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Politica & Istituzioni

Caro Bersani, caro Fini, ma non siamo mica dei coglioni

di Riccardo Bonacina

Allora, ieri sera nella trasmissione che Aldo Grasso ha argutamente bollato come “la tv della nuova unità nazionale”, ovvero il tutti contro Berlusconi, il programma di Fazio e Saviano “Vieni via con me” su Raitre, sono andate in scena le performance di Bersani e Fini, ovvero la loro (pessima del resto) lettura dei valori della sinistra e dei valori della destra.

Vi allego qui il testo letto dai due, una paccottaglia di banalità e di luoghi comuni (ma che autore avrà mai scritto questo succo di vecchie retoriche?) perchè ciascuno di voi se ne faccia un’idea personale. La mia è che le due liste, attingano alle retoriche novecentesche evitando, una volta di più (che povere leadership abbiamo), di mettersi alla prova della realtà e dei suoi veri temi. De resto come cantava il grande Giorgio Gaber in una canzone scritta nel 1978, dopo l’uccisione di Aldo Moro: “Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra”. Purtroppo, giunto Berlusconi al capolinea, questo è il nuovo che avanza, l’assenza di pensiero, di visione, di realtà, e a me fa già paura. Se volete rifarvi la bocca, alla fine il link alla canzone di Gaber.

BERSANI “La sinistra è l’idea che se guardi il mondo con gli occhi dei più deboli puoi fare davvero un mondo migliore per tutti. Abbiamo la più bella Costituzione del mondo. La si difende ogni giorno e il 25 aprile si fa festa”. Inoltre “nessuno può stare bene da solo. Stai bene se anche gli altri stanno un po’ bene. Se pochi hanno troppo e troppi hanno poco l’economia non gira perché l’ingiustizia fa male all’economia. Ci vuole un mercato che funzioni, senza monopoli, corporazioni e posizioni di dominio. Ma ci sono beni che non si possono affidare al mercato: la salute, l’istruzione, la sicurezza. Il lavoro non è tutto, ma questo può dirlo solo chi il lavoro ce l’ha. Il lavoro è la dignità di una persona. Sempre. E soprattutto quando hai trent’anni e hai paura di passare la vita in panchina. Ma chiamare flessibilità una vita precaria è un insulto. E allora un’ora di lavoro precario non può costare meno di un’ora di lavoro stabile”.

“Chi non paga le tasse mette le mani nelle tasche di chi è più povero di lui. E se 100 euro di un operaio, di un pensionato o di un artigiano pagano di più dei 100 euro di uno speculatore, vuole dire che il mondo è capovolto. Davanti a un problema serio di salute non ci può essere né povero né ricco, né calabrese né lombardo né marocchino. L’insegnante che insegue un ragazzo per tenerlo a scuola è l’eroe dei nostri tempi. Indebolire la scuola pubblica vuol dire rubare il futuro ai più deboli”. E ancora: “La condizione della donna è la misura della civiltà di un Paese. Calpestarne la vita è l’umiliazione di un Paese”.

“Dobbiamo lasciare il pianeta meglio di come l’abbiamo trovato perché non abbiamo il diritto di distruggere quello che non è nostro. E l’energia va risparmiata e rinnovata sgombrando la testa da fanta-piani nucleari. Il bambino figlio di immigrati che è nato oggi non è né immigrato né italiano. Dobbiamo dirgli chi è. Lui è un italiano. Se devo morire attaccato per mesi a mille tubi, non può deciderlo il Parlamento. Perché un uomo resta un uomo con la sua dignità anche nel momento della sofferenza e del distacco. C’è un modo per difendere la fede di ciascuno, per garantire le convinzioni di ciascuno, per riconoscere la condizione di ciascuno. Questo modo irrinunciabile si chiama laicità. Per guidare un’automobile, che è un fatto pubblico, ci vuole la patente, che è un fatto privato. Per governare, che è un fatto pubblico, bisogna essere persone perbene, che è un fatto privato”.

“Infine chi si ritiene di sinistra, chi si ritiene progressista deve tenere vivo il sogno di un mondo in pace, senza odio e violenza, e deve combattere contro la pena di morte, la tortura e ogni altra sopraffazione fisica o morale. Alla fine, essere progressisti significa combattere l’aggressività che ci abita dentro; quella del più forte sul più debole, dell’uomo sulla donna, di chi ha potere su chi non ne ha. E’ prendere la parte di chi ha meno forza e meno voce”.

FINI “Per la destra è bello, nonostante tutto, essere italiani perché è un piccolo privilegio, a Milano come a Palermo la nostra patria ha un patrimonio paesaggistico e culturale che il mondo ci invidia. Anche per questo, anche nel 2010, essere di destra vuol dire innanzi tutto amare l’Italia, avere fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, di lavorare onestamente e pensare senza egoismi al futuro dei propri figli, di essere solidali e generosi, perché per la destra sono generosi innanzi tutto i nostri militari che in Afghanistan ci difendono dal terrorismo, come lo sono le centinaia di migliaia di nostri connazionali che ogni giorno e gratis fanno volontariato per aiutare gli anziani, gli ammalati, i più deboli”.

La destra ritiene “solidali e quindi meritevoli di apprezzamento le imprese e le famiglie che danno lavoro agli immigrati onesti, i cui figli domani saranno anch’essi cittadini italiani perché la patria non è più solo terra dei padri. Ma oggi nel 2010, per crescere insieme unito, il nostro popolo non può confidare solo sulla sua proverbiale e generosa laboriosità, gli italiani hanno bisogno di istituzioni politiche autorevoli, rispettate, giuste. Per questo destra vuol dire senso dello Stato e dell’etica pubblica, cultura dei doveri. Per la destra lo Stato deve essere efficiente ma non invadente, spendere bene il denaro pubblico senza alimentare burocrazie e clientele, per la destra solo lo Stato deve garantire che legge è uguale per tutti, che deve combattere gli abusi e il malcostume, deve valorizzare l’esempio degli italiani migliori. Per questo bisognerebbe insegnare fin dalla scuola che due magistrati come Falcone e Borsellino sono davvero eroi e che sarà grazie al loro sacrificio che un giorno la nostra Italia sarà più pulita, più libera, più bella, più responsabile, attenta al bene comune, più consapevole della necessità di garantire che chi sbaglia paga e chi fa il suo dovere viene premiato”.

“La destra sa che senza autorevolezza e buon senso delle istituzioni, senza autorità della legge, senza democrazia trasparente ed equilibrata nei suoi poteri non c’è libertà ma anarchia, prevalenza dell’arroganza e furbizia a discapito dell’uguaglianza dei cittadini. Per la destra l’uguaglianza tra i cittadini va garantita nel punto di partenza, al Nord come al Sud, a uomini e donne, ai figli degli imprenditori, degli impiegati e degli operai. Da questa vera uguaglianza delle opportunità la destra vuol costruire una società in cui merito e capacità siano i soli criteri per selezionare una classe dirigente. La destra vuole un paese in cui chi lavora di più, e meglio, viene pagato di più, un paese in cui chi studia va avanti, in cui chi merita ottiene maggiori riconoscimenti”.

E ora rifacciamoci la bocca con GABER


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