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Il campo profughi? Il posto più noioso del mondo

Quarta puntata dal viaggio della nostra giornalista nel campo di Diavata, a Salonicco in Grecia: "Alla mattina i bambini non si vogliono alzare, l'inedia sta ammazzando la loro fantasia"

di Paola Strocchio

Cercando nel mare immenso di Internet, ho scoperto che un ricercatore dell’università di Cambridge si è preso la briga di individuare il giorno più noioso nella storia. Usando un software particolare e inserendo milioni e milioni di titoli di giornali è arrivato alla conclusione secondo cui il giorno più noioso nella storia sarebbe stato l'11 aprile del 1954. Mi sento di poter dire senza temere di essere smentita che questo ricercatore, di cui ora non riesco a ricordare il nome, non è mai stato in un campo di rifugiati. Perché qui, a Diavata, la noia è davvero tanta. E per noia non intendo quella fetta di tempo sacrosanto che ciascuno di noi, soprattutto i più piccini, dovrebbe avere nella propria vita. Un po' come la storia delle tagliatelle di Nonna Pina, ecco.

La noia a Diavata è pericolosamente tanta. Non la mia, eh, che in tre giorni ho provato cose che non ricordo di avere mai fatto nella mia vita “normale”, come dipingere le pareti di un’aula, una di arancione e l'altra di blu.

La noia è una brutta bestia per chi vive in un campo.Perché se non sai cosa fare l'unica possibilità è pensare. Ma i pensieri portano lontano e non sempre dove si vorrebbe andare. E se i bambini più piccoli giocano con legnetti, aquiloni improvvisati o pongo di dubbia provenienza, se le mamme si occupano delle faccende domestiche, e se i papà giocano a carte o vanno a Salonicco a sbrigare qualche commissione, sono gli adolescenti che pagano il prezzo più salato.

La noia diventa inedia. E il passo per trasformarsi in depressione è maledettamente corto. Ti distrai un attimo e ci sei piombato dentro. E uscirne è difficile come uscire dal campo

Dormono fino a tardi. Ne ho svegliati un paio stamattina, quando ho bussato alla loro porta di casa per chiedere loro perché non fossero ancora venuti a ritirare i cuscini che la Caritas greca ha portato per loro.

“Ok, ok. Can you give me now the pillow?”.

Sì, ragazzo. Certo che te li posso dare i cuscini, ma devi venire al centro di distribuzione del campo.

Devi toglierti il pigiama, vestirti e fare qualche metro a piedi.

La noia diventa inedia. E il passo per trasformarsi in depressione è maledettamente corto. Ti distrai un attimo e ci sei piombato dentro. E uscirne è difficile come uscire dal campo.

Anche quando la noia non diventa depressione riesce comunque adammazzare la fantasia. E senza fantasia, come te li inventi i sogni, anche se hai tanto tempo per dormire?

Non basta l'ingegno, e non bastano i desideri. E proprio ora mi viene in mente, rubando a Levi Tolstoj, che la noia è il desiderio di desideri.


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