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Famiglia & Minori

I ragazzi si rivelano con un film corale

300 preadolescenti, sei città italiane, un progetto triennale coordinato da Ciai - #tu6scuola - in contrasto alla povertà educativa selezionato da Con i Bambini e due registi, Gabriele Gianni e Davide Barletti. Questi gli ingredienti di “Nulla di sbagliato” la pellicola che ci fa scoprire il mondo di ragazzi e ragazze alle prese con il tempo della pandemia e del lockdown

di Antonietta Nembri

Di film che raccontano il mondo dell’infanzia e il passaggio dall’età bambina a quella dell’adolescenza ce ne sono, ma sono film pensati, scritti e girati da adulti. Grazie a Ciai e a Cinemovel arriva una pellicola che è invece completamente diversa perché non solo è interpretata da preadolescenti, ma è scritta e girata dagli stessi ragazzi e ragazze di prima media. Stiamo parlando di “Nulla di sbagliato”, un film nato all’interno di un progetto di contrasto alla povertà educativa #tu6scuola, un intervento nazionale triennale, ideato e coordinato da Ciai in scuole secondarie di primo grado (Ancona, Bari, Città di Castello, Milano, Palermo e Rovellasca) insieme a una rete di 26 partner e selezionato da Con i Bambini.
«Questi bambini che incrociamo ci sembra aumentino sempre più. Ognuno di loro è come se fosse figlio nostro e lavoriamo tenendo in considerazione questo approccio» ha spiegato Paola Crestani, presidente di Ciai nell'illustrare le ragioni degli interventi contro la povertà educativa in Italia. «In questi anni di pandemia non ci siamo dimenticati del nostro Paese anche perché qui ci sono 3 bambini su 10 che vivono in uno stato di povertà assoluta». E parlando del film prodotto con Cinemovel lo ha definito «un’idea di ascolto e dialogo».

Tre anni di laboratori creativi e interventi con insegnanti e genitori che con l’arrivo del Covid nella primavera del 2020 si devono fermare. Ma come non interrompere il lavoro iniziato nelle sei scuole di tutta Italia? Utilizzando le nuove tecnologie con laboratori da remoto i Saltaclasse e non solo. A 300 ragazzi vengono affidati dei “Diari del tempo” nei quali annotare, disegnare, incollare pensieri, ricordi e sogni.

A una dozzina di loro vengono affidate delle piccole telecamere con le quali continuare il racconto fuori dalla scuola, a casa, in strada ma soprattutto in quel luogo interdetto agli adulti che è la loro cameretta.
Il risultato è un film potente, non un mero documentario come spiega Gabriele Gianni che, con Davide Barletti, firma la regia: «Un documentarista fa sì che le cose accadano, qui c’è dietro un lavoro di scrittura importante: ci sono i 300 diari che sono stati la base di un dispositivo narrativo che attraversa il racconto di un film che è stato girato tutto in remoto e noi come registi non abbiamo mai forzato la mano».


Sopra l'immagine di accoglienza del portale dei Diari del tempo, sotto il regista Gabriele Gianni


I Diari del tempo, usati come forma di racconto di sé e del gruppo classe sono ora raccolti in un portale internet diarideltempo.eu. Quello che si vede nel film che Vita ha potuto visionare in anteprima è il risultato di un lavoro che Gianni definisce «una sfida», ma allo stesso tempo un vantaggio «girare un film in remoto ha fatto sì che i ragazzi si sono sentiti a loro agio, la nostra immagine è sparita. In pratica» precisa, «il limite della distanza, il nostro non essere in aula ha richiesto un’enorme progettazione anche tecnologica (il posizionamento delle telecamere e dei microfoni in classe per le parti collettive, la realizzazione di un “robottino”, cioè una minicamera stabilizzata affida ai dodici protagonisti), ma allo stesso tempo è stato un vantaggio, un modo per entrare in contatto in punta di piedi sia nello spazio classe sia in quello della cameretta».

Il risultato di questo lavoro è un racconto e una testimonianza di un tempo storico particolare che la creatività dei ragazzi ha reso unico. «Un materiale preziosissimo», osserva Davide Barletti (nella foto) riferendosi sia ai diari «in ciascuno dei quali c’era uno spunto. Li abbiamo letti tutti, ne abbiamo selezionati alcuni che sono stati la base delle interviste che abbiamo fatto per esplorare i contenuti: un lavoro intermedio che sfocia nel sito. Poi abbiamo fatto un’ulteriore selezione e a una dozzina di loro abbiamo chiesto di continuare il diario in modo audiovisuale, con la telecamera». A montare il materiale girato Mattia Soranzo.

Grazie alle minicamere anche lo spettatore può entrare in punta di piedi nelle camerette e nei sogni, nelle speranze e nelle paure di questi undicenni. «Parliamo di un limbo in cui non si è più bambini, ma non si è ancora adolescenti, un’età strana che si è andata a incorniciare in uno dei periodi più brutti degli ultimi anni in cui insicurezza e paura traspaiono. Nel film si parla della pandemia, senza citarla» osserva Barletti.

Nello scorrere delle immagini del film incontriamo una ragazza che tenta la “fuga” dal lockdown e si rifugia in un assolato terrazzo e quella che prova un gioco di specchi in una scena tra l’onirico e i vecchi film con scene caleidoscopiche, c’è il ragazzino schifato dalla vita presente e quello che si racconta nel cuore della notte e c’è la morte di un pesciolino rosso.
Ci sono scene comiche, volontariamente e involontariamente, momenti di riflessione e tristezza: c’è la vita che pulsa. «A noi adulti sembra che i ragazzi vivano di connessioni, di tiktok e invece dal film emerge quanto poco sappiamo di loro», conclude Barletti.


Nell'immagine in apertura i ragazzi in classe con i Diari del tempo


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