Politica & Istituzioni

Il caso del volontario Onu Mario Paciolla svela il regime repressivo di Duque

Secondo i dati raccolti dall’ONU, nel 2019 si sono verificati 36 massacri e sono stati uccisi 108 difensori/e dei diritti umani. Oltre 300 organizzazioni della società civile colombiana a difesa del lavoro del Relatore Speciale sui Difensori/e dei diritti umani in Colombia

di Cristiano Morsolin

Mario Paciolla, volontario ONU ucciso il 15 luglio scorso in Colombia, coordinava l’ufficio nazionale delle Brigate Internazionali di Pace PBI a Bogotá tra 2016 e 2018. Accompagnava Soraya e gli avvocati del Collettivo Restrepo CAJAR, come scorta di interposizione non violenta per proteggere leader sociali minacciati.

Camminava per il quartiere popolare La Perseverancia, davanti alla sede di PBI, tra quelle stradine che assomigliavano ai Quartieri Spagnoli della sua bella Napoli, cittá d’origine. Passava per la Piazza con la statua di Eleicer Gaitan, il candidato presidenziale socialista assassinato nell’aprile 1948, che fece esplodere il “bogotazo”, l’inizio di 50 anni di conflitto armato interno.

Accompagnava l’avvocata Soraya in quella collina fino alla sede dell’Istituto di Educazione Popolare CINEP, per incontrare p. Javier Giraldo, il gesuita che ha denunciato crimini di stato e come l’avvocata Soraya, é divenuto obiettivo della persecuzione delle mafie.

Ma Soraya ha famiglia ed é molto preoccupata per le minacce di morte, i servizi segreti durante la Presidenza di Alvaro Uribe (2002-2010) le spediscono bambole macchiate di sangue, fatte a pezzi, per intimorire il suo impegno per la difesa dei diritti umani in un paese con 9 milioni di vittime della guerra civile.

Soraya sembra una donna imponente, tutta d’un pezzo, ma si commuove ricordando Mario Paciolla. Spiega a Vita.it: “mi ricordo bene di Mario, ha accompagnato noi avvocati del Colettivo CAJAR per proteggere il nostro lavoro in difesa dei diritti umani. Era un giovane uomo solidario e sensibile. Chiediamo giustizia e una indagine giudiziaria rapida sulla sua tragica morte, senza impunitá”

IL PONTE CON L'ITALIA

Soraya e altri suoi colleghi come Alirio Uribe, gia vicepresidente della federazione mondiale diritti umani FIDH, (con sede a Parigi) sono spesso stati invitati in Italia, grazie a progetti promossi dalla rete nazionale antimafia LIBERA di don Ciotti. Nel 2006 don Tonio dell’Olio, di Libera International mi chiamó a coordinare il Progetto dell’Osservatorio LIBERANDE, su incarico dell’Assessore alla pace della Provincia di Milano, Irma Dioli con il movimento di vittime MOVICE tra 2007 e 2009.

Erano tempi bui, i servizi segreti colombiani spiavano, perseguitavano anche ONG italiane come la Fondazione Lelio Basso, Osservatorio Indipendente sulla Regione Andina SELVAS, gli enti locali e municipi solidali con la comunitá di pace di S. Jose de Apartado, e anche parlamentari coraggiosi come Tana de Zulueta (come documentato da VITA – Colombia: "La Ue esiga il rispetto dei diritti umani"). Era l’Operazione Europa; German Villalba, addetto dell’Ambasciata colombiana a Roma, venne condannato a 6 anni di carcere per quello spionaggio di alto livello del DAS, l’intelligence colombiana, come documentato nel libro di Julián Martínez. Chuza Das, 8 anos de espionaje y barbarie, Edizioni B. 2016.

Ora la morte di Paciolla riporta al centro del dibattito la lotta alle mafie, il narcotraffico tra Colombia e Italia.

