Vecchiato (Fondazione Zancan): «La povertà non si sconfigge con l'assistenzialismo»
5 Ottobre Ott 2018 0832 05 ottobre 2018Nel nostro Paese, negli ultimi 15 anni, sono stati destinati circa 19 miliardi ai trasferimenti per il reddito, dall'RMI, il reddito minimo di inserimento di vent'anni fa, alla social card e, oggi, il reddito di cittadinanza. Con quali risultati? L'Italia, in Europa, è il Paese che dà più trasferimenti con meno servizi. Siamo dunque incapaci di aiutare i poveri a uscire dalla condizione di povertà. In una parola: siamo assistenzialisti
«Il gioco delle parti paralizza la ragione». Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan, tra i massimi esperti in tema di welfare e contrasto alle povertà non usa giri di parole. «Chi ha competenze scientifiche, le usi. Non le pieghi all'ideologia. Ma soprattutto: fermiamoci, resettiamo tutto e torniamo ai fondamentali». In giorni in cui "povertà" e "assistenza" sono più parole da pronunciare che fenomeni affrontare, Vecchiato richiama a un dato di realtà.
«Non è una questione di colore politico. Bisogna però tornare al cuore del problema, non fermarsi ai margini», spiega.
C'è molta confusione in giro sul contrasto alla povertà...
Per uscire dalla confusione di questo dibattito, bisognerebbe focalizzare e parte dall'obiettivo. Chiediamoci perché parliamo di reddito di inclusione (REI) o di reddito di cittadinanza. Ne parlioamo perché c'è tanta povertà. Benissimo, ma non è questo l'obiettivo.
Qual è, dunque, l'obiettivo?
Dobbiamo chiarirci se vogliamo aiutare chi è in condizioni di povertà a convivere con questa condizione - e, quindi, fare il "classico" assistenzialimo: fatto che in sé non è il male, ma non è nemmeno il meglio possibile - oppure se vogliamo aiutare chi è in condizione di povertà ad uscirne. E non se ne esce con le affermazioni che si sentono dire che il REI o il reddito di cittadinanza eliminerà la povertà assoluta. P
Il problema non è dunque la povertà assoluta?
"Povertà assoluta" indica una soglia. Se supero di 1 solo euro quella soglia, sarò un "povero relativo" ma non mi accorgerò certo della differenza. Resto povero, magari con 1 euro in più - cosa che può interessare ai fini statistici - ma non cambia di una virgola la questione. Nel nostro Paese, negli ultimi 15 anni, sono stati destinati circa 19 miliardi ai trasferimenti per il reddito, dall'RMI, il reddito minimo di inserimento di vent'anni fa, alla social card e via dicendo.
Tiziano Vecchiato
Abbiamo cambiato le denominazioni, ma non le pratiche...
Le pratiche sono sempre state dei trasferimenti economici, ma la povertà non si è ridotta di un millimetro. E badi, con 19 miliardi di extra-spesa rispetto a quella normale dei comuni, che ogni anno hanno a disposizione 7miliardi per aiutare chi è in povertà e fare altre attività di assistenza sociale.
Stiamo lottando contro la povertà per ridurla oppure vogliamo fare delle pratiche di aiuto ai poveri, che però li mantengono poveri?
L'Italia, in Europa, è il Paese che dà più trasferimenti con meno servizi. Siamo dunque i più incapaci di aiutare i poveri a uscire dalla condizione di povertà. In una parola: siamo assistenzialisti.
Chi ha aiutato di più i poveri a uscire dalla loro condizione con pratiche di trasferimento?
Le province e le regioni autonome, perché hanno una capacità di spesa che è più del doppio di quaella delle regioni a statuto ordinario. Per esempio, la Provincia di Trento ha ora una misura unica di reddito, unificando tutte le risorse a disposizione. Quella del Trentino è una misura richiede circa 78milioni di euro, un pro capite di più di 150 euro solo per questa misura.
