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Zona rossa: alunni disabili e figli di key worker possono restare in presenza

Per gli alunni con disabilità, BES e i figli di personale sanitario o impiegato presso altri servizi essenziali è possibile chiedere la frequenza in presenza, anche nelle regioni che sono zona rossa. Finora un'opportunità poco sfruttata: l'hanno chiesta solo un alunno con disabilità su due e meno ancora fra i key worker. Forse perché la norma è ancora poco conosciuta...

di Sabina Pignataro

Se medici, infermieri, operatori Oss, forze dell’ordine, insegnanti, trasportatori, dipendenti della grande distribuzione lo richiedono, «ai loro figli deve essere garantita la didattica in presenza. Anche quando la regione si trova in zona rossa. Anche quando le superiori sono in DAD». A chiarirlo è la professoressa Sandra Scicolone, dirigente dell’ANP, Associazione Nazionale Presidi. «La stessa possibilità deve essere garantita agli alunni con disabilità o bisogni educativi speciali».

Questa possibilità, chiarisce Scicolone, è prevista nella nota 1990 del 5 novembre 2020 del Ministero dell’Istruzione, nella quale si specifica che «nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste, attenzione dovrà essere posta agli alunni figli di personale sanitario (medici, infermieri, OSS, OSA…), direttamente impegnato nel contenimento della pandemia in termini di cura e assistenza ai malati, e del personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali, in modo che anche per loro possano essere attivate, anche in ragione dell’età anagrafica, tutte le misure finalizzate alla frequenza della scuola in presenza».

Qualora in una classe siano presenti alunni con disabilità, bisogni educativi speciali, o figli di key worker, cioè categorie di lavoratori le cui prestazioni siano ritenute indispensabili per la garanzia dei bisogni essenziali della popolazione, «l’attività in presenza deve necessariamente provenire da una richiesta della famiglia», chiarisce Scicolone. «In questo caso, di fronte all’istanza dei genitori, il dirigente scolastico è tenuto ad attivarla, pur garantendo il collegamento on line con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata».

Professoressa Scicolone, i presidi devono accogliere obbligatoriamente la richiesta avanzata dalla famiglia?
Qualora la famiglia ne abbia esigenza e ne faccia richiesta, sì. A meno che ci siano condizioni che lo impediscono, come la necessità di porre la classe in quarantena a seguito di un contagio da Covid-19.

Immaginare una didattica in presenza esclusivamente per gli alunni disabili o con bisogni educativi speciali ricorda le “classi speciali” di 40 anni fa, un capitolo da dimenticare.
La scuola oggi è un luogo di inclusione. I dirigenti scolastici, insieme ai docenti delle classi interessate e ai docenti di sostegno, in raccordo con le famiglie, favoriranno la frequenza dell’alunno con disabilità, in coerenza col PEI, coinvolgendo anche, ove possibile e su base volontaria, un gruppo di allievi della classe di riferimento, che potrà variare nella composizione o rimanere immutato, in modo che sia costantemente assicurata quella relazione interpersonale fondamentale per lo sviluppo di un’inclusione effettiva e proficua, concreta e non teorica, nell’interesse degli studenti e delle studentesse.

Quanti alunni possono continuare la didattica in presenza?
Non è indicato un numero massimo. Potenzialmente anche l'intera classe potrebbe tornare in presenza: occorre, come sempre, rispettare le norme sul distanziamento. Ad ogni modo, il preside può invitare ma non obbligare, gli altri alunni a lasciare la DAD.

Quante famiglie hanno colto questa opportunità?
Non abbiamo un dato preciso, ma direi che il 50% delle famiglie degli alunni con disabilità preferisce rimanere in DAD, per tutelare la salute dei propri figli, perché teme che ci possa essere un contagio in classe. Le altre al contrario, spingono per un ritorno in classe, affinché i propri figli possano beneficiare della presenza di figure di sostegno e del supporto dei compagni. Meno frequenti sono invece le richieste provenienti dalle famiglie dei key worker.

La sensazione è che le famiglie dei key worker non siano a conoscenza di questa possibilità…
Il preside dovrebbe aver contattato le famiglie interessate. Oppure dovrebbe aver pubblicato una circolare sul registro elettronico. Nel caso di alunni con disabilità la comunicazione può essere trasmessa anche tramite l’insegnate di sostegno. Spetta anche alle famiglie il compito di rimanere informate.

Esiste un elenco dei lavoratori definiti key worker, che quindi possono chiedere di far frequentare la scuola in presenza ai propri figli?
È possibile rifarsi alle categorie ATECO individuate in occasione nel primo DPCM, cioè quelle considerate attività produttive essenziali anche durante il lockdown di marzo. In questo elenco, in primavera, non rientravano le maestre di asilo nido o di scuola dell’infanzia e primaria, ma oggi anche queste sono considerate figure essenziali. E quindi la didattica in presenza dovrebbe essere garantita anche per i loro figli, qualora la scuola fosse in DAD.

Se una regione entra in zona rossa come funziona?
Si attiva la didattica integrata per tutti, ma i figli delle figure citate sopra oppure gli alunni con disabilità hanno facoltà di beneficiare della didattica in presenza. Come detto, a patto che la famiglia lo richieda.


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