Il giovane giornalista Giancarlo Siani, ucciso dalla camorra 35 anni fa, il 23 settembre 1985, la sua memoria e l’antimafia sociale, è un leitmotiv che rimbalza sulla vicenda di Paciolla. Suo fratello, il deputato Paolo Siani, tra i fondatori di Libera in Campania, oggi del Partito Democratico di Napoli, presidente della Commissione Parlamentare sull’infanzia e adolescenza, si é preso a cuore la vicenda del volontario Mario e dice a VITA: “Insieme al collega Gennaro Migliore e ad altri 30 parlamentari abbiamo inviato una richiesta di interpellanza urgente al Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e al Ministro della Giustizia in merito alla morte di Mario Carmine Paciolla, un collaboratore Onu di 33 anni, impegnato in un progetto umanitario, che aveva come obiettivo quello di facilitare il percorso di riconciliazione tra il governo colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane (FARC). Abbiamo chiesto al Governo se non ritenga necessario intervenire, con tempestività, presso le autorità colombiane, convocando l’Ambasciatore della Colombia, nonché la rappresentanza italiana presso le Nazioni Unite, per acquisire tutte le informazioni utili allo scopo di accertare la verità sulla morte di Mario Carmine Paciolla. È un atto di giustizia che dobbiamo a tutte le donne e gli uomini che ogni giorno lavorano per la pace in terra straniera”.

Durante un’interrogazione al Senato, giovedì 23 luglio 2020, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha promesso «il massimo impegno della Farnesina e mio personale per un caso che ha coinvolto un giovane brillante impegnato in una missione delicata». Il governo della Colombia ha assicurato che sarà fatta «giustizia piena»; il ministero degli Esteri colombiano ha assicurato che «l’impegno su questa vicenda è assoluto», e ha aggiunto che la procura ha dato priorità al caso, e che l’inchiesta ha già fatto qualche progresso.

Il senatore FERRARA (M5S) si è rivolto così al nostro ministro degli Esteri: “Purtroppo questa storia triste ha davvero diversi tratti di ambiguità. Mi permetto di ricordare che Paciolla era inquadrato nella missione ONU per il monitoraggio dell'accordo di pace tra FARC e Governo colombiano e il nostro cooperante si trovava in un'area particolarmente pericolosa del Paese. Pochi giorni prima della sua morte aveva manifestato a familiari e amici timori per la sua vita, tanto da aver acquistato sollecitamente un biglietto aereo per il 20 luglio: l'intento di Mario era quello di tornare a casa. Risulta perciò opinabile che un cooperante con esperienza decida di suicidarsi proprio qualche giorno prima di rientrare in Italia e per di più senza un apparente motivo. A quanto pare, secondo quanto riportato da alcuni media locali, sul corpo di Mario sono state riscontrate ferite da taglio. Ovviamente è necessario attendere i risultati ufficiali dell'autopsia per conoscere con certezza il reale motivo del decesso, ma ripeto che temo ci siano ancora delle ombre su cui far luce. Signor Ministro, dalla firma dell'accordo di pace tra FARC e Governo colombiano ad oggi sono quasi mille i morti assassinati: attivisti per i diritti umani, indigeni, contadini ed ex miliziani delle FARC che erano stati reinseriti nel tessuto sociale colombiano, una vera e propria strage su cui la comunità internazionale, di solito molto attenta ai diritti umani nell'area, non ha speso una parola. (…) Auspico che i parenti e gli amici di Mario, seppur nel dolore, possano essere rassicurati dalla vicinanza delle istituzioni che lei e noi tutti rappresentiamo”.

UN ATTACO DEL GOVERNO COLOMBIANO CONTRO L’ONU

La trágica morte di Mario riaccende i riflettori sulla capitale mondiale dell’impunitá…

In un attacco senza precedenti, il governo colombiano ha duramente criticato il report presentato il 27 febbraio 2020 dal rappresentante in Colombia dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU Alberto Brunori (anche lui italiano, ha appena fatto le valigie, troppo scomodo per le sue critiche a Duque). Invece di accogliere le sue raccomandazioni e dar prova di volersi impegnare per garantire il rispetto dei diritti umani e per proteggere i/le difensori/e dei diritti umani, il presidente colombiano Iván Duque ha dichiarato che il report era impreciso, infondato, “un’ingerenza nella sovranità nazionale”, e che si augurava che l’Alto Commissariato potesse fare un lavoro migliore la prossima volta.

