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Politica & Istituzioni

Roma approva il regolamento per l’amministrazione condivisa

«Con questo regolamento - spiega a Vita Andrea Catarci, assessore comunale alle Politiche del Personale, al Decentramento, alla Partecipazione e Servizi al Territorio - vogliamo permettere alla cittadinanza che si prende già cura del nostro territorio, di uscire da un sistema paludoso di mancanza di regole, di entrare in un circuito virtuoso di relazione con l’istituzione locale nella logica dei Patti di collaborazione»

di Agnese Palmucci

Cambiare Roma insieme. Ma insieme per davvero. A questo servirà il Regolamento per l'Amministrazione condivisa dei Beni comuni, approvato in Giunta capitolina lo scorso 24 novembre. Dopo anni di impegno da parte delle associazioni della società civile, come Labsus, e di proposte bocciate dal Campidoglio, finalmente il primo passo istituzionale per dotare anche Roma di una cornice normativa per le iniziative civiche di gestione dei beni comuni. «Con questo regolamento – spiega a Vita Andrea Catarci, assessore comunale alle Politiche del Personale, al Decentramento, alla Partecipazione e Servizi al Territorio – vogliamo permettere alla cittadinanza che si prende già cura del nostro territorio, di uscire da un sistema paludoso di mancanza di regole, di entrare in un circuito virtuoso di relazione con l’istituzione locale nella logica dei Patti di collaborazione». Il testo del Regolamento è stato frutto di un «percorso partecipativo iniziato a febbraio del 2022», ha aggiunto Catarci, «fatto di incontri pubblici con le associazioni che promuovono cittadinanza attiva, e di centinaia di proposte di modifica pervenute dalla società civile». Nelle prossime settimane i Municipi romani formuleranno i loro pareri sulla legge, che poi verrà esaminata nelle commissioni consiliari e solo in ultimo arriverà sul tavolo dell’Assemblea capitolina, che potrà approvarla in via definitiva.

Assessore, cosa cambierà per i cittadini?
«Con il Regolamento vogliamo dare una cornice e uno stimolo per far sì che si sviluppino al meglio le potenzialità della cittadinanza attiva. Questo è l’obiettivo: lavorare in sinergia con istituzioni e cittadini, per contribuire alla cura del Beni comuni della nostra città. Parliamo di una attività, quella della società civile, che è già un elemento presente e vitale per Roma, perché le associazioni si prendono già cura, in autonomia, di tante porzioni del nostro territorio. Con questo Regolamento vogliamo legare gli spunti positivi dei cittadini con le possibilità dell'amministrazione locale, nella logica di “patto”. Ci si incontra, si fa un accordo, si stabiliscono le responsabilità, ma dentro un sistema di norme. Con i Patti l’amministrazione di fatto non assegna beni di alcun tipo, non si fanno concessioni ai cittadini, ma si lavora insieme per perseguire obiettivi condivisi sulla base di attività volontarie».

Il Regolamento definisce all’articolo 2 gli ambiti in cui si potranno stipulare i Patti di collaborazione. La novità è sicuramente il riferimento ai “beni comuni immateriali”…
«Sì, abbiamo voluto che fossero oggetto di Patti, accanto ai beni comuni materiali come possono essere un giardino o una piazza, anche quelli immateriali. La nostra è una innovazione, perché altri Regolamenti non lo prevedono. Per noi i beni oggetto di cura non sono solo quelli materiali, immediatamente tangibili, ma anche, ad esempio, la memoria storica o un bene culturale… Vorremmo che fossero stipulati Patti anche su beni in cui si ravvisa una dimensione di valorizzazione dell'anima della città e non solo del suo corpo. Tra i “beni comuni” abbiamo poi voluto inserire anche i tetti. Perché i tetti? Perché pensiamo che il lavoro sulle comunità energetiche sia solo all’inizio, e nel contesto attuale di crisi, i Patti possono essere uno strumento anche per produrre energia pulita per tutti».

Per noi i beni oggetto di cura non sono solo quelli materiali, immediatamente tangibili, ma anche, ad esempio, la memoria storica o un bene culturale… Vorremmo che fossero stipulati Patti anche su beni in cui si ravvisa una dimensione di valorizzazione dell'anima della città e non solo del suo corpo

Quali sono le altre peculiarità di questo testo rispetto a quello di altre città?
«Abbiamo previsto, ad esempio, la presenza di un Responsabile unico del procedimento per dare un riferimento fisico ai cittadini, una certezza di relazione dopo che un Patto viene stipulato. E poi anche perché il Patto è “dinamico”, si può implementare con l’ingresso di altri soggetti, con l'acquisizione di altri obiettivi rispetto a quello originario. In più entra in gioco anche la figura del cosiddetto “facilitatore”, necessaria proprio per la complessità della città di Roma. Il loro ruolo è cruciale, sia per far conoscere i Patti, sia per farli attuare. Facilitatori potranno essere i cittadini formati, o pezzi di amministrazione che vengono deputati a favorire i meccanismi di comunicazione con la cittadinanza attiva. Dovremmo riuscire a costituire, insieme alla società civile, delle Scuole di Beni comuni, dei percorsi strutturati di partecipazione attiva, e saranno indispensabili anche campagne di comunicazione pubblica su scala cittadina, con veri e propri promotori civici».

Questo Regolamento include anche la possibilità di partecipazione attiva dei bambini. Cosa significa?
«Anche i bambini e le bambine saranno protagonisti dei processi partecipativi. Volevamo specificare che potranno essere promotori di Patti i cittadini di tutte le età, compresi i minori coordinati da un adulto. Si fa spesso retorica sul fatto che i bambini saranno i cittadini del futuro, ma ci dimentichiamo che sono già cittadini del presente e che non vengono ascoltati quanto dovrebbero».

Qual è stato il coinvolgimento della Società civile nel redigere e approvare il Regolamento?
«Siamo molto contenti di poter dire che questa proposta è stata scandita dai suggerimenti di decine di realtà, associazioni, professori universitari che hanno contribuito alla stesura del Regolamento. Noi abbiamo scelto di partire dal testo che la Coalizione per i Beni comuni nel 2018 ha presentato in forma di iniziativa popolare e che fu bocciata in Campidoglio dall’amministrazione di allora. Ci è sembrato importante ripartire da un lavoro di più di 120 associazioni, un prodotto collettivo. Abbiamo preso quel testo e lo abbiamo inserito in un percorso partecipativo che raccogliesse quante più istanze possibili. Nei prossimi mesi, il Regolamento potrà essere arricchito, modificato o cambiato, con l’intervento di tanti altri soggetti. Speravamo che potesse arrivare ad approvazione definitiva già entro la fine di quest’anno ma abbiamo ampliato la fase partecipativa e per questo andremo un po’ oltre con i tempi. Sono certo che nei primi mesi del 2023 il Regolamento vedrà la luce in Assemblea capitolina».

Roma aspettava da anni questa norma, che altre città hanno da anni. Che valore avrà per la Capitale?
«Io penso che il valore vero lo daranno i cittadini con i Patti che stipuleranno, perché il Regolamento è uno strumento che fa da cornice. È un investimento importante che Roma fa nel rapporto con la cittadinanza. Noi siamo convinti che il lavoro che si può fare a livello istituzionale per migliorare la città sia davvero tanto, ma il cambiamento di cui ha bisogno la città non si ottiene solo per i livelli istituzionali. Serve un meccanismo che coinvolga e valorizzi tutte le energie vitali. Quindi il messaggio che vorremmo che passasse è che Roma è il bene comune di tutti noi e la possiamo migliorare ciascuno dalla propria posizione».


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