Famiglia & Minori

Giuliana Traverso, lo sguardo femminile al centro della fotografia

A Milano è in corso fino a domenica 14 ottobre una mostra antologica della grande fotografa genovese. Esposte 80 immagini che testimoniano l’impegno di un'artista interessata alle idee, all’identità, e al quotidiano e che punta ad affermare il ruolo della donna come protagonista della società

di Cristina Barbetta

A Genova, nel 1968, Giuliana Traverso, una delle figure più rappresentative della fotografia contemporanea, apre il primo e unico corso di fotografia per sole donne, da lei ideato. Si chiama “Donna Fotografa”, e dura 50 anni. Ha avuto un successo straordinario, formando negli anni centinaia di professioniste e di fotografe amatoriali. Nel 1979 il corso apre anche a Milano.

Genovese di nascita, cittadina del mondo, Giuliana Traverso ha un metodo rivoluzionario: è persuasa che lo sguardo femminile abbia una sua specificità, da fare maturare. Per la Traverso è importante mettere a fuoco la sensibilità, l’occhio della fotografa, facendo emergere lo sguardo interiore.

Ha tenuto seminari, workshop e centinaia di mostre in Italia e all’estero. Le sue opere sono state esposte nelle più importanti collezioni al mondo. Nel 1990 e nel 1993 ha ricevuto la Medaglia d'Argento dai Presidenti della Repubblica Italiana Cossiga (1990) e Scalfaro (1993) per le sue scuole di Genova e Milano. Nel 1993 nella St. Paul's Chapel della Columbia University (New York) ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Lettere e Filosofia. Nel 2003 Genova, la sua città, le ha dedicato un'importante mostra antologica a Palazzo Ducale. A maggio 2018 è stata presentata alla Biblioteca Sormani di Milano l’autobiografia di Giuliana Traverso, Io sono qui, frutto del lavoro di Giovanna Calvenzi in collaborazione con AFI Archivio Fotografico Italiano.

Una selezione di 80 immagini di Giuliana Traverso è ora in mostra, fino a domenica 14 ottobre, allo Spazio Tadini Casa Museo, a cura della Fondazione 3M e con la collaborazione di Roberto Mutti. Le foto esposte documentano l’impegno di una fotografa attenta e determinata nell’affermare il ruolo della donna come protagonista della società, una fotografa interessata alle idee, all’identità, alla società domestica e al quotidiano tanto quanto al suo mondo di sentimenti interiori.

Sul titolo della mostra antologica, "L’eclettismo come stile”, Roberto Mutti spiega: «Ci sono fotografi che si specializzano in un genere e risultano così dei ritrattisti, dei reporter, degli esponenti della fotografia di ricerca, di architettura o di paesaggio. Giuliana Traverso ha da sempre scelto una strada diversa, quella dell’eclettismo, perchè soffermarsi su uno dei tanti orizzonti che la fotografia dischiude le è parso fin dall’inizio della sua attività, limitante».

L'esposizione propone un percorso che inizia da ritratti di personaggi famosi e non, per poi esplorare luoghi lontani, come Chicago e la Cina, e vicini, come la sua città, una serie di foto di grande impatto, con un uso sperimentale del colore. È "Genova Fantastica", un'idea nata nel 1996, «una Genova mia, inventata. Una Genova che è un sogno, in cui mi sentivo felice, libera, non vedevo più i colori della realtà ma quelli che definisco i colori delle emozioni, dell’immaginario che è in ciascuno di noi e che se si lascia uscire trasforma la realtà in qualcosa di unico e di personale», spiega la fotografa in "Io sono qui".

Abbiamo incontrato Giuliana Traverso che ci ha parlato dell'esperienza di Donna Fotografa, della sua visione della fotografia, e della sua città, Genova.

Com’è nata l’idea di Donna Fotografa?
Ho iniziato i corsi di Donna Fotografa nel 1968, quando in italia non c’erano né libri di fotografia nè fotografie di grandi autori. Avevo già partecipato a corsi di fotografia tenuti da uomini, ma mi sono resa conto che per gli uomini la fotografia era completamente diversa da quella che sentivo io. Ai corsi tenuti da uomini mi hanno fatto sedere su una sedia, loro si passavano una foto per esaminarla, ma quando arrivava il mio turno venivo scansata e passavano la foto all’uomo seduto accanto a me. E io pensavo: «Ma guarda che sistema: sono iscritta anch'io al corso e non mi trovano neanche degna di guardare la foto come loro». Ho imparato un sacco di cose: ho imparato a vedere come vedono gli uomini. Ho capito che per loro avere una grossa macchina fotografica era importante, ma a me non importava niente. Per quegli uomini la fotografia era solo tecnica, e io avevo capito che le donne non avrebbero mai accettato questo modo di operare. Alla fine ho pensato che era sbagliato il modo di insegnare. Il mio metodo era molto rivoluzionario-persino dal Giappone mi hanno scritto per farmi i complimenti: ciò che lo rende unico, nuovo è da un lato il mio approccio non tecnicistico e dall’altro l’obiettivo di fare emergere la sensibilità e la sfera interiore.

Perché ha deciso di aprire la scuola?
Per valorizzare tutte le cose che le donne sanno fare attraverso la fotografia. Volevo dare un grande contributo alla consapevolezza delle donne, che negli anni ‘60 erano ancora tenute ai margini, in condizioni di inferiorità rispetto agli uomini. Volevo aiutarle a fare nascere in loro l’autostima, che aiuta anche ad essere felici.

La sua scuola di fotografia è stata un grande successo dall’inizio fino alla fine….
Sì, e sono anche diventata molto famosa! Ci sono ancora tante allieve che mi scrivono, e che magari hanno frequentato i miei corsi 30 anni fa: mi mandano messaggi pieni di affetto e amore. Queste donne mi ammiravano perchè mi vedevano come una persona che stava lavorando per loro, e quindi erano pronte a difendermi. È una cosa bellissima che è durata 50 anni.
In seguito ho organizzato corsi anche per gli uomini, perché potessero vedere che c’era una differenza nei miei corsi. Nel 2003 ho affiancato a "Donna Fotografa" "Il Galateo della Fotografia", un nuovo corso destinato a un pubblico maschile. Anche in questo caso l'approccio non tecnicistico e l'obiettivo di sviluppare le capacità latenti di comunicare e di far emergere la sfera interiore sono state il punto focale della scuola e il suo elemento di differenziazione.

Che tipo di scuola era “Donna Fotografa”? Che cosa ha lasciato alle sue allieve e a lei la vostra relazione?
Era una scuola particolare, in cui c’era libero spazio per la fantasia, per la creatività e per la sensibilità delle allieve. Queste donne mi hanno aiutato tanto perché si sono aperte moltissimo e si è instaurato tra noi un bellissimo dialogo. Loro hanno avuto da me moltissimo e sono molto felice di questo, ma non sanno quanto loro stesse hanno dato a me! Io ho imparato con le mie allieve, che erano donne/ragazze che si sono trasformate in altre persone, prendendo possesso di loro stesse, perché le donne in quell'epoca erano molto timide, molto soggette all’uomo, come lo ero io d’altronde. Timida non lo ero, questo no, ma soggetta all’uomo sì. Quindi grazie ai miei corsi si sono sentite più forti, e anch'io.

Quel è la sua visione della sua città, Genova?
Per me Genova non era quella che vedevo, ed è tuttora così.
Io penso che adesso Genova sia ancora più bella.
Ora purtroppo con la caduta del ponte non so cosa accadrà.
Ma per me sarà sempre la Genova che ho sognato, che ho amato, pur avendo girato tutto il mondo.

Foto di apertura: "Il Bigo", Genova. Foto di Giuliana Traverso/Fondazione 3M


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