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Cooperazione & Relazioni internazionali

Sudan: occorre tenere alta la guardia per scongiurare una nuova guerra tra Nord e Sud

di Giulio Albanese

La settimana scorsa è stata diramata la notizia che la regione sudanese di Abyei, contesa tra il governo di Khartoum e gli ex ribelli del Movimento di Liberazione Popolare del Sudan (Splm), sarà assegnata dalla Corte Internazionale dell’Aja con verdetto definitivo e vincolante. Lo hanno deciso le due delegazioni sudanesi in un incontro a Washington, concordando sul fatto che il parere dell’Aja sarà considerato “definitivo e vincolante”. Detto questo, il rischio che possa esplodere una nuova guerra nelle regioni meridionali del Sudan, che andrebbe ad aggiungersi all’ancora irrisolta crisi darfuriana, è sempre in agguato. Proprio ieri ho letto sulla Reuters una dichiarazione di un portavoce dello Splm, un certo Yasir Arman, secondo cui non vi sarebbero “progressi significativi” tra le due parti in riferimento all’organizzazione delle elezioni generali nel Sud Sudan previste nel febbraio 2010 e il successivo referendum per l’autodeterminazione di quei territori, nel gennaio 2011. Come al solito l’oggetto del contenzioso è rappresentato dall’oro nero, una disputa acuitasi a seguito della divulgazione da parte di Khartoum nel mese di aprile, dei risultati del censimento della popolazione sudanese, duramente contestati da Juba. A questo proposito lo Splm accusa il governo sudanese di averli manipolati, riducendo il numero degli abitanti che popolano le regioni meridionali per non dover dividere i proventi del petrolio. La situazione è molto delicata considerando che l’anno scorso oltre 50 mila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni nella regione di Abyei, a causa degli scontri armati tra le opposte fazioni. Personalmente, lo dico con franchezza ai lettori di questo blog, mi conforta l’impegno profuso dal mediatore statunitense Scott Gration che la settimana scorsa ha organizzato la riunione di Washington, assieme ai rappresentanti di altri 20 Paesi. Nominato direttamente dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, Gration è fautore di un processo di distensione in Sudan al fine di consolidare gli accordi di pace globale firmati nel gennaio del 2005 a Nairobi tra governativi e sudsudanesi. La prudenza è comunque d’obbligo, considerando soprattutto che la Corte dell’Aja ha emesso un mandato di cattura nei confronti del presidente sudanese Omar Hassan El Bashir, per le sue presunte responsabilità nel conflitto che dal 2003 insanguina il Darfur. Da questo punto di vista è importante che la diplomazia internazionale tenga alta la guardia. Anche perché il nostro ragionamento sul Sudan non può comunque prescindere dal ruolo di Pechino che è il principale partner di Khartoum nel business petrolifero. C’è solo da augurarsi che il buon senso prenda prima o poi il sopravvento perché il popolo sudanese, soprattutto la povera gente, non chiede altro che vivere in pace.


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