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Genitori in prigione. Come recuperare il rapporto con i figli piccoli?

Finanziato dal Bando Prima Infanzia, approvato dell’impresa sociale Con i Bambini, "la barchetta rossa e la zebra" vuole combattere la povertà educativa minorile dei figli di genitori detenuti nel carcere maschile Marassi e nella casa Circondariale femminile Ponte Decimo di Genova

di Anna Spena

Nel carcere maschile Marassi e nella casa Circondariale femminile Ponte Decimo di Genova, la vita dei detenuti cambia passando attraverso il rapporto che hanno con i loro figli e viceversa.

Il progetto si chiama “La Barchetta rossa e la Zebra”, Fondazione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus è il promotore dell’iniziativa con il supporto di associazioni locali, con lunga esperienza maturata nelle due case circondariali, che avranno come capofila la cooperativa sociale il Cerchio delle Relazioni.

Finanziato dal Bando Prima Infanzia (0-6 anni), approvato dell’impresa sociale “Con i Bambini” la barchetta e la zebra vuole combattere la povertà educativa minorile dei figli di genitori detenuti.

«Questo non è un progetto pensato a tavolino», racconta a vita.it Maria Chiara Roti, vicepresidente di Fondazione Rava. «La barchetta e la zebra nasce dal basso, da un bisogno intercettato sul campo. La direttrice del carcere di Marassi, Maria Milano, vedendo l’impegno della Fondazione nel progetto “A Casa del re” ci ha chiesto di fare qualcosa per i figli delle persone detenute nel suo carcere; allora non avevamo fondi»,

Lo stimolo a fare di più arriva sempre da chi è sul campo. «Le abbiamo però promesso che avremmo provato a risolvere questo bisogno non appena ne avessimo avuto la possibilità: il bando di Coi Bambini ci è sembrata subito l’occasione giusta».

I bimbi beneficiari del progetto saranno circa 240. Durerà tre anni: i primi sei mesi saranno dedicati alla ristrutturazione degli ambienti: «Creando spazi protetti», spiega Maria Chiara Roti , «sarà possibile sostenere e tutelare i bambini, evitando loro lunghissime attese prima di poter accedere all’interno delle strutture penitenziarie e offrendo attività formative e ludiche che favoriscano l’incontro e la relazione con il genitore». La seconda fase, che durerà 24 mesi sarà tutta dedicata all’operatività e alla formazione di personale dedito all’accoglienza delle famiglie nelle carceri. «Ma sia chiaro», aggiunge Maria Chiara, «l'incontro tra il bimbo ed il genitore rimane un momento privato».

«La detenzione porta a situazioni di sofferenza, separazione, rottura, allontanamento, che possono avere gravi ripercussioni a livello psicologico. Per questo abbiamo costituito un documento di lavoro ad hoc con partner pubblici, Associazioni locali e di volontariato che erogheranno, sia servizi di accoglienza e presa in carico delle famiglie in situazione di esclusione sociale, sia in condizione di reclusione di uno dei componenti. Inoltre potremo contare sulla consulenza e supporto di Bambinisenzasbarre e Reggio Children».

Anche se il progetto nasce per rispondere alla povertà educativa, il raggio d’azione sarà molto più grande: «Questa povertà e fragilità delle famiglie di un detenuto solo la punta di un iceberg», dice Maria Chiara. «Dentro le famiglie di un detenuto ci possono essere tanti altri tipi di povertà: affettive, sanitarie, scolastiche. Conoscere le famiglie significa prenderle in carico. Avere la possibilità concreta di aiutarle. Creare con loro una relazione basata sulla fiducia».

“La barchetta rossa e la zebra” sperimenta soluzioni innovative finalizzate a ridurre la povertà educativa, sociale, sanitaria e psicologica dei minori, figli di detenuti, attraverso un approccio territoriale di rete, che attiva effetti positivi quindi non solo sui bambini ma anche sui genitori e sulle loro famiglie. Ed anche sul sistema penitenziario e giudiziario, sui decisori politici, sul territorio e la società nel suo insieme.


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