Education & Scuola

“Facciamo Scuola”: il report sull’educazione in Italia ai tempi del Covid-19

Le proposte di WeWorld che ha curato il rapporto: estendere obbligo scolastico dalla fascia 6-16 anni a 3-18 anni; rimodulare il calendario scolastico; potenziare le attività extrascolastiche come sostegno alle famiglie e all’emancipazione delle donne. Intanto il sistema scolastico italiano è uno dei più stressanti del mondo. I periodi di DAD causeranno una perdita del 25% delle competenze nei bambini della scuola media

di Redazione

Uno dei sistemi scolastici più stressanti al mondo, in cui ragazzi e ragazze dedicano più tempo allo studio, ma con alti costi in termini di benessere fisico e psicologico; un sistema educativo duramente provato dalla pandemia e dai prolungati periodi di didattica a distanza. Sono due degli elementi chiave evidenziati nel report “Facciamo scuola – L’educazione in Italia ai tempi del Covid-19”, elaborato da WeWorld, organizzazione italiana indipendente impegnata da 50 anni a garantire i diritti di donne, bambine e bambini in 25 Paesi.

Il rapporto fotografa la situazione del sistema educativo italiano e le sue ripercussioni sul benessere educativo, fisico e psicologico di ragazze e ragazzi, e propone tre azioni concrete per cambiare il sistema scolastico e renderlo più aderente alle esigenze educative e formative degli studenti.

I dati

Il Report di WeWorld sottolinea come il sistema scolastico italiano sia uno dei più stressanti al mondo: più della metà degli studenti dichiarano di sentirsi nervosi mentre studiano, rispetto a una media OCSE del 37%. Gli studenti italiani, con 50 ore a settimana, sono anche tra quelli che dedicano più tempo allo studio: proprio a causa della mancanza di pause adeguate durante l’anno scolastico, bambini e ragazzi faticano a trovare tempo per riposare e vedono aumentare il loro livello di stress, correlato anche al carico di compiti a casa. Risultato, sottolinea WeWorld, il nervosismo e il malessere producono scarso interesse per la scuola e cattive performance tra i banchi, favorendo disagio psicologico e dispersione scolastica. Nel 2020, i giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano né studiano hanno raggiunto il 20,7%.

Una situazione già presente da diversi anni, ma ulteriormente aggravata dalla pandemia: in assenza di interventi mirati, sottolinea il report, si stima che i periodi di DaD produrranno una perdita di apprendimento equivalente a 0,6 anni di scuola e un aumento del 25% della quota di bambini e bambine della scuola secondaria inferiore al di sotto del livello minimo di competenze (dati Invalsi). Questo ha inciso soprattutto sulle fasce sociali più deboli, a causa del digital divide: i dati rilevati sul campo da WeWorld evidenziano grandi limiti in termini di differenze di accesso ai dispositivi digitali. All’inizio della pandemia circa il 70% degli under 18 con cui WeWorld lavora nelle periferie italiane non possedeva né un pc/tablet né la connessione Internet a casa. Complessivamente, in Italia circa 600mila studenti sono rimasti completamente esclusi da ogni forma di didattica a distanza.

La pandemia, quindi, ha agito come acceleratore di disuguaglianze già profonde e presenti da anni nel sistema educativo italiano, e come ulteriore causa di povertà educativa, strettamente intrecciata a quella economica. Questo circolo vizioso tende poi a perpetuarsi per generazioni, bloccando la mobilità sociale e la possiiblità di migliaia di bambini di affrancarsi da situazioni di marginalità educativa e sociale.

Meno marcate, ma sempre rilevanti, secondo il Report, sono le differenze di genere nei livelli di acquisizione delle competenze: gli stereotipi di genere giocano ancora un ruolo molto forte, così da spingere docenti e genitori a ritenere determinati studi e carriere professionali più adatti all’uno o all’altro sesso.

Una nuova scuola: le proposte di WeWorld

WeWorld, attiva da anni per promuovere un’educazione inclusiva e per prevenire e contrastare dispersione scolastica e povertà educativa, ha elaborato tre proposte per rendere la scuola stessa un luogo inclusivo, che tenga conto dei bisogni di tutti/e e non lasci indietro nessuno:

1. Estendere l’obbligo di istruzione dalla fascia 6-16 anni alla fascia 3-18 anni
La proposta permette di garantire i benefici dell’educazione della prima infanzia a tutti i bambini/e, con conseguenze positive in termini di apprendimento nel lungo periodo. Nella fascia 16-18 anni, la misura favorirebbe in particolare la prevenzione e il contrasto alla dispersione scolastica, consentendo di ridurre il fenomeno dei NEET (giovani che non studiano e non lavorano).

2. Rimodulare il calendario scolastico
Rimodulare il calendario scolastico, con la riduzione da tre mesi di vacanze estive a due (in luglio e agosto), e l’inserimento di pause distribuite in maniera più uniforme durante l’anno scolastico per mantenere, dunque, il numero totale di 200 giorni di lezione. Questo garantirebbe maggiore continuità didattica e relazionale, prevenendo la perdita di competenze e l’abbandono scolastico e favorendo anche una maggiore conciliazione tra cura famigliare e lavoro per i genitori. Un aspetto fondamentale per favorire l’emancipazione e l’occupazione femminile, su cui resta ancora molto da fare nel nostro Paese.

3. Introdurre il “dirigente extra-scuola”
Introdurre la figura di un/una dirigente del “tempo extra-scuola”, incaricata del potenziamento delle attività extracurricolari, in collaborazione con il Terzo Settore. La proposta di inserire una figura specifica nasce dalla necessità di attribuire maggiore rilevanza e spazio di operatività all’extra-scuola, in collaborazione con la scuola stessa. Obiettivo di questa misura è colmare la carenza di esperienze attive e relazionali, aggravata dalla pandemia, e porre al centro il superiore interesse di bambini/e e ragazzi/e.

Tre proposte attuabili e concrete, che avrebbero conseguenze positive nel breve e lungo termine su un’intera generazione di bambini e ragazzi, e sulla società intera. Come sottolinea il report di WeWorld, infatti, un’educazione di qualità e l’accrescimento delle proprie competenze influisce sul benessere di tutta la società, aumentandone il capitale umano, sociale ed economico.


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