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Il capitalismo? Come prima, anzi un po’ peggio

di Riccardo Bonacina

Giulio Tremonti ha dato della “testa di c…zo” a un giornalista di Bloomberg, e un giorno sì e l’altro pure, se la prende con giornali e giornalisti che invece di raccontare i fenomeni reali stanno ancora ad ascoltare “le favole nordiche”, intendendo con questa espressione le sirene del capitalismo anglo-americano. Forse, Tremonti, poteva scegliere un’espressione più gentile, ma nella sostanza mi pare che l’epiteto, tramite il collega di Bloomberg, sia meritato dalla stampa in genere e in particolare dai giornalisti economici sempre più simili a tante Alice nel paese delle meraviglie. Basti guardare a come la stampa economica abbia in questi giorni dato conto del bollettino trionfale riguardante la trimestrale di Goldman Sachs. Praticamente a nessuno è venuto in mente di farsi qualche domanda. Perciò lo facciamo noi, anche se non esperti. Per fare le domande tutti sono titolati.

Cosa è successo in poco più di 6 mesi, da quando nel dicembre scorso Goldman Sachs Group  annunciò la chiusura del quarto trimestre con una perdita di 2,12 miliardi di dollari e il taglio di 2.500 posti di lavoro  (su 30.067 addetti) con il risultato peggiore dal suo sbarco in borsa nel 1999, ad oggi quando lo scorso 14 luglio Goldman ha annunciato il risultato migliore della sua storia? La chiusura del secondo trimestre 2009 con un utile netto di 3,44 miliardi di dollari,l’utile trimestrale più alto nella storia della banca d’affari newyorchese. È successo che nel frattempo Goldman ha ottenuto in via diretta 10 miliardi di dollari di aiuti dal Tarp, il fondo per il salvataggio finanziario (in ottobre il Governo americano ha investito 300 miliardi di dollari nelle banche e ne ha garantito il debito a breve per altri mille miliardi di dollari) e che ha goduto di crediti pubblici agevolati per 28 miliardi di dollari per fronteggiare la crisi. Non solo, ma tramite Aig (il colosso delle assicurazioni nazionalizzato nel settembre scorso dal governo Usa) ha avuto altri 20 miliardi di dollari di sostegni pubblici sia pure per via indiretta. Interessante, a questo proposito, leggersi il resoconto del 13 marzo scorso quando i vertici di Aig, cedendo alle pressioni del Congresso americano, hanno reso pubblica la lista delle banche e delle istituzioni finanziarie che hanno tratto beneficio dai 170 miliardi di dollari ricevuti dal Tesoro Usa per evitare il fallimento. Si tratta di coperture per titoli azionari (credit default swap, collateralized debt obligations, ect.). Insomma un utile record, quello del secondo trimestre 2009 fatto tutto sulle spalle delle misure pubbliche di salvataggio. Eppure le 21 grandi banche che hanno ricevuto complessivamente 211 miliardi di dollari di fondi dalla Fed, lungi dall’aumentare il credito all’economia, lo hanno invece ridotto del 6% fra gennaio e febbraio, di 16 miliardi di dollari. E il calo dei prestiti alle imprese è stato addirittura del 24%. Fra gli istituti che hanno impresso la stretta più severa agli impieghi, proprio Goldman Sachs. Avendo poi rimborsato i 10 miliardi dei fondi del Tarp (grazie ad altri fondi pubblici girati da Aig) e quindi venuti meno i tetti salariali imposti dal governo, Goldman anche quest’anno ha potuto accantonare 11,4 miliardi di dollari nel primo semestre del 2009 per poter pagare i bonus d’ oro. Si calcola che la cifra permetta a ogni dipendente di ricevere in media, solo per la prima metà dell’ anno, 386mila dollari.  Il doppio di quello dello scorso anno che è stato di 129mila dolari, con bonus da favola, come quelli pagati al management nel 2008. Lloyd Blankfein numero uno di GS nel 2008 ha avuto una remunerazione di 63,2 mln di dollari, Gary Cohn direttore generale di GS stipendio più bonus 61,3, David Vilniar direttore finanziario “solo” 34,9 mln di dollari! Nel settembre scorso nel pieno della crisi, molti si sono cheisti: la crisi segnerà la fine del capitalismo americano come noi l’abbiamo conosciuto? Oggi ci pare di poter rispondere così: si prepara una versione ancor peggiore. Resta da capire, ma anche qui le domande latitano, perché un Governo che doveva portare al cambiamento più radicale sembra ripetere gli errori fatali dell’esecrata amministrazione Bush? Perché cambia il Governo ma non è cambiata la pressione lobbistica (chiamiamola pure “cricca”), con buona grazia delle nuove regole introdotte da Barack Obama. Sia il nuovo ministro del Tesoro Tim Geithner che il consulente economico di Obama Larry Summers sono protegés di Robert Rubin, ex ministro del Tesoro di Bill Clinton ed ex capo di Goldman Sachs, e fino all’altro giorno consigliere di amministrazione “speciale” di Citigroup. Colui che è stato pagato 140 milioni di dollari in 10 anni per aver portato Citigroup al fallimento. Da Goldman vengono anche il sottosegretario di Geithner e il nuovo capo della Fed di New York, William Dudley.


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