Risultato?
Non si è ridotta la povertà. Non si è ridotta perché non è questa la strada. Dunque, prima di fare la lotta tra Guelfi e Ghibellini, tra quelli che sono per il REI e quelli che vogliono il reddito di cittadinanza, chiediamoci se entrambe sono soluzioni "sedative" o se invece sono soluzioni tecniche efficaci. REI e reddito di cittadinanza sono due misure di trasferimento, di diverso c'è la quantità: 2 -2,5 miliardi il reddito di inclusione, 9 miliardi per il reddito di cittadinanza.
Non mancano le risorse...
In 5 anni, da 53 miliardi di spesa assistenziale siamo arrivati a 63miliari nell'ultima legislatura. Ma nonostante un +21% non si è ridotta la povertà, non è migliorata l'occupazione prodotta dal welfare. Questi sono conti semplici, purtroppo veramente preoccupanti.
Sul "veicolo" diciamo qualcosa?
Da una parte si dice che debbano essere i servizi sociali dei comuni, gli assistenti sociali: è giusto, bisogna avere una mediazione tecnica e professionale per ridurre il tasso di burocratizzazione e di inefficienza della misura. Dall'altra, si parla dei Centri per l'impiego.
E sui Centri per l'Impiegno sorgono altri problemi...
I Centri per l'Impiego sono riusciti a gestire menodel 3% degli occupati. Probabilmente, se questo è il tasso di costo/risultato, non sono in grado nemmeno di ripagarsi il servizio. Tra l'altro solo 1 su 4 di chi è in difficoltà nel trovare lavoro si rivolge a un Centro per l'impiego. C'è anche un deficit di fiducia.
Allora l'Alleanza contro la povertà ha ragione nel sostenere che sia meglio agire tramite i comuni...
Andiamo a vedere i comuni: la loro capacità di gestire, non dico il reddito di cittadinanza ma il REI è del tutto inadeguata. Manca la forza lavoro, mancano assistenti sociali, manca infrastruttura professionale. Non si va da nessuna parte. Per far funzionare queste risorse servono persone competenti, che non siano analfabeti di welfare. Non si tratta di gestire procedure, ma di approfondire problemi con le persone e con le persone avviare un percorso di aiuto.
E sulle cosiddette "spese immorali", ovvero sulla possibilità di spendere soldi in beni e servizi non prorio essenziali...
Non è questione di parternalismo, ma di efficacia. Il problema nasce proprio quando si considerano le procedure e non le persone. E l'erogazione di denaro diventa automatismo. Non a caso, la Provincia autonoma di Trento, avendo chiaro tutti questi rischi, ha destinato una parte di quei 150 euro pro capite a un uso condizionato dei servizi: in quel caso, non si eroga denaro (ad es per pagare la retta dell'asilo). La risorsa non è allocata sotto forma di trasferimento monetario secco, ma condizionato all'uso di certe forme di aiuto di cui una persona ha giusta ed estrema necessità.
Non è un problema di oggi...
E non è un problema di parte politica, ma il fatto che anziché al problema, ci si concentra in mille rivoli. Ci si perde sui fattori aggiunti e sulle componenti di input tecniche, non sulla strategia. Serve una capacità vera - ad esempio: mancano 3000 assistenti sociali, per intemediare a dovere e con competenza le risorse - non storytelling. Ma siccome oggi remunera molto in termini elettorali promettere e promettere a tutti, allora ci si ferma qui. Con uno sperpero di risorse e di energie immane. Si usano linguaggi diversi, ma quei linguaggi parlano di un breve, brevissimo termine. Nessuno investe nel futuro e, non a caso, i tassi di povertà pesano sulla fascia 0-40, ossia sulla fascia di popolazione che dovrebbe mettere al mondo figli e farli crescere. Viviamo in una società incapace di guardare la vita e coltivare il futuro.
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