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Salvini e i numeri dell’immigrazione, il fact checking punto per punto

Nella sua lettera al Corriere della sera il ministro dell'Interno ha fatto il punto sulle sue politiche di contrasto all'immigrazione. Facciamo insieme un fact checking delle affermazioni di Salvini, punto per punto

di Riccardo Bonacina

Ieri con una lettera al Corriere della sera, il cui tema era “Processatemi, anzi no”, il ministro degli Interni Matteo Salvini ha, tra l’altro, fatto il punto sulla sua politica di contrasto all’immigrazione di cui, come è noto, va assai orgoglioso. Qui le prime righe della lettera con le cifre date da Salvini:

Caro direttore, la mia vicenda giudiziaria è strettamente legata all’attività di Ministro dell’Interno e alla ferma volontà di mantenere gli impegni della campagna elettorale. Avevo detto che avrei contrastato l’immigrazione clandestina e difeso i confini nazionali. Faccio parlare i numeri. Nel 2018 ci sono stati meno morti, 23.370 sbarchi contro i 119.369 dell’anno precedente. Il trend è confermato anche dalle prime settimane del 2019. Dall’inizio dell’anno a ieri si sono registrati 155 arrivi sulle nostre coste. Nello stesso periodo di un anno fa gli sbarchi furono 3.176. Non solo. Per la prima volta dopo anni, i rimpatri (306) sono superiori agli arrivi. E ancora. Nel 2018 gli immigrati in accoglienza erano 183 mila, oggi scesi a 133 mila. Calano gli immigrati, aumentano i risparmi. Risultato: abbiamo liberato risorse significative, subito investite per un piano di assunzioni straordinario per circa 8 mila donne e uomini delle forze dell’ordine”.

Facciamo insieme un fact checking delle affermazioni di Salvini, punto per punto.

I numeri degli sbarchi


Salvini dice che nel 2018 sono sbarcati sulle coste italiane 23.370 migranti, contro i 119.369 del 2017, e aggiunge che il trend è confermato anche dalle prime settimane del 2019, quando si sono registrati 155 arrivi; nello stesso periodo del 2018 gli arrivi erano stati 3.176.

I numeri di Salvini sono corretti, ma molto parziali, decontestualizzati e perciò utili alla propaganda e non ad una rappresentazione corretta della realtà delle cose. Per valutare l’efficacia delle politiche migratorie dell’attuale governo, come vorrebbe fare Salvini, non ha molto senso prendere come riferimento i dati di tutto il 2018, perché nei primi mesi di quell’anno il governo era di centrosinistra e il presidente del Consiglio era Paolo Gentiloni (PD). Il calo degli sbarchi era già iniziato infatti con il governo Gentiloni, quando al ministero dell’Interno c’era Marco Minniti, che aveva concluso un controverso accordo con alcune milizie libiche e che aveva imposto alle ong un codice. Per interpretare al meglio i dati di Salvini, quindi, è più corretto confrontare il numero degli sbarchi in tre diversi periodi, come fece l’ISPI alla fine di settembre dello scorso anno: quello precedente alle “politiche Minniti” (16 luglio 2016-15 luglio 2017); quello delle “politiche Minniti” (16 luglio 2017-maggio 2018); e quello delle “politiche Salvini” (giugno 2018-gennaio 2019).
Nel primo periodo gli sbarchi erano 532 al giorno, nel secondo 117 e nel terzo 47: come si vede dai numeri, il crollo degli sbarchi decisamente più significativo si è verificato con le “politiche Minniti” (-78 per cento); con Salvini il trend negativo è proseguito, ma di poco più del 50% rispetto al periodo precedente. Vedere la tabella qui sotto del Viminale.

