Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Media, Arte, Cultura

Pregliasco: «La rabbia dei no vax? Una strada che potrebbe portare all’obbligo vaccinale»

Il virologo e presidente nazionale dell'Anpas è tra le vittime prese di mira dai no vax. «Quello che più mi spiace è che ci siano andate di mezzo anche le Pubbliche Assistenze» sottolinea e poi spiega: «Fin qui lo Stato ha scelto di fidarsi della responsabilità dei cittadini. Siccome i vaccini stanno funzionando, laddove la quota di chi si rifiuta di farlo sia troppo alta e concretizzi un rischio per tutti, il Governo potrebbe aprire all'ipotesi di un obbligo»

di Lorenzo Maria Alvaro

Telefonate notturne e messaggi a ciclo continuo. Da qualche giorno il telefono di Fabrizio Pregliasco, virologo e presidente nazionale dell'Anpas, è stato preso d'assolto dalle falangi no vax. Minacce, insulti e ogni tipo di nefandezza gli sono state recapitate incessantemente. «Il mio numero è circolato sui gruppi Telegram e WhatsApp dei no vax e questo è stato il risultato», spiega il medico ridendo. «Non ne faccio una gtragedia. Succede. Passerà. Quello che davvero mi spiace è che, siccome io sono anche il presidente delle Pubbliche Assistenze, per lo più uso il mio profilo Facebook per postare contenuti relativi all'associazione. Così lo sciame di questi arrabbiati ha colpito anche l'Anpas».


Lei è entrato nel mirino dei no vax. Che cosa è successo?
Il mio numero di telefono, come quello di tanti giornalisti, medici e attivisti, è finito in circuiti di no vax che hanno cominciato a chiamarmi e scrivermi ad ogni ora del giorno e della notte con insulti e minacce. Niente di più che un fastidio sia chiaro. La cosa che mi dispiace e che essendo io anche presidente dell'Anpas questo shit storm si è abbattuto sui social dell'associazione.

La stessa associazione che ha portato, con lavoro volontario, tante persone in ospedale e ha assistito chi non poteva uscire in questi anni di pandemia?
Sì, questo è il risvolto assurdo e grottesco di questo tipo di reazioni di massa.

Come si spiega questa escalation secondo lei?
Quello che è successo a mio avviso è che hanno individuato dei capri espiatori rispetto alle insicurezze psicologiche ed economiche che sono una conseguenza pesante della pandemia. In qualche modo immagino sia una modalità per fiaccare e rendere meno autorevoli quei soggetti che rappresentano le istituzioni e la loro azione. Di certo con un risultato goffo, disorganizzato e incongruo.

Ma chi sono i no vax?
All'interno di questa congerie sbilenca c'è un po' di tutto. Una quota rilevante di persone che non hanno codificato bene questa infodemia pazzesca che ha confuso le menti di molti. E poi degli agitatori che cavalcano la pancia del Paese e qualunque causa “contro” a prescindere.

E i motivi di questa crescita del dissenso?
Certamente c'è stata un'accelerazione sull'applicazione del green pass che sta diventando un elemento di fastidio e di cogenza. Aiuta a parlare di dittatura sanitaria e solleticare tutte le negatività che conosciamo. In particolare anche quella narrazione secondo cui sulla pandemia qualcuno ci marcia e ci guadagna. Che può anche essere vero in senso lato, come è accaduto in ogni economia di guerra della storia. Ma che non ha alcun senso accostare al tema della salute pubblica.

Non avevamo comunque mai toccato vette così alte di conflitto…
Certo. È un momento acuto. Di un conflitto che però c'è dall'inizio. Abbiamo assistito sin dalla prima ora dell'emergenza picchi di momenti divisivi. Sul lockdown, sulle mascherine, sui farmaci, sul plasma. Si è sempre proceduto con due tifoserie contrapposte. Tutto fomentato e facilitato dai social network e dai canali WhatsApp o Telegram. Non c'è mai stato un dibattito pubblico sano. E così siamo arrivati al punto che ha molta più credibilità il vocale su WhatsApp del presunto sanitario sul campo, amico informato di qualcuno, che gira come catena di Sant'Antonio in cui si dicono “le cose vere”.

Quindi un mix di fake news e legittime rivendicazioni all'autodeterminazione?
Comincio a pensare che forse il vero detonatore di questa rabbia sociale non siano tanto le questioni della libertà nella cura o dell'autodeterminazione. Sembra piuttosto che la cogenza del green pass metta in crisi una convinzione alimentata dai social network: che ciascuno determina se stesso individualmente. A queste persone la bava alla bocca non viene per il green pass in sé ma perché il green pass è il simbolo del fatto che non è vero che ciascuno può dire e fare quello che vuole, come su Facebook, ma che esistono dei limiti e che questi limiti possano anche essere imposti laddove ci sia in ballo il bene comune. La rabbia sembra non venire tanto dall'obbligo quanto dal fatto che l'obbligo sancisca definitivamente che non è vero che chiunque può parlare di salute o decidere senza conoscere.

È un modo per dire che si potrebbe concretizzare l'ipotesi che il vaccino diventi obbligatorio?
Fin qui lo Stato ha scelto di fidarsi della responsabilità dei cittadini. La preoccupazione è che sembra che questo non basti. Abbiamo un rischio recrudescenza e un rischio di varianti. Il vaccino ha dimostrato di funzionare. Non è la soluzione del problema ma massimizza la riduzione dei costi sanitari, la liberazione degli ospedali e la ripresa dell'economia. Questo significa che se le cose non andranno come auspicato lo Stato potrebbe prendere in considerazione l'obbligatorietà vaccinale. La speranza è che il lento ritorno ad una forma di normalità convinca i molti che non sono integralisti no vax a vaccinarsi. L'unica cosa che possiamo fare ora è lasciar passare la buriana.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA