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L’Italia in guerra, io dico no

Editoriale di Riccardo Bonacina sulle azioni militari nel paese libico

di Riccardo Bonacina

E così, senza discussione e alcun dibattito, l’Italia è ancora una volta in guerra. Una guerra che arriva, nella nostra storia recente, dopo l’intervento fallimentare in Somalia sotto l’egida Onu (Restore Hope, 1992-1994) ; in Bosnia sotto l’egida Nato (1999); in Afghanistan sotto l’egida Onu e Nato (2001 e tutt’ora in corso); in Iraq in una forza multinazionale sotto l’egida americana e in forza di una risoluzione Onu (2003 e tutt’ora in corso). Chi ci segue sa della nostra contrarietà alle guerre anche quando queste abbiano la presunzione di esportare la democrazia, e con essa i propri grevi interessi. Ebbene, l’operazione militare che da ieri vede coinvolto il nostro Paese a me pare ancor più assurda e irragionevole delle precedenti.

C’è qualcosa di sbagliato, a partire dal nome, “Odissea all’alba” l’hanno nominata anche se è stata lanciata alle 17,45, cioè al tramonto. L’operazione, infatti sarebbe dovuta partire l’alba di oggi, invece prima dello scadere dell’ultimatum dato a Gheddafi e prima che si fosse consumato del tutto il Summiti di Parigi, si è dato l’ordine di attacco, si è deciso un intervento militare dalle conseguenze incerte. Queste le più evidenti anomalie di una Guerra che è iniziata senza nessun dibattito internazionale e interno.

Si tratta di un intervento militare al di fuori di qualsiasi copertura legale internazionale, il Summit di Parigi di ieri è una pura copertura mediatica non legale. Protagonista una “Coalizione dei volonterosi” frettolosa e improvvisata. Guidata da Usa, Francia e Gran Bretagna vi hanno aderito ad oggi Canada, Danimarca, Belgio, Spagna e Italia con la messa a disposizione di caccia e di basi. L’Italia oltre alla basi ha messo a disposizione 8 aerei: 4 caccia e 4 Tornado. Adesioni ai ”volenterosi” sono giunte anche da Paesi arabi quali Qatar ed gli Emirati arabi uniti (Eau) nonche’ dalla lontana ma sempre presente Australia. Come al solito più che ambigua la posizione della Lega Araba che aveva chiesto  la creazione di una no-fly zone, ma non ha pronunciato parola sull’intervento militare dell’Arabia Saudita nel Bahrein

La Risoluzione Onu. Giovedì 17 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato  la Risoluzione 1973 che non solo contempla una No Fly Zone (divieto di sorvolo aereo) sul territorio libico, ma anche la possibilità di altri interventi militari contro il regime di Gheddafi a tutela della popolazione civile. Si stabilisce un principio che potrà valere anche nel futuro: di fronte all’esigenza di evitare vittime civili, la comunità internazionale è autorizzata ad intervenire in qualunque conflitto interno. Però, la storia e l’attualità ci dimostrano che  qualunque conflitto armato comporta purtroppo anche vittime civili. L’intervento delle “forze di pace” in Iraq e Afghanistan ne hanno fatte a decine di migliaia. Finchè l’Amministrazione Obama ha confidato nella possibilità di una sconfitta di Gheddafi senza necessità di un intervento esterno, ha preferito aspettare nonostante l’agitarsi bellico francese e inglese. Nel momento in cui si è capito che, nella guerra civile e tribale libica, avrebbero presto avuto il sopravvento le milizie fedeli al Colonnello, gli USA sono scesi pesantemente in campo, imponendo al Consiglio di Sicurezza una risoluzione che va ben oltre la No Fly Zone, contemplando anche ulteriori misure militari. La risoluzione ONU ammette ogni genere di azione, tutto in pratica potrà essere bombardato, basterà dire che ciò è servito ad impedire nuove vittime civili. Desta grande preoccupazione come si è arrivati alla Risoluzione 1973. Le Nazioni Unite dovrebbero essere il luogo di soluzione pacifica delle crisi e dei conflitti che nascono nel mondo. In questo caso, si è giunti a deliberare l’intervento armato senza tentare minimamente la via diplomatica. Ed è una prma rilevante e preoccupante novità.

Il fallimento dell’Europa. Nelle ultime settimane l’Europa è stata inetta e impotente. Due membri dell’Ue, la Francia e la Gran Bretagna, hanno adottato una posizione più avanzata di quella di Barack Obama e del suo segretario alla Difesa Robert Gates. La Francia di Nicolas Sarkozy , che è stata il partner privilegiato dei regimi autoritari dell’Africa settentrionale (Mubarak era il vicepresidente dell’Unione Mediterranea, creatura del capo dello Stato francese), è diventata il più autorevole protettore dei ribelli libici. L’Ue si è divisa, come all’epoca della guerra irachena, ma la principale vittima della rottura è stato, in questo caso, l’asse franco-tedesco. La Germania, come è noto, si astenuta sulla Risoluzione Onu e si è messa di traverso contro un’ipotesi di coinvolgimento Nato.

Ma chi sono i ribelli di Bengasi? Come ha notato Sergio Romano: «di loro ignoriamo quasi tutto. Sono l’appendice libica della Fratellanza musulmana? Sono l’ultima incarnazione della Senussia, la congregazione religiosa a cui apparteneva il primo e unico re della Libia post-coloniale? Sono membri di tribù ostili a Gheddafi? Sono giovani democratici, ansiosi di rinnovare le istituzioni del loro Paese?». E quindi chi ha invitato i “Volenterosi” in Libia?

L’Africa non è stata ascoltata e neppure invitata ai colloqui. Il comitato dell’Unione africana sulla Libia ha espresso una netta opposizione a: «ogni intervento militare straniero nel paese quale che sia la forma». Così il presidente mauritano Mohammed Ould Abdel Aziz ha aperto una riunione a Nouakchott, capitale della Mauritania. La situazione in Libia «esige un’azione urgente per una soluzione africana alla gravissima crisi che sta attraversando questo paese fratello», ha detto il presidente mauritano.

Ma se l’Italia ripudia la guerra come recita la Costituzione, è intollerabile che il nostro Paese aderisca a una Coalizione improvvisata e senza chiari obiettivi senza che sia interpellato il Parlamento e senza che il Paese possa discuterne. Ad oggi il Paese può solo rispondere a qualche sondaggio televisivo. Nell’agosto 2008 a Bengasi fu firmato l’accordo di amicizia, partenariato e cooperazione tra il premier italiano, Silvio Berlusconi, e il colonnello Muhammar Gheddafi che tra l’altro stabilisce che l’italia non solo non avrebbe mai più aggredito la Libia ma anche che non avrebbe mai concesso il suo territorio per eventuali aggressioni. Patto sugellato al Quirinale nel giugno 2009!

La macchina della propaganda intanto si è messa in moto, così Gheddafi, che Andreotti e Craxi nel 1986 salvarono dall’attacco di Reagan, e che solo sei mesi fa abbiamo accolto con ogni onore e tappetino a Roma, sarà dipinto, anche se con qualche fatica non essendoci elementi certi, come Milosevic e Saddam. Basta leggere oggi i giornali e i commenti, da Massimo Nava a Eugenio Scalfari.

L’obiettivo degli USA è chiaro: installare finalmente le loro basi militari anche in Libia e controllare dal Sud l’Europa. Il nostro molto molto meno. Intanto sulla Libia piovono centinaia di bombe…per salvare vite umane (sic)!


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