Inoltre non è da sottovalutare l’allarme in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario lanciato dal presidente della Corte d’appello di Palermo Matteo Frasca sugli sbarchi invisibili (qui): "Oltre alle impervie e insicure traversate di cittadini extracomunitari, ammassati, a centinaia, in condizioni disumane su barconi fatiscenti vengono realizzati altri sbarchi, specie dalle coste tunisine verso quelle siciliane, attraverso mezzi più sicuri e veloci riguardanti numeri ridotti di immigrati – di una o poche decine- che, giunti a destinazione, riescono a sfuggire ad ogni vigilanza e ad operare al di fuori dei circuiti istituzionali dell’accoglienza”. Piccole imbarcazioni con 10, al massimo 20 migranti a bordo, che sfuggono ai controlli e approdano in Italia sulle spiagge o comunque nei tratti di costa non controllati. A confermarlo sono gli stessi dati del Viminale: al 31 dicembre 2018 risultano effettuati ben 341 sbarchi e arrivate 5.999 persone. Di queste, 2.331 sono state trovate appena scese dai barchini e altre 3.668 sono state rintracciate a terra. Ma poi ci sono anche quelle che sono riuscite a non farsi individuare e che — dicono gli analisti — potrebbero essere oltre 2.000.

I numeri dei Morti


Sui migranti morti nel Mediterraneo centrale Salvini non dà numeri, ma si limita a dire che «ci sono stati meno morti». Vero se si considerano i numeri assoluti, falso se rapportato al numero di partenze. Anche qui la propaganda vince.

Secondo l’Unhcr che pubblica oggi il dossier “Viaggi disperati”, nel 2018 sono 6 morti al giorno nel mar Mediterraneo, un numero che, seppure diminuito in termini assoluti (2.275 contro i 3.139 del 2017) è più che raddoppiato in termini percentuale con una vittima ogni 14 persone che partono e la conferma della rotta dalla Libia all'Europa come la più pericolosa in assoluto. E con 136 migranti (quasi il doppio dell'anno scorso) morti sulle rotte terrestri, sul fiume Evros tra Turchia e Grecia, alla frontiera tra Croazia e Slovenia, sui sentieri delle Alpi tra Italia e Francia.

La rotta del Mediterraneo centrale è quindi diventata più pericolosa: ci sono più morti, e non meno, in proporzione a quanti partono. Bilancio confermato se si prende in considerazione il solo periodo di Governo di Salvini. Nel mese di giugno 2018 si era registrato un morto per ogni 7 persone che tentavano la traversata; nei primi sei mesi del 2018 i morti erano stati invece uno per ogni 19, il doppio che nel 2017. Come già segnalato dall’ISPI, inoltre, durante il periodo delle “politiche Salvini” il numero di migranti morti in media ogni giorno nel Mediterraneo centrale è stato per diversi mesi superiore a quello fatto registrare nel periodo delle “politiche Minniti”. In altre parole: nel periodo delle “politiche Salvini” tentare la traversata nel Mediterraneo centrale è diventato molto più pericoloso di prima, soprattutto a causa delle politiche anti-ong del governo Lega-M5S.

Inoltre, le ossessionate politiche anti-ong del governo, che hanno di fatto costretto quasi tutte le navi che prestavano soccorso ai migranti a terminare le proprie attività o a spostarsi in altri tratti del Mar Mediterraneo, hanno influito anche sul monitoraggio dei naufragi. Non essendoci più le ong a verificare la presenza di eventuali imbarcazioni in difficoltà di fronte alle coste libiche, si presume che negli ultimi mesi molte persone siano morte senza che arrivassero segnalazioni alle autorità competenti. Diversi soccorsi sono per esempio effettuati dalla cosiddetta “Guardia costiera libica”, che però è stata accusata di non rispondere alle chiamate di emergenza, di non intervenire in maniera tempestiva e in alcuni casi di lasciare annegare i migranti in mare (leggi il nostro pezzo sulla fantomatica Sar libica).

