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Dalla legge sul dopo di noi al Coronavirus: l’urgenza di ripensare l’assistenza per anziani e disabili

La legge sul dopo di noi compie oggi 4 anni. La relatrice: «l’esperienza drammatica della pandemia ci deve far riflettere sulla bontà degli obiettivi della norma, a cominciare dalla deistituzionalizzazione. Si rende ancora più necessario ripensare totalmente i modelli di assistenza delle persone più fragili, anziani e disabili

di Annamaria Parente

La legge sul dopo di noi, che proprio oggi compie quattro anni, in seguito alla terribile epidemia da Coronavirus è diventata ancora piú attuale e più urgente la sua realizzazione in toto. Tanto è vero che il Decreto Rilancio all’articolo 104 ha aumentato di 20 milioni per il 2020 il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilitá grave prive del sostegno familiare, previsto dalla normativa. Attualmente la situazione dell’attuazione piena della legge è ancora critica e, soprattutto, a macchia di leopardo nelle varie regioni, come si evince dalla seconda relazione trasmessa alle Camere a gennaio di quest’anno sullo stato di attuazione della legge 112/2016 e che si riferisce all’anno 2018.

Ma ora l’esperienza drammatica dell’infezione da Covid ci deve far riflettere ancor di più sulla bontà degli obiettivi della norma, a cominciare dalla deistituzionalizzazione, dai percorsi di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine fino alla realizzazione di piccoli nuclei abitativi che devono ripristinare quanto più é possibile condizioni di vita familiare. Avendo visto purtroppo in questi mesi la drammatica situazione di contagio delle strutture sociosanitarie, a cominciare dalle RSA, si rende ancora più necessario ripensare totalmente i modelli di assistenza delle persone più fragili, anziani e disabili.

La legge sul dopo di noi indica una strada che é quella dell’autonomia, del progetto individuale e di un modello di welfare di prossimità. Ora più che mai il territorio, gli enti locali sono chiamati a riprogettare, insieme alle famiglie, al Terzo settore e alle associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità la vita dei concittadini più deboli, promuovendo condizioni dell’abitare vicine ai bisogni di indipendenza delle persone. Nello stesso tempo occorrono linee guida nazionali e semplificazione di normative regionali per garantire livelli essenziali delle prestazioni in tutta Italia.

Ma esiste un’altra questione che l’epidemia ci ha confermato: l’assoluta necessità dell’integrazione socio sanitaria che non in tutte le Regioni è realizzata. Aggiungo inoltre che nel post Covid, per evitare situazioni che hanno determinato la perdita di troppe vite umane, è fondamentale rafforzare un modello di sanità territoriale. Bisogna creare unità di cura territoriali composte da professionisti diversi, dai medici di base, agli infermieri, agli specialisti ambulatoriali, agli assistenti sociali che, mantenendo la propria autonomia, possano lavorare in equipe per prevenire altre ed eventuali epidemie e curare tempestivamente a casa le persone, soprattutto quelle piú fragili. Naturalmente eliminando il precariato, a partire da quello degli assistenti sociali.

Il modello “ diffuso” di vita indipendente, proposto dalla legge sul dopo di noi, deve essere completato e supportato da una forte e solida struttura capillare socio sanitaria. E il pensare al dopo di noi “ durante noi”, che è alla base della finalità della legge, è necessario diventi approccio di tutti noi perché non accada mai più che le famiglie di persone con disabilità come nella prima fase dell’epidemia siano lasciate troppo spesso sole, con la chiusura dei centri semiresidenziali e il timore per un’assistenza domiciliare troppe volte senza dispositivi di sicurezza e il controllo di adeguati tamponi.

È ora che la legge sul dopo di noi diventi il faro per il rinnovarsi di un welfare integrato e davvero a misura umana. Impariamo dalla terribile esperienza a realizzare responsabilmente le nostre belle leggi.

*Annamaria Parente è stata relatrice in Senato per la legge 112/2016 ed è attualmente Vice Presidente della Commissione Lavoro del Senato.


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