Nel report si denuncia un’escalation delle violenze nel Paese e gravi violazioni dei diritti umani, tra cui l’aumento degli attacchi contro i/le difensori/e dei diritti umani, l’uso sproporzionato delle forza contro i/le manifestanti durante proteste pacifiche, e la collusione dell’esercito con paramilitari e gruppi armati illegali. In particolare, nel report si fa riferimento a tre casi di violenza sessuale commessi probabilmente da membri dell’esercito e si denuncia un’operazione militare dell’8 aprile 2019 nel municipio di Valdivia, dove l’esercito avrebbe agito coordinandosi con gruppi armati illegali. Secondo i dati raccolti dall’ONU, nel 2019 si sono verificati 36 massacri e sono stati uccisi 108 difensori/e dei diritti umani, tra cui 15 donne difensore e due attivisti dei diritti LGBTI, in un contesto di totale impunità.

Il presidente Duque ha particolarmente criticato la sezione del report sull’ESMAD (la polizia anti-sommossa), in cui si citano vari esempi di uso eccessivo della forza che hanno portato anche alla morte di uno studente diciottenne, durante una protesta a Bogotà nel novembre 2019. Tra le raccomandazioni contenute nel report, quella di aumentare i controlli sull’ESMAD per evitare l’uso sproporzionato della forza e trasferire il corpo dal Ministero della Difesa a quello degli Interni.

Anche il Ministero degli Affari Esteri colombiano ha affermato che il report era politicizzato, non attualizzato, sconfinava fuori dai temi del suo mandato, e non riconosceva i progressi e i successi ottenuti in relazione al tema dei diritti umani e dell’implementazione degli accordi di pace. Nella sua risposta ufficiale presentata a Ginevra, la Cancelleria colombiana ha affermato: “Notiamo con preoccupazione come l’ufficio ONU abbia espresso considerazioni che sfociano in opinioni politiche, così come commenti e conclusioni che vanno ben oltre il suo campo d’azione.

Ancora più grave è che il report parli in varie sezioni di “presunti crimini e abusi che violano i trattati internazionali, a quanto pare documentati dall’ufficio ONU ma che non sono mai stati segnalati al governo”.

Era dai tempi del presidente Álvaro Uribe che l’ONU non riceveva messaggi di una tale gravità da parte del governo colombiano, ma da tempo si avvertiva la crescente tensione. Il senatore Ernesto Macías, del partito Centro Democrático, ha addirittura proposto al presidente Iván Duque di chiudere l’ufficio dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani dell’ONU in Colombia.

Questi attacchi arrivano a pochi giorni dalla pubblicazione di un altro importante report, a cura del Relatore Speciale sui Difensori/e dei diritti umani in Colombia Michel Forst, presentato a Ginevra il 4 marzo 2020. Lo stesso Forst, che era stato nel Paese nel dicembre 2018, è stato fortemente ostacolato nel suo lavoro. Aveva infatti previsto una seconda visita nel 2019, ma nonostante le sue ripetute richieste le autorità colombiane non hanno mai presentato una lettera d’invito ufficiale, necessaria per autorizzare la visita del Relatore. In un’intervista alla rivista “Semana”, Forst ha dichiarato: “quando sono venuto a conoscenza di alcuni commenti del governo, ho capito che avrebbero voluto cancellare del tutto il mio report”. Si teme dunque che anche il report del Relatore Speciale possa scatenere critiche simili a quelle ricevute da Alberto Brunori.

Oltre 300 organizzazioni della società civile colombiana, insieme a 40 ONG internazionali e più di mille firmatari individuali, hanno espresso il proprio sostegno al lavoro dell’Alto Commissariato dell’ONU e hanno pubblicato una lettera aperta per esprimere la propria solidarietà, nonché la preoccupazione per gli attacchi del governo. Nella lettera, le organizzazioni colombiane dichiarano: “Il report è opportuno, serio, rigoroso, e rispecchia bene la realtà che si vive in Colombia per quanto riguarda i diritti umani. (…). Consideriamo ingiustificata la reazione del governo nazionale e del presidente Iván Duque al report e al lavoro dell’ufficio di Brunori. Questa reazione sproporzionata dimostra la mancanza di impegno del governo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani”.

“Far pressione sul governo colombiano, affinché segua le raccomandazioni dei report dell’ONU e intraprenda azioni concrete per far rispettare i diritti umani nel paese, garantire sostegno e protezione ai/alle difensori/e dei diritti umani, e assicurare la piena implementazione dell’accordo di pace” hanno chiesto nel marzo scorso, le Ong italiane: Giuristi Democratici, Yaku , Rete italiana di solidarietà Colombia Vive onlus. Operazione Colomba Comunità Papa Giovanni XXIII”.

*esperto di diritti umani in America Latina dove lavora dal 2001


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