Welfare & Lavoro

Guida non autorizzata al questionario Istat

di Flaviano Zandonai

Sto compilando il questionario Istat per il nuovo censimento delle istituzioni non profit. Un appuntamento cruciale che colmerà un buco informativo di dimensioni ragguardevoli. Non tanto in termini temporali (sono i canonici dieci anni che intervallano un censimento da un altro), ma per quello che è successo sul fronte dello sviluppo e soprattutto della segmantazione interna al settore. Mutamenti che questa rilevazione estensiva – fatta alla vecchia maniera cioè contattando ogni singola organizzazione – sarà chiamata a cogliere.

Ci vuole però impegno. Alcune domande sono toste soprattutto se chi risponde non conosce bene l’organizzazione. Domanda 19: suddividere tutti i lavoratori retribuiti in categorie professionali distinguendo tra maschi e femmine. Sezione 4: distribuire percentualmente le risorse economiche per modalità di approvvigionamento (sussidi pubblici, contratti di fornitura, donazioni da privati, proventi finanziari, ecc.). Domanda 29.1: indicare il numero di beneficiari delle attività nei vari settori di intervento. Se l’organizzazione è di grandi dimensioni, pluriservizio e magari dislocata territorialmente il compito si fa arduo, pur riconoscendo la bontà dell’obiettivo. C’è anche qualche domanda un pò ambigua, ad esempio la numero 27 che chiede di indicare l’obiettivo generale delle attività distinguendo tra tutela dei diritti, sostegno a soggetti deboli e cura dei beni collettivi. Difficile rispondere e quindi facile buttar lì una crocetta.

Che immagine esce del non profit dal questionario? Gli strumenti di rilevazione, si sa, non sono neutrali. La loro costruzione, anche nel caso di censimenti estensivi, si basa su ipotesi e quindi sull’enfasi posta su alcuni temi (e non su altri). I questionari poi sono ancora più espliciti perché “grigliano i dati”, ti costringono – salvo l’ancora di salvezza della voce “altro” – a utilizzare risposte predefinite. Prima ancora di vedere i contenuti, ecco quindi le ipotesi che traspaiono dalla sequenza di domande:

– le organizzazioni non profit preferiscono operare su base locale e attraverso reti di collaborazione;

– la variabile di genere qualifica il capitale umano che, a vario titolo, è coinvolto in queste organizzazioni;

– le risorse provengono da una pluralità di fonti e attraverso la gestione di progetti;

– le attività sono differenziate e spesso gestite da diverse unità locali sul territorio.

Proseguo nella compilazione. C’è ancora tempo perché la scadenza è fissata per il prossimo 20 ottobre.


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