Non bisogna poi trascurare quanto sottolineato oggi dall’Unhcr. L'85 per cento di chi parte dalla Libia viene intercettato dalla Guardia costiera e riportato indietro. Rinchiuso nelle carceri in condizioni disumane, spesso senza acqua né cibo per giorni, a rischio di epidemia. È così da quando l'Italia ha chiuso i suoi porti. Più di quindicimila persone che, dopo mesi di detenzione, finiscono con l'essere rimesse in mano ai loro aguzzini e naturalmente ritentano la traversata pagando di nuovo i trafficanti e alimentando all'infinito un business che adesso, per reclutare nuovi clienti nei paesi d'origine, si nutre anche di "offerte speciali" per chi, naturalmente, non ha immediata disponibilità del denaro richiesto. Ripetiamo più di 8 migranti su 10!

Rimpatri, un fallimento


Salvini dice che «per la prima volta dopo anni, i rimpatri (306) sono superiori agli arrivi», un’affermazione che però non dà nessuna indicazione rispetto alle tendenze del passato. A vedere i numeri, invece, le politiche di Salvini non sembrano essere state così efficaci.

I rimpatri erano stati il punto centrale del discorso di Salvini sull’immigrazione, che in campagna elettorale ne aveva promessi mezzo milione. Nel 2018, però, i rimpatri completati dall’Italia sono stati circa 5mila, un numero esiguo e soprattutto inferiore a quello fatto registrare nel 2017, 6.514. Nei primi mesi del governo Lega-M5S, inoltre, il numero di rimpatri è stato inferiore a quello riferito agli stessi mesi dell’anno precedente. Salvini finora non ha stipulato alcun nuovo accordo sui rimpatri con i paesi d’origine, cioè quelli da cui provengono i migranti. A fine ottobre il ministero dell’Interno aveva annunciato lo stanziamento di 12 milioni di euro per i rimpatri volontari assistiti, cioè progetti a favore di cittadini stranieri che si trovano irregolarmente sul territorio italiano o che pur essendo regolari vogliono tornare nel loro paese d’origine; Salvini ha inoltre detto che nei prossimi mesi si impegnerà a rafforzare gli accordi esistenti sui rimpatri e a farne di nuovi.

Accoglienza, 50mila irregolari in più


Salvini ha detto: «nel 2018 gli immigrati in accoglienza erano 183mila, oggi scesi a 133mila. Calano gli immigrati, aumentano i risparmi». A lui sembra un successo e invece è la certificazione che il suo Decreto è davvero un decreto insicurezza!

Gli immigrati in accoglienza, però, sono calati non perché siano stati rimpatriati – come abbiamo visto il numero di rimpatri non è aumentato – ma perché sono stati semplicemente espulsi dai centri di accoglienza come conseguenza del cosiddetto “decreto sicurezza”, approvato in via definitiva dalla Camera lo scorso novembre. Tra le altre cose, il “decreto sicurezza” ha escluso dall’accoglienza migliaia di persone che sono in Italia regolarmente grazie al permesso umanitario, e che però con le nuove regole non possono più entrare nel circuito della seconda accoglienza, quello degli SPRAR. Espellerli dai centri di accoglienza significa farli finire per strada, escluderli dai processi di integrazione e renderli più vulnerabili.

Una delle conseguenze di rendere “irregolari” migranti che oggi sono “regolari”, per esempio consegnando dei decreti di espulsione e chi oggi è in possesso di un permesso umanitario, è inoltre aumentare il numero di “irregolari” in Italia, proprio il contrario di quello che continua a promettere Salvini.

Forze dell’ordine

Salvini dice che abbiamo liberato risorse significative, subito investite per un piano di assunzioni straordinario per circa 8 mila donne e uomini delle forze dell’ordine. Quasi vero. Il numero esatto è 7.200 è le assunzioni sono spalmate da qui al 2023! Anche qui la propaganda vince su tutto.

La Legge di Bilancio 2019 ha bloccato le nuove assunzioni nella pubblica amministrazione fino al 15 novembre 2019. Ma non per tutti: 1043 nuovi ingressi tra polizia, carabinieri , guardia di finanza e polizia penitenziaria avverranno comunque nell’arco del 2019, mentre se ne aggiungeranno altre 6150 da qui al 2023.


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