Economia & Impresa sociale 

Cisco: per una rivoluzione digitale inclusiva

Si è guadagnato per due anni di seguito il titolo di Best Place to Work, il posto migliore in cui lavorare. È Cisco il gigante della Silicon Valley che fidelizza i dipendenti con politiche di welfare aziendale innovative e punta sulla comunità circostante (solo in Italia ha lanciato un piano d'investimento da 100 milioni di dollari per la digitalizzazione). Laura Quintana, vice-presidente Corporate Affairs della società, ci ha spiegato perché queste scelte di CSR sono strategiche per la crescita dell'azienda

di Ottavia Spaggiari

The best place to work. Il posto migliore in cui lavorare, è il titolo che Cisco, leader mondiale nel settore IT, si è guadagnato nel nostro Paese per ben due anni consecutivi, a suon di politiche di welfare aziendale fatte di servizi che promuovono la conciliazione tra il lavoro e la vita privata, pacchetti per l’assistenza sanitaria ad hoc e giornate libere extra per chi fa volontariato. Ma la strategia di corporate social responsability, di questo gigante della Silicon Valley, va oltre i confini aziendali. Basta guardare alla Networking Academy, un programma di alfabetizzazione digitale per studenti e adulti che, negli ultimi vent’anni, ha raggiunto oltre 1 milione di studenti in 170 Paesi, tra cui l’Italia, dove Cisco ha lanciato anche Digitaliani, un piano di investimento da 100 milioni di dollari in tre anni per accelerare la digitalizzazione nel nostro Paese. Abbiamo incontrato Laura Quintana, vice-presidente Corporate Affairs della società, per capire perché la strategia di crescita aziendale va mano nella mano con la CSR.

Perché la decisione di fare un investimento così massiccio proprio in Italia?

La CSR offre un’opportunità eccezionale per assicurare la digitalizzazione e, di conseguenza, favorire lo sviluppo del capitale umano in un Paese. L’Italia si è rivelata particolarmente ricettiva. Lo scorso anno nell’ambito del programma Digitaliani, abbiamo stipulato un accordo con il Miur, per rafforzare la formazione della Networking Academy negli istituti superiori, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, dove abbiamo attivato nuovi percorsi dedicati alla cybersecurity e alle tecnologie per l'industria. Nell’ultimo anno abbiamo raggiunto 37mila nuovi studenti e le scuole in cui i nostri progetti di formazione sono stati attivati sono 300. Tra tutti i Paesi in cui siamo attivi, l’Italia è quello in cui la Networking Academy ha più studenti.

Quali sono gli elementi che ci rendono così ricettivi?

Abbiamo trovato un terreno fertile per quanto riguarda le partnership tra il pubblico e il privato. Questo è un Paese in cui il tessuto economico è composto prevalentemente da piccole e medie imprese e abbiamo riscontrato una predisposizione molto spiccata alla collaborazione. Abbiamo lavorato con le scuole e con le nostre aziende partner, che in diversi casi si sono rese disponibili non solo ad attivare dei corsi di formazione per studenti e docenti ma hanno anche aperto le porte a dei percorsi di alternanza scuola lavoro. Inoltre siamo riusciti a lavorare bene con il governo, che ha capito l’opportunità del progetto. Abbiamo raggiunto così tanti ragazzi anche grazie ad un sostegno istituzionale.

Quali sono invece gli ostacoli più grossi alla digitalizzazione nel nostro Paese?

Oltre alla difficoltà geografica, relativa alla diffusione della banda larga, credo che quella più diffusa sia la preparazione degli insegnanti alla rivoluzione digitale. D’altronde la sfida più grossa per tutti è la velocità con cui la tecnologia si evolve e cambia, questo rende necessario un percorso di apprendimento costante, che non si conclude mai, è il cosiddetto lifelong learning, le nostre competenze devono essere aggiornate continuamente. Più che di ostacoli comunque credo si debba parlare di difficoltà e le difficoltà che vi sono in Italia non sono molto diverse da quelle presenti in altri Paesi.

Perché avete fatto rientrare la digitalizzazione tra le vostre pratiche di CSR? Qual è l’impatto sociale che sperate di ottenere?

La digitalizzazione è una questione di inclusione. In un mondo in cui circa 70 milioni di giovani sono disoccupati, la formazione tecnologica può davvero essere la chiave giusta per entrare nel mondo del lavoro. Lo dimostra il fatto che, dalla misurazione dell’impatto della Networking Academy, è risultato che chi frequenta uno dei nostri corsi aumenta del 93% la possibilità di trovare un’occupazione. Allo stesso modo, la formazione è anche un’occasione per chi sta cercando di ricostruirsi un futuro. L’Italia è stato il primo Paese ad attivare un’Academy in carcere (a Bollate nel 2002 n.d.r.), e oggi l’esperienza è stata replicata anche all’estero e in altre 10 carceri italiane, anche minorili.

Parlando di impatto sociale, una delle criticità delle multinazionali IT, è la sostenibilità e il rispetto dei diritti umani lungo tutta la filiera. Che misure avete sviluppato per garantirli?

Abbiamo adottato un codice di condotta che chiediamo ai nostri fornitori e ai partner di sottoscrivere e che li vincola così ad impegnarsi per rispettare gli standard ambientali, etici e di sicurezza che gli vengono richiesti. Per noi questo rappresenta un aspetto molto importante, dopotutto la filiera non è altro che un’estensione della nostra azienda.

Foto: Thought Catalog


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA