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Cooperazione & Relazioni internazionali

Charlie, anche i genitori si arrendono. La cura non esiste

Alla fine anche la pista Usa, l’ultima che rimaneva, si è rivelata infondata. E così i genitori del bimbo inglese hanno dovuto arrendersi. Hanno ritirato la propria richiesta di trasferimento del figlio negli Stati Uniti

di Lorenzo Maria Alvaro

Non è arrivato il verdetto. Tra un rinvio e l’altro di una corte, l'Alta Corte di Londra presieduta da Nicholas Francis, che sembrava più voler prendere tempo piuttosto che una decisione definitiva la vicenda di Charlie Gard si è risolta da sé, forse in modo inaspettato, ma certamente senza tutte quelle complicazioni che avrebbe portato una sentenza.

Chris Gard e Connie Yates infatti hanno deciso di rinunciare al trasferimento negli Stati Uniti di Charlie ritirando l'istanza. La decisione è arrivata di fronte alle evidenze scientifiche emerse degli ultimi esami clinici, dai quali è risultato che i danni cerebrali e muscolari di Charlie sono ormai irreversibili e che è quindi "troppo tardi" per procedere a un'ipotesi di cura.

A togliere le ultime speranze ai genitori è stato proprio il professor Michio Hirano della Columbia University di New York, lo specialista americano che si era candidato per provare a curare Charlie con un trattamento mai sperimentato su esseri umani e nemmeno su topi, ma soltanto "in vitro", su cellule in laboratorio. Dopo aver visitato Charlie, il dott. Hirano ha concluso che la sua cura sperimentale, per la quale avrebbe dovuto comunque ottenere l'autorizzazione d'urgenza delle autorità sanitarie Usa, non avrebbe più avuto senso.

Una scelta, quella dei genitori, dolorosissima. «Dire addio al mio piccolo bel bambino è la cosa più dura che mi potesse capitare», ha mormorato la mamma fuori dall'aula trattenendo i singhiozzi, aggiungendo che «volevamo solo dargli una chance di vivere, invece s'è perso tanto di quel tempo».

Una vicenda che, come ha sottolineato Papa Francesco, fa sentire particolarmente vicini ai Gard in questo momento di immensa sofferenza, ma che solleva anora parecchi interrogativi.

Il principale, oggi, è se sia giusto e accettabile che senza basi scientifiche e senza visite preventive, ma solo basandosi su resoconti giornalistici, vengano date speranze vane a genitori già molto provati.

Aspetto sottolineato anche sottolineato dal giudice Nicholas Francis: «Nessuno di noi può comprendere l'agonia dei genitori. Gli avvocati dei genitori hanno detto che avrebbero presentato nuove prove. Il dottor Hirano non aveva visto Charlie a quel tempo, se un medico deve presentare delle prove a questa Corte, dovrebbe vedere prima il paziente».

Questa forse è la sfumatura più incomprensibile della vicenda: perché far vivere ai genitori le ultime settimane di Charlie nella vana speranza di una cura che non esiste?


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