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“Educatori di famiglia”, l’educativa domiciliare guarda al futuro

Lunedì 3 ottobre a Milano la cooperativa sociale La Grande Casa e il suo centro di ricerca, Tarakè, presentano una ricerca-azione sul servizio di Adm e sulle linee guida per il Pei che ne sono scaturite. Un servizio dalle enormi potenzialità, ma usato spesso come una utilitaria. Al centro delle riflessioni, le possibilità di lavoro non solo con il minore ma con l'intera famiglia

di Sara De Carli

È un servizio di tutela o di prevenzione? È un lavoro solo con i minori o anche con le famiglie? È un sevizio che nella sua ordinaria quotidianità è banale o eccezionale? Ma prima ancora, cos’è oggi il servizio di Adm-assistenza domiciliare minori? E quale potrebbe essere il suo futuro?

Lunedì 3 ottobre a Milano il convegno “Educatori di famiglia” presenterà i risultati della ricerca-azione sul servizio di educativa domiciliare nella cooperativa sociale La Grande Casa, le linee guida per la stesura del Pei e l’utilizzo del Pei digitale. A fare da fil rouge, due grandi questioni: come accompagnare gli educatori a un cambio di sguardo e quali sono le potenzialità future per il servizio. L’appuntamento è il 3 ottobre, dalle 9 alle 13, alla Fondazione Culturale San Fedele.

Un servizio che potrebbe essere una Ferrari, ma usato come un’utilitaria: è l’educativa domiciliare e territoriale, nota anche come Adm-assistenza domiciliare minori. La Grande Casa e Tarakè, il suo centro di ricerca, hanno voluto dedicarvi una ricerca-azione curata dall’Università Cattolica. La cooperativa sociale lavora da più di trent’anni nelle provincie di Milano, Monza e Brianza, Como e Lecco: nel 2021 con i suoi servizi territoriali diurni ha seguito quasi 450 bambini e ragazzi.

«L’educativa domiciliare e territoriale è spesso un servizio poco valorizzato, visto quasi come qualcosa di “banale” nella sua quotidianità. Le famiglie invece sono sempre più multiproblematiche e serve una preparazione professionale adeguata, supportata da formazione costante e supervisione, cose che nei bandi non vengono riconosciute e che noi garantiamo a carico della cooperativa», racconta Vincenza Nastasi, responsabile di Tarakè. «Invece questo servizio, per la sua territorialità, quotidianità, flessibilità, ha potenzialità enormi, tali per cui potrebbe diventare nei prossimi dieci anni il nostro servizio di punta, a patto di innovarlo».

Da qui la scelta di avviare il percorso di ricerca-azione per indagare le criticità attuali del servizio ma anche le vie per migliorarne l’impatto sociale. La ricerca ha coinvolto 25 educatori e coordinatori, tre famiglie e sei assistenti sociali. «La ricerca pedagogica è una leva importante per l’innovazione: essa per definizione trasforma la pratica, altrimenti è un’analisi sociopedagogica», afferma Cristina Balloi, la ricercatrice dell’Università Cattolica che ha coordinato l’analisi. Questo lavoro, con le linee guida per la stesura del Pei-Progetto educativo individualizzato che ne sono conseguite, «ha già mutato la dimensione organizzativa della cooperativa e la consapevolezza degli educatori rispetto all’impatto sociale del loro lavoro, ad esempio tramite l’inserimento della valutazione dei risultati nel tempo, che non significa “dare un voto alla famiglia” ma fare il punto di un percorso». Linee guida così, aggiunge Elisa Salvadori, socia volontaria di La Grande Casa, «non sono indicazioni formali da seguire per non sbagliare, ma il documento ufficiale, costruito insieme, che dice cos’è l’adm alla Gande Casa: sono la cornice pedagogica di senso dentro cui tutti gli strumenti di lavoro si inseriscono».

Uno snodo cruciale della ricerca ha riguardato la riflessione sul lavoro con le famiglie, da cui anche il titolo del convegno: un aspetto «che dovrebbe sempre più connotare l’educativa domiciliare, perché la sua efficacia passa da lì», conclude Balloi.


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