Politica & Istituzioni

I Conti della Corte

di Franco Bomprezzi

Per fortuna esistono ancora gli italiani dalla schiena dritta. Nel giorno in cui il gruppo dei Grandi Giornalisti Italiani si tuffa sul pallone della bocciatura dell’articolo 1 del rendiconto generale dello Stato, e si dedica all’esercizio del vaticinio sulla durata del governo Berlusconi, ovviamente passa quasi del tutto inosservata una notizia clamorosa, che di per sé dovrebbe comportare un voto di fiducia, in questo caso sui contenuti della politica economica e fiscale. Sto parlando del parere severo, che assomiglia a una condanna senza riserve, quasi sprezzante per chiarezza e durezza, emesso dalla Corte dei Conti, non di propria spontanea iniziativa, ma perché appositamente richiesto dalla Commissione Finanze della Camera, che sta esaminando il disegno di legge delega della riforma fiscale e assistenziale. E’ un testo magistrale per completezza, lucidità di analisi, severità, ma perfino capacità di collocare storicamente le scelte di politica assistenziale del nostro Paese. La scelta sciagurata del ministro Tremonti di legare il contenimento massiccio della spesa pubblica proprio all’attuazione della riforma fiscale e assistenziale viene vivisezionata e stroncata, in punta di diritto, ma anche di conti economici. Una operazione chirurgica e spietata, ma che restituisce, in poche pagine, dignità e speranza ai tanti che in questi mesi avevano puntualmente e drammaticamente denunciato la pericolosità di un approccio contabile, teso unicamente a mettere sulla carta un risparmio imponente, tanto notevole da risultare, in realtà, l’elemento determinante della manovra di ferragosto, quella che aveva il compito di acquietare i mercati e di tranquillizzare la Banca Centrale Europea.

Se l’analisi della Corte dei Conti, notoriamente composta da membri autorevoli e indipendenti, è esatta e corrisponde alla realtà, questo comporta come conseguenza politica inevitabile l’abbandono immediato di quella scelta, sbandierata come “rigorosa” da parte del Governo e del suo superministro. Si dovrà ripartire da capo, da zero. Ma la conseguenza micidiale non potrà essere che la rimessa in discussione delle cifre complessive della manovra. Quei quaranta miliardi non sono soltanto “aleatori”. Non ci sono e non ci saranno mai.

La Fish, federazione italiana per il superamento dell’handicap, ha colto immediatamente la portata esplosiva di questo parere . Riporto solo un passaggio, particolarmente significativo:

“Nella spesa sociale ci sarebbe ben poco da risparmiare, secondo la Corte: “i risparmi effettivamente conseguibili su una spesa che nel complesso ammonta a poco meno di 30 miliardi di euro, se limitata al comparto dell’assistenza (pensioni e indennità di accompagno per gli invalidi civili, pensioni di guerra, pensioni sociali, integrazioni al minimo, prestazioni di maternità, assegni familiari,…), e che comunque non dovrebbe superare i 40 miliardi, se estesa ad alcune aree al confine con la previdenza (pensioni di reversibilità, in particolare), dovrebbero risultare relativamente limitati”. Poco praticabile sarebbe l’applicazione di limiti reddituali e patrimoniali per la concessione dell’indennità di accompagnamento e per le pensioni di invalidità. “D’altra parte, – annota la Corte – non si può ignorare che in molti casi si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una politica ‘nascosta’ di contrasto alla povertà, compensativa di un’offerta di servizi non sempre adeguata e uniformemente distribuita sul territorio. E, conseguentemente, non appare irragionevole attendersi che i risparmi di un riordino possano risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati ad una prevedibile impennata del fenomeno della non-autosufficienza”.

Luigi Mazzillo, Enrico Flaccadoro, Massimo Romano: ecco i nomi dei tre relatori della Corte dei Conti, che firmano il loro parere assieme al presidente Luigi Giampaolino. Bene, se nei prossimi mesi potremo riprendere, con maggiore serenità, il cammino per una autentica riforma dell’assistenza, che parta, magari, dalla definizione dei livelli essenziali, come vuole la Costituzione, una parte non indifferente del merito andrà di diritto a questi servitori dello Stato. Grazie.


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