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Metà dei Neet che alleniamo vincono la partita per il futuro

Quasi uno su due dei ragazzi inseriti nel percorso di Mission Bambini torna a studiare o a lavorare. «Nel 2019 abbiamo lanciato “Allenamenti per il futuro”. Il nostro obiettivo è quello di riattivare i ragazzi. Vogliamo aiutarli a mettere a fuoco i loro bisogni e desideri, a credere nei loro talenti, perché siano essi stessi a trovare una via di realizzazione personale», spiega Samuela Castellotti, projects development manager di Mission Bambini

di Diletta Grella

«Durante il lockdown, ero sempre in casa, l’unico modo per svagarmi era giocare online con alcuni amici che non avevo mai visto di persona. Mi sentivo un automa, facevo fatica a fare anche le cose più semplici. Ora ho più fiducia nelle mie capacità». Sguardo attento e sorriso timido, Manuel, 20 anni, è uno dei ragazzi che ha seguito il percorso “Allenamenti per il futuro” promosso da Fondazione Mission Bambini. «Si tratta di un progetto rivolto a ragazzi dai 16 ai 24 anni, residenti a Milano e zone limitrofe, che per diversi motivi non lavorano né studiano, i cosiddetti Neet (acronimo di neither in employment, or in education or training), spiega Samuela Castellotti, projects development manager di Mission Bambini e responsabile del percorso.

«In Italia i giovani tra i 15 e 29 anni che si trovano in questa situazione, sono circa 2,1 milioni. Secondo un rapporto dell’Eurostat, l’ufficio statistico della Commissione Europea, sono aumentati con la pandemia, passando dal 22% del 2019 al 23,4% nel 2021. Il dato è il peggiore in Europa, con circa 10 punti oltre la media. Noi da sempre ci occupiamo di minori in difficoltà, attraverso progetti che riguardano due ambiti, la salute e l’educazione. Dal 2011 abbiamo rivolto la nostra attenzione verso il tema dei Neet: prima abbiamo promosso tirocini formativi per questi ragazzi e poi abbiamo sostenuto startup dove potessero trovare un lavoro. Finché, nel 2019, abbiamo lanciato “Allenamenti per il futuro”. Il nostro obiettivo è quello di riattivarli. Vogliamo aiutarli a mettere a fuoco i loro bisogni e desideri, a credere nei loro talenti, perché siano essi stessi a trovare una via di realizzazione personale».

Il ruolo dei social
In due anni, si sono tenute quattro edizioni del percorso, ciascuna di circa tre mesi. Finora vi hanno partecipato 38 giovani, 13 donne e 25 uomini. Il 64% italiani e il 36% stranieri. Tutti sono stati reclutati attraverso campagne social.
«A settembre 2020 ci eravamo organizzati per fare partire il corso in presenza, come per l’edizione 2019» continua Castellotti, «ma per via delle misure di emergenza imposte dalla pandemia, in breve tempo abbiamo dovuto optare per l’online. Temevamo che per i ragazzi sarebbe stato difficile seguire e che ci avrebbero lasciati presto. Invece non è stato così. In un momento in cui era impossibile avere delle relazioni, l’appuntamento con noi diventava per loro importante. E noi, da parte nostra, abbiamo capito che, anzi, può essere utile che i primi incontri siano virtuali, perché i ragazzi si abituano gradatamente al gruppo. Quindi d’ora in poi abbiamo deciso di prevedere sempre una parte iniziale online».

La struttura del corso
«Il percorso è strutturato in due moduli» spiega Sara Schirripa, counselor e facilitatore di gruppo: «Il primo modulo è più propedeutico ed è finalizzato alla rimotivazione dei ragazzi. Usiamo la metodologia dell’action learning, cioè dell’apprendimento attivo: cerchiamo di coinvolgerli con il disegno, il collage, il teatro, la cucina… Queste attività creano un aumento della fiducia verso se stessi e verso il gruppo. Il secondo modulo è più tecnico: un’orientatrice affianca i ragazzi nella stesura di un cv e nella preparazione ai colloqui di lavoro».

«Il gruppo fa tantissimo» prosegue Valeria Salvai, coach e formatrice: «Vedere altri coetanei nella propria situazione aiuta a ridimensionare le paure, ad abbassare l’ansia. Durante il percorso spesso osserviamo una trasformazione, che è innanzitutto fisica: alcuni di questi ragazzi arrivano trasandati e pian piano imparano ad amarsi e a prendersi cura di sé. Anche la voce cambia: all’inizio non riusciamo a sentire quello che dicono, già dopo qualche incontro hanno un timbro squillante».
Nelle interviste realizzate ai partecipanti delle quattro edizioni, il 32% ha dichiarato di lavorare e il 16% di aver ripreso gli studi o intrapreso un percorso di formazione. «Consiglierei a tanti questa esperienza» dice Giuseppina, 21 anni. Una ragazza che dal modo in cui osserva, parla, riflette… lascia trasparire grandi doti di introspezione ed empatia. «Prima ero più insicura, più triste. Qui ho visto che le mie paure erano le stesse di altri e ho acquisito maggior consapevolezza del mio valore. Adesso lavoro in una braceria e mi sento più leggera nei confronti della vita».

«Io non ho ancora trovato lavoro, però questi incontri mi hanno aiutato», interviene Matteo, 20 anni: «Prima non mi fidavo degli altri, pensavo che volessero ingannarmi. Adesso sono più rilassato. E poi ho conosciuto nuovi lati di me, per esempio ho scoperto di avere una buona capacità di leadership».
«L’innovazione sociale di questo percorso sta nel valore che diamo alla relazione con i nostri ragazzi, perché crediamo che solo dalla relazione possa scaturire una vera rinascita», conclude Castellotti: «Anche al termine del percorso restiamo in contatto con i partecipanti, facciamo loro capire che abbiamo a cuore la loro vita e facciamo il tifo per loro».
​In media il costo di ogni edizione di “Allenamenti per il futuro” varia tra i 10mila e i 15mila euro. Le ultime tre edizioni sono state realizzate grazie a Fondazione Cariplo (all’interno del programma “MiChance — Opportunità al futuro”), oltre che al sostegno di altre fondazioni e istituzioni private.


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