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Ikea, e quella casa portatile per i rifugiati

"Better Shelter” vince il Beazley Design of the Year, dedicato ai migliori progetti di design e assegnato dal Museo del Design di Londra. La produzione della casa portatile per i rifugiati è iniziata nel 2015 e fino ad oggi sono state distribuite circa 16mila unità

di Anna Spena

La casa “portatile” per i rifugiati di Ikea vince il premio Beazley Design of the Year, dedicato ai migliori progetti di design e assegnato dal Museo del Design di Londra. Si chiama “Better Shelter”, ideata da Johan Karlsson è finanziata dalla Ikea Foundation.

Il modulo pieghevole in plastica riciclata è stato selezionato come miglior oggetto di design del 2016 per il suo contributo all’emergenza globale delle migrazioni e degli sfollamenti. Un pannello solare sul tetto per l’energia, pieghevole e quindi portatile, può ospitare una famiglia di cinque persone.

Oltre 16mila le casette già consegnate in tutto il mondo dal 2015 grazie alla collaborazione con l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ogni struttura ha un costo di poco più di 1000 euro ed è progettata per durare circa tre anni. È dotata di una porta blindata, finestre, climatizzazione, luce e un caricatore per il cellulare.

La casa può essere ancorata al terreno e resiste a pioggia, neve e venti forti. Il tetto e le pareti sono fatte di pannelli di poliolefine trattati con protezione UV per ridurre il deterioramento causato da una forte luce solare.

Il telaio è in acciaio; ed è modulare. Molti dei componenti della struttura sono intercambiabili. Il rifugio può essere facilmente smontato, si è trasferito e rimontato. A differenza di tende, che possono richiedere l'intera struttura da modificare se una parte è danneggiata, i componenti sulle unità Shelter migliori possono essere sostituiti singolarmente

«Abbiamo accettato questo premio con emozioni contrastanti», ha dichiarato Johan Karlsson, «da una parte siamo contenti che questo tipo di design sia stato premiato, dall'altra siamo consapevoli di come sia una risposta ad un'emergenza umanitaria, che è cresciuta nel tempo». Le casette sono state inviate in varie parti del mondo. In modo particolare nell'isola greca di Lesbo.


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