Economia & Impresa sociale 

«Cari sindacati, non sparate sui voucher. Ai poveri servono»

Mentre la Cgil presenta un referendum per abolirli, i responsabili di alcuni Csv difendono i buoni lavoro: «Sostengono legalmente il rientro tra gli occupati delle persone fragili. Se ci sono abusi, vanno perseguiti. Ma le associazioni di volontariato garantiscono il loro utilizzo corretto, e aiutano in questo modo centinaia di indigenti». Ecco dove e come

di Gabriella Meroni

È partita in tutta Italia lo scorso 11 febbraio la campagna a sostegno del referendum proposto dalla Cgil per abolire i voucher, i buoni-lavoro da 10 euro l’ora che, secondo il sindacato, sono «uno strumento malato di sommersione e precarizzazione del lavoro». Ma non tutti la pensano così, e a sorpresa a difendere i voucher scende in campo il mondo del volontariato. Prima da Brescia, poi da Padova, infatti, i vertici dei Csv delle due città hanno preso pubblicamente posizione (scrivendo al sindacato e ai parlamentari) in difesa di questo strumento, da loro definito «uno strumento utile, semplice e legale» che beneficia persone fragili escluse dal mercato del lavoro. Proprio grazie ai voucher, scrivono i Csv, queste persone hanno potuto vedere riconosciuta e legalmente coperta la loro condizione di lavoratori seppur temporanei e occasionali.

A Brescia, per esempio, è stato proprio il Csv a promuovere il progetto "Cantieri solidali", realizzato dall'associazione Solidarietà e Lavoro e dal Comune, che ha coinvolto 160 persone per circa 23 mila ore di lavoro, tutte pagate con i voucher. Piccoli lavori – come tinteggiare le panchine o pulire giardini per alcune ore al giorno – che però «hanno ridato dignità a persone in difficoltà, che hanno grossi problemi a inserirsi nel mondo del lavoro», come ha dichiarato Beatrice Valentini, vice presidente del Centro servizi per il volontariato della città lombarda. «Persone che hanno visto riconosciuta e legalmente coperta la loro condizione di lavoratore, seppur temporaneo ed occasionale, senza scivolare nell’inattività e nello sfruttamento del lavoro nero». Il voucher, così utilizzato, permette dunque di trasformare una piccola mansione, che magari prima veniva pagata con un generico rimborso spese, in un lavoro vero.

Non buttiamo via il bambino con l’acqua sporca: ben vengano i controlli sui voucher, ma se ne salvaguardi la funzione di uscita dalla marginalità di accompagnamento verso la vera occupazione

E sempre più spesso i “datori di lavoro” sono proprio le associazioni non profit. Come a Padova, dove solo nel 2016, grazie a due progetti coordinati dal Csv, una trentina di associazioni si sono avvalse dei voucher. La prima iniziativa, “Giovani (pre)occupati”, ha permesso a 16 giovani “neet” di tornare in pista grazie a percorsi formativi di apicoltura, agricoltura, tecniche web e orientamento al lavoro, per i quali hanno ricevuto un compenso tramite voucher. Il secondo progetto, “L’italiano per l’integrazione”, dedicato ai migranti, ha permesso la realizzazione di 15 corsi di italiano, di 20 o 50 ore, in tutta la provincia di Padova; i docenti – tutti giovani laureati non ancora inseriti nel mondo del lavoro – sono stati retribuiti con i buoni lavoro. Non è finita. I voucher si sono rivelati utili anche nel caso del “Fondo straordinario di solidarietà per il lavoro” della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (di cui il Csv è partner), che fornisce aiuto concreto alle famiglie in difficoltà e prive di ammortizzatori sociali, e dal 2009 ha messo a disposizione 2,5 milioni coinvolgendo migliaia di persone fragili. Dal 2011 queste persone hanno potuto svolgere piccoli lavori presso aziende private, amministrazioni locali e associazioni di volontariato e ricevere la retribuzione tramite voucher.

«Il dibattito sui voucher non è peregrino», chiarisce subito Emanuele Alecci, presidente del Csv di Padova. «Nessuno nega, infatti, che in Italia su questo strumento ci siano luci e ombre, e quindi ben vengano i controlli e le tutele. Ma è altrettanto innegabile che molti soggetti che avrebbero enormi difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro attraverso i canali tradizionali, stanno trovando grazie ai voucher un percorso di reinserimento reale». Piccoli passi, insomma, che possono strappare dal nulla e avviare, attraverso una fase transitoria caratterizzata dai buoni lavoro, verso la stabilità occupazionale. «Non sono chiacchiere: ho visto con i miei occhi che questi percorsi si realizzano», continua Alecci, «ma spesso non se ne parla, tanto che da quando abbiamo deciso di alzare la voce in difesa dei voucher sono stato contattato da diverse persone, anche delle istituzioni, che non conoscevano questo aspetto della questione e ne sono rimasti sorpresi. Bisogna quindi fare attenzione», conclude il presidente, «a non buttare via il bambino con l’acqua sporca: ben vengano i controlli sui voucher, ma se ne salvaguardi la funzione di uscita dalla marginalità di accompagnamento verso la vera occupazione».


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