioni locali e con una è parte della società civile che fa il gioco delle mafie. Una zona grigia che non è mafia ma che fa affari con la mafia e che è la vera forza della mafia. Per questo esiste ancora in Italia la mafia: perché c’è chi è disposto a fare affari con loro».

Cos’è legalità
«La legalità comincia con lo scrivere buone leggi», sottolinea Roberti, «Il primo passo nell’affermazione della legalità è fare buone leggi, chiare, comprensibili e uguali per tutti. Quando critichiamo la proposta di riforma costituzionale», ha sottolineato riferendosi al recente Referendum, «non diciamo che non bisogna fare le riforme. Ma che bisogna farle bene. Scritte bene. Perché la chiarezza delle parole, la precisione delle parole è un fatto etico e politico. Se tu vuoi governare bene devi cominciare dallo scrivere bene le leggi. Solo poi fai capire ai giovani che è più conveniente rispettare le leggi».

Disuguaglianze e fenomeno mafioso
«Non ci libereremo delle mafie se non capiremo che le mafie sfruttano le disuguaglianze. Così come sfruttano le asimmetrie normative per collocare i capitali illeciti», è l'amara considerazione del procuratore. «Le mafie sfruttano le disuguaglianze sociali per fare affari con ricchi senza scrupoli e arruolare i più poveri. Lo stesso percorso lo stanno facendo quelli che si fanno fare il lavaggio del cervello dall’Islam estremista».

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Il tema culturale e i giovani
Il procuratore ha poi voluto raccontare quello che molti dei magistrati fanno per diffondere nella società e soprattutto tra i giovani la cultura della legalità e quello che vogliono fare in futuro. «Sono almeno trent’anni che giro per le scuole perché lo ritengo un’attività complementare a quella giudiziaria che svolgo ogni giorno. Vado nelle scuole a parlare della Costituzione perché è vero che il termine legalità è ambiguo: possiamo pensare anche a leggi formalmente legali, adottate con u metodo e un procedimento formalmente rispettoso delle forme, ma nella sostanza di leggi che non rispettiamo i principi costituzionali e quindi illegittimi. Quindi quando parliamo di legalità aggiungerei sempre il termine costituzionale: legalità costituzionale. Leggi rispettose e attuative dei principi scritti nella prima parte della Costituzione. Gli articoli dall’1 al 54 che sono intangibili e il fondamento della nostra democrazia e della nostra Repubblica».

La legalità costituzionale
Per fare questa opera culturale però bisogna avere proprio una cultura della legalità costituzionale. «In questi anni nelle scuole ho colto spesso nei docenti molta buona volontà ma poca preparazione. Preparazione all’insegnamento e alla trasmissione di questi principi e di queste regole. Così stiamo pensando con alcuni colleghi di istituire una scuola per i formatori per la legalità. Non so se riusciremo a farlo. Credo che, se parliamo di corruzione, sia un fenomeno estremamente diffuso perché non se ne è mai percepito il disvalore morale e sociale. È sempre stata considerata, un po’ come l’evasione fiscale, una furbata da simpatiche canaglie. Quando poi ci si è accorti che la corruzione era diventata un modo di operare tipicamente mafioso era troppo tardi e abbiamo capito che per combattere le mafie non bastano le leggi, che abbiamo e sono ottime, e non basta neanche l’organizzazione giudiziaria adeguata alla sfida. Manca una normativa adeguata per combattere la corruzione, che consenta di emettere sentenze in tempi rapidi e credibili ed efficaci. Non è solo un problema di prescrizione. Ma alla prescrizione si arriva perché il processo penale ordinario ha tempi troppo lunghi e non funziona».

La corruzione come carburante del fenomeno mafioso
Mafia e corruzione sono fenomeni diversi e distinti, «ma hanno in comune la visione proprietaria e predatoria della cosa pubblica», sottolinea Roberti. «Tanto il mafioso quanto il corruttore rubano a scapito della collettività. A Milano fino a 30 anni fa c’era la corruzione ma non c’era la mafia. Le mafie sono arrivate sulla scoperta di una corruzione che era diventata sistematica. Dove c’è corruzione sistemica prima o poi arrivano i mafiosi».

La via maestra è l’uguaglianza dei cittadini
«Penso che una cultura della legalità costituzionale rispettosa dei principi costituzionali debba tenere presente il principio fondamentale che è quello dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge» sotrtolinea Roberti in conclusione, «Anzi il principio della pari dignità sociale e dell’uguaglianza dei cittadini difronte alla legge, Se non attueremo questo comandamento costituzionale non combatteremo mai questa battaglia. Non bastano i richiami alla cultura senza questa coscienza. Non si fa cultura della legalità perché non si conosce il fondamento della democrazia. E questo è veramente il fondamento della democrazia. Che cos’è la dignità? Il complesso delle condizioni che rendono la vita dell’uomo degna di essere vissuta. È la premessa per l’attuazione del principio di uguaglianza dei cittadini difronte alla legge. Tutti sono uguali difronte alla legge perché hanno pari dignità sociale. Se non perseguiremo l’attuazione di questi principi saremo sempre un Paese profondamente corrotto».


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