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Quando il mare divenne di tutti

Lorenzo Mini ha esplorato le colonie costruite sul litorale romagnolo: primo fenomeno di un welfare di stato che permise anche ai figli degli operai di andare in vacanza. Il libro viene presentato allo Spazio MiFac di Milano. Un’occasione per vedere anche la mostra di Abdoulaye Barry sui Popoli del Ciad

di Giuseppe Frangi

«Le colonie rappresentarono l’inizio del “mare per tutti”, ma prima di tutto per i figli degli italiani delle città che ogni estate le affollavano». Così Massimo Bottini, architetto, spiega uno dei fenomeni che hanno segnato il litorale adriatico in una stagione pionieristica per la storia italiana. Le colonie sono state il primo fenomeno di massa di vacanze al mare, in un periodo in cui il mare era solo un privilegio dei ceti benestanti. Invece con il prolificare delle colonie, soprattutto quelle marine, ideate per l’elioterapia, si assiste a un vero e proprio esodo che dalle città industriali portava, con il treno, i bambini degli operai al mare. Un primo welfare di stato.

È a questo capitolo della memoria italiana che Lorenzo Mini fotografo ha dedicato un libro che verrà presentato allo Spazio MiFac di via Santa Marta. Racconta Mini: «Era il 2009 quando, in compagnia di un amico, ho fatto la mia prima esplorazione fotografica all’interno di una colonia abbandonata da pochi anni. Un’emozione fortissima: un misto di paura e stupore nel vedere, finalmente, un mondo solo immaginato e sconosciuto praticamente a chiunque. Le cucine, i refettori con tutti i tavoli e sedie, le camerate con tutti i letti in fila, gli ambulatori, le lavanderie e l’immancabile chiesa. Poco tempo dopo mi sono presentato a Massimo Bottini, ed è nata subito una collaborazione, tuttora in atto, che ha portato la mostra Colonie marine e il sottoscritto in giro per il Paese».


La Colonia Agip di Cesenatico in una delle foto di Mini

Oggi queste colonie, pur nello stato di abbandono che spesso le caratterizzano, sono quasi delle oasi nel mezzo della violenta “riminizzazione” del litorale. Dice Bottini: «Ottanta anni fa erano il pieno nel vuoto, oggi, per le dimensioni dell’area di rispetto che le circonda, costituiscono il vuoto nel pieno, la percezione è completamente ribaltata, il segno nel paesaggio è, nonostante la metamorfosi, ancora forte. Anche se immerse nella gelatina del costruito, riescono a mantenere un’area di rispetto che ancora le identifica e le fa emergere».


La presentazione del libro (ore 18,30, nell’ambito di BookCity; con Nicolò Piuzzi di The Submarine magazine, Fabio Di Benedetto, docente di storia e letteratura e Lorenzo Mini) è anche l’occasione per visitare la mostra delle fotografie Abdoulaye Barry che si tiene nello stesso spazio MiFac, dedicate ai Popoli del Lago Ciad.



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