Politica & Istituzioni

Costalli: «Perché ci sono le risorse per Mps, ma non per la lotta alla povertà?»

Il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori immagina «un salto di qualità» che coinvolga politica, impresa, rappresentanze e società civile per «il bene comune e gli interessi generali» e che smuova l'Italia dal «vivere perennemente in differita»

di Carlo Costalli

In Italia i periodi di vacanza più lunghi ed attesi sono ad agosto e a dicembre, in concomitanza con l’estate e le festività natalizie, ma è noto che il Paese entra in una sindrome letargica già da luglio e novembre. Qualsiasi iniziativa, evento o anche semplice appuntamento, viene stoppato e procrastinato con l’immancabile obiezione: “Tra poco è Natale” oppure” Facciamo dopo Ferragosto”. Sono gli alibi di chi ama vivere perennemente in differita, rimandando e menando il can per l’aia.

Naturalmente la politica aderisce come un guanto alla mano a questa cattiva abitudine, reperendo con il lanternino scuse e liti fresche di giornata per nascondere la polvere sotto il tappeto e non occuparsi delle vere priorità del Paese, delle emergenze inascoltate e ancora da risolvere come il lavoro e la lotta alla povertà. Due tra gli argomenti più inflazionati per giustificare l’immobilismo di una classe dirigente autoreferenziale e avvitata su se stessa: “C’è la crisi” e “Non ci sono i soldi”. La prima affermazione è indiscutibilmente vera, sulla seconda ho, legittimamente, i miei dubbi. I politici, infatti, sembrano nascondere una lampada di Aladino, a orologeria però, capace di far comparire le risorse solo in determinati momenti e per determinati scopi.

Ad esempio nel decreto salva Monte dei Paschi di Siena sono spuntati ben 20 miliardi.

Per reperire questa cifra monstre ogni ministero dovrà fare la sua parte. Questo intervento pubblico per ricapitalizzare MPS e, se necessario, altri istituti di credito in difficoltà, passerà per l’incremento del debito pubblico. Ne deriva che l’Italia emetterà più titoli di Stato e pagherà più interessi. E, per far fronte ai maggiori esborsi, i dicasteri dovranno stringere la cinghia. La spending review aggiuntiva, stando alla relazione tecnica del decreto Salvarisparmi varato il 13 dicembre dall’esecutivo Gentiloni, colpirà in primo luogo il Tesoro, ma non sarà indolore nemmeno per i ministeri dell’Ambiente, dei Trasporti e della Salute.

La domanda sorge dunque spontanea: non si poteva fare prima e per altri, ben più urgenti, ambiti?

Non solo: l’assurdo è che, anche quando si riescono a recuperare denari che vengono stanziati sia pure solo parzialmente per contrastare la povertà, allora si scopre invece che mancano i necessari decreti attuativi per il colpevole ritardo della politica, che ha perso mesi preziosi fra sterili polemiche referendarie e giochi di palazzo che nulla contano per la vita dei cittadini e delle famiglie.

L’aspetto più preoccupante è che rispetto a queste emergenze del Paese la politica (che in un passato anche recente ha sbagliato strategie e spesso non è stata neppure in grado di individuare le vere priorità), da sola non sembra in grado di farcela.

Occorre non solo una politica che sappia ritrovare una forte unità almeno sui grandi interessi generali del Paese (intanto già sarebbe un primo passo) ma anche un ulteriore salto di qualità: una grande alleanza fra tutte le forze “vive” del Paese che hanno a cuore il bene comune e gli interessi generali. Penso alle organizzazioni imprenditoriali, che è bene recuperino autonomia rispetto alle iniziative del Governo; ma anche alle organizzazioni sindacali, che debbono essere capaci di rilanciare un grande Patto generazionale; come pure alle organizzazioni sociali, cui compete recuperare terreno sul piano delle vitalità progettuali concrete.

Servono, insomma, politiche che creino vero sviluppo, non iniziative una tantum di tipo assistenziale. Serve liberare la società dai mille lacci e lacciuoli che ne impediscono un sano e deciso sviluppo: occorre liberare il potenziale del Paese, finora frenato da una burocrazia insostenibile, da un sistema del credito che ha perso il contatto con le realtà imprenditoriali di piccola e media dimensione, che sono da sempre la vera ricchezza produttiva italiana, e a maggior ragione quando si tratti di attività imprenditoriali avviate dai giovani. Non possiamo più subire rallentamenti per un sistema del credito distratto e, spesso, travolto da una finanza speculativa, per di più avallata dal silenzio di una politica che, nel migliore dei casi, ha altro a cui pensare.

Dobbiamo ripartire da subito e farci carico innanzi tutto dei giovani verso i quali, come ha ammonito in questi giorni Papa Francesco, abbiamo un vero e proprio “debito”. Sì, è proprio questa la parola giusta: un “debito” verso i giovani che si traduce inevitabilmente in un’ipoteca sul futuro.

Tutto questo ha portato a distanze siderali dalla fiducia nel futuro, nelle istituzioni, avviliti e lontani anche da qualsivoglia impegno politico. Sta a noi rimetterli al centro della scena.


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