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Esistenza teologica oggi. Una lezione di Karl Barth

«Facciamo lezioni ed esercitazioni tali quali facevamo prima, come se nulla fosse accaduto, se mai in un tono leggermente più alto, ma senza riferimenti diretti». Sono parole di Karl Barth, poste in apertura di "Theologische Existenz heute!" (Esistenza teologica oggi!), opuscolo steso nel 1933. Una lezione sulle forme della resistenza al male

di Marco Dotti

«Facciamo lezioni ed esercitazioni tali quali facevamo prima, come se nulla fosse accaduto, se mai in un tono leggermente più alto, ma senza riferimenti diretti». Si apre con queste parole Theologische Existenz heute! (Esistenza teologica oggi!, a cura di Fulvio Ferrario, Claudiana, Torino 2015) di Karl Barth, opuscolo steso in prima redazione a partire dal 14 giugno 1933 e per la prima volta diffuso come supplemento della rivista “Zwischen den Zeiten”. Subito accolto da un grande successo, quando nel mese di luglio, la Gestapo decise di dare esecuzione al processo di sequestro la tiratura di stampa ammontava a ben 37.000 copie.

Barth, già vicino per un certo periodo al movimento svizzero dei socialisti cristiani, al tempo dell'ascesa di Hitler al potere si trovava in Germania, dove era stato chiamato a insegnare «per chiara fama». Barth, dopo aver pubblicato il primo nel 1932, era allora impegnato nella stesura del secondo tomo della sua Kirchliche Dogmatik (Dogmatica ecclesiale) e dalla mole di lezioni settimanali a Bonn, ma ritenne di non poter tacere.

Da più parti, gli arrivava infatti la richiesta di una «presa di parola» sull’attualità. Ma quale attualità? L’intervento di Barth non si concentrò infatti grossolanamente, e genericamente. contro il nazismo, ma contro l'idea cruciale, che andava diffondendosi, che in Hitler vi fosse un evento di rivelazione di Dio.

Spesso equivocate, al contrario di quanto una lettura superficiale potrebbe far intendere (un presunto ritiro del teologo in una turris eburnea), le parole di Barth esprimono la sua idea alta di teologia. Una teologia che può avere anche una funzione politica. Una funzione anche di testimonianza: Cristo regna anche nell’epoca triste del Terzo Reich.

Come fare questa teologia? Come praticare questa testimonianza? Sempre in apertura della sua conferenza, Karl Barth ricorre a un’immagine particolarmente potente: «facciamo lezioni ed esercitazioni (…) alla stessa maniera in cui i monaci della vicina abbazia di Maria Laach continuano, normalmente, anche nel Terzo Reich, la recita delle ore canoniche». Come intendere, ancora, questa “maniera”, questo modo di continuare, persino nella tempesta? Barth osserva che i monaci continuano la recita delle ore «senza avere dubbi, senza interrompersi o distrarsi». Per Barth, questa è una «presa di posizione politico ecclesiale» e, indirettamente, anche una presa di posizione eminentemente politica.

Nella chiesa abbaziale di Maria Laach, nei pressi di Andermach, nel Land della Renania-Palatinato, la preghiera continuava infatti imperterrita. Nel cuore del Reich millelario, la preghiera testimoniava allora di una parola altra e di un’altra realtà rispetto alla grande retorica degli apparati di potere e di una chiesa che asserve la parola e il proprio discorso alla cornice stabilita da quel medesimo apparato di potere. Barth è molto critico rispetto a questa posizione, soprattutto dei «cristiano -tedeschi» che, in molte loro frange, si spingevano a ritenere che l’evangelo dovesse essere enunciato come evangelo del Terzo Reich. Secondo Barth, per il teologo parlare dell’attualità, calandosi concretamente in essa, significa parlare di Dio. In questo senso risuona l’espressione, che si trova già nella prima pagina dell’opuscolo, «come se nulla fosse accaduto».

Il titolo originariamente pensato da Karl Barth per il suo lavoro era Dalla politica ecclesiastica alla chiesa!, ma poi optò per l’espressione, allora inedita, di esistenza teologica. L’argomento oggetto della riflessione di Barth è la responsabilità, intesa come responsabilità della chiesa di Cristo e della sua predicazione. La presa di parola richiesta a Barth – già allora i teologi più autorevoli e in vista – e della quale Barth si fa carico si concentra quindi non sulla mera attualità, ma su quella che lui stesso chiama la questione cruciale, di fondo della teologia.

Se la teologia è essenzialmente coscienza critica della chiesa, proprio la sua relativa distanza dalla politica ecclesiale le permette di svolgere liberamente, concretamente e a pieno un ruolo di vigilanza. Per il teologo, questo è più di un ruolo: è esistenza, esistenza teologica. Solo come esistenza e in quanto esistenza, quella del teologo è anche professione. Barth volge qui la propria critica molto in profondità. In un’epoca di stravolgimenti radicali, davanti all’estremo pericolo, alla parola deresponsabilizzata e al rischio di perdere anche solo la risonanza della propria vocazione, teologi, predicatori e cristiani tutti sono chiamati ad andare alla radice di quella vocazione. Una radice che deve trovare nel Cristo testimoniato dalle Scritture l’orientamento per il proprio agire e, in definitiva, un criterio etico di scelta.

In questo senso, proprio perché parola resa nell’ora della crisi Esistenza teologica oggi! rappresenta una chiave di accesso fondamentale per le vicende che, nel 1934, portarono alla Dichiarazione teologica del Primo Sinodo confessante Barmen, dichiarazione redatta materialmente da Barth e della quale Esistenza teologica oggi! costituisce quasi il preludio nel contesto delle forti lacerazioni religiose e politiche, presto mutatesi in politico-religiose innescate dalla dinamica del Führerprinzip, ossia di un principio di autorità radicale (il Führer è inteso qui come lex animata) sintetizzato nello slogan «Un Führer, un popolo, una chiesa». Molti teologi, interpretando la presa di potere di Hitler come un dono di Dio alla Germania, puntarono alla costituzione di una Chiesa evangelica del Reich con a capo un vescovo.

In ambito ecclesiastico, per molti questo avrebbe dovuto tradursi in un principio organizzativo della comunità di fede ordinata attorno a una guida centrale. Il rischio dell’omologazione della comunità di fede si fece a dir poco evidente nelle vicende e negli intenti “teologici” dei cosiddetti Deutsche Christen («cristiano-tedeschi»), che nell’estate del 1933 arrivarono a proporre esplicitamente un «paragrafo ariano» per impedire l’accesso al ministero di cristiani di origine «ebraica o semiebraica».

Al contrario, la forza del documento uscito dal Sinodo libero di Barmen, osserva Fulvio Ferrario nella sua introduzione a Esistenza teologica oggi!, consiste nel mettere la Chiesa in condizione di parlare in quanto Chiesa, «cioè di dire la parola di Dio e nient’altro» (p. 23). Una portata politica, tanto più politica quanto “non politica”, poiché non ammette, nemmeno implicitamente, che il potere materiale possa collocarsi al suo stesso piano del discorso e, proprio per questo, quel discorso può essere sottovalutato solo a un livello molto superficiale della riflessione. Ne sia prova il fatto che la maggior parte dei cristiani evangelici che si opporranno al nazionalsocialismo provenivano dall’ala confessante direttamente o indirettamente vicina a Barth.


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