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Sanremo e quella dedica ai migranti con una canzone rubata

Ermal Meta, in gara all’Ariston, nella serata della cover ha deciso di parlare di immigrazione. Per farlo però ha scelto di proporre “Amara terra mia” che è al centro di uno storico furto d’autore ad opera di Domenico Modugno

di Lorenzo Maria Alvaro

«Non ricordo quando è stata la prima volta che ho ascoltato questa canzone», ha confessato Ermal, «ma ricordo lucidamente che mi regalò immediatamente un’emozione fortissima. Forse non è tra i brani più noti di Modugno, ma a mio avviso è uno dei più belli in assoluto. L’ho scelta perchè parla di distacco, di lontananza, racconta la sofferenza di chi è stato costretto ad andare via e celebra la voglia di tornare. È un sentimento molto simile all’amore, quando si verifica un distacco dalla propria amata». Così Ermal Meta ha spiegato la scelta di portare il brano, “Amara terra mia” sul palco dell’Ariston nella serata dedicata alle cover.

Il fatto che non sia tra le canzoni più note di Modugno forse è perché in realtà non è di Domenico Modugno. Il brano infatti, in effetti universalmente noto grazie alle splendida interpretazione del grande cantante, è in realtà un canto tradizionale abruzzese noto come “Addije, addije amore”.

https://www.youtube.com/watch?v=X6cvCte2xWo

Di Modugno c’è solo l’arrangiamento musicale perché anche l’adattamento del testo in italiano è del’attrice Enrica Bonaccorti.

Non solo. A Modugno, che alla SIAE risulta essere il compositore, non si può neanche attribuire il merito della riscoperta di “Addije, addije amore”. Nel 1964, quindi ben dieci anni prima, Roberto Leydi e Filippo Crivelli mettono in scena al Festival dei Due Mondi di Spoleto uno spettacolo sul canto popolare intitolato “Bella Ciao”. L’evento diventa un caso nazionale e fa scoprire al grande pubblico l’esistenza di un patrimonio musicale dimenticato. “Addije, addije amore”, erroneamente ribattezzata “Cade l’uliva”, appare nello spettacolo nella versione di Giovanna Marini.

L’esito di questo saccheggio è molteplice. Da un lato, viasto che il pezzo fu usato come sigla di chiusura di uno sceneggiato televisivo di ambientazione siciliana, avendo depositato il brano e godendone quindi dei relativi diritti Modugno e la Bonaccorti guadagnarono denaro su qualcosa che era invece era parte del patrimonio culturale e tradizionale di tutti. Ma, che è ancora peggio, facendo passare nella cultura pop italiana l'idea che questo pezzo abruzzese sia l'archetipo della musica siciliana. Oltre il danno insomma anche la beffa.

Scegliere questo brano insomma, figlio di un saccheggio al popolo, per cantare gli ultimi, i senza popolo e senza terra, non è stata una grande idea.

La canzone originale

Il testo:
Nebbi’a a la valle e nebbi’a a la muntagne
ne la campagne non ce sta nesciune.
Addije, addije amore
casch’e se coje
la live e casch’a l’albere li foje.
Casche la live e casche le ginestre
casche la live e li frunn ‘e ginestre
Addije, addije amore


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