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Cooperazione & Relazioni internazionali

Perù: si dimettono tutti i ministri, l’Onu indaga sull’eccidio degli indios

di Paolo Manzo

Non era mai successo neanche ai tempi di Sendero Luminoso, il gruppo rivoluzionario che negli anni ’80 la fece da padrone, sterminando migliaia di innocenti. Il terremoto politico e diplomatico che ha colpito il Perù sembra davvero non avere precedenti. Prima due mesi sanguinosissimi di proteste degli indios per salvaguardare i propri diritti in Amazzonia, poi il dietrofront del governo, con la revoca dei due decreti presidenziali che secondo gli amerindi, favorivano lo sfruttamento di gas, petrolio e delle foreste amazzoniche. E adesso arrivano le dimissioni in massa di tutti i ministri e l’ammonimento severo delle Nazioni Unite che chiedono urgentemente una commissione d’inchiesta, a partecipazione internazionale, per fare luce sugli scontri, a Bagua, nel nord del paese, tra polizia e indios che hanno prodotto, lo scorso 5 giugno, almeno 36 morti e una sessantina di desaparecidos. La Tiananmen dell’Amazzonia, come è stata prontamente ribattezzata la resistenza delle popolazioni indigene peruviane, sembra essere dunque arrivata ad un punto di svolta. Tutti i ministri hanno infatti messo il loro incarico a disposizione del presidente Garcia. A dichiararlo all’emittente radiofonica RPP il premier in persona Yehude Simon. Si tratterebbe, ha specificato, di “dimissioni etiche” di fronte alla “difficile congiuntura” che attraversa il paese. Lo stesso Simon sarà interpellato il prossimo 24 giugno in Parlamento. Dovrà riferire su quanto in particolare è accaduto a Bagua quando le forze di polizia per porre fine ad un blocco stradale degli indios avrebbero scatenato il massacro, denunciato dalle foto di due operatori umanitari belgi, in parte anticipate dal quotidiano britannico Independent, e mostrate oggi alla Camera dei Comuni, a Londra. Ma anche se il Congresso di Lima ha spazzato via con un’ampia maggioranza le leggi contestate sancendo di fatto la vittoria delle indios la tensione in Perù resta ancora alta. È vero, le 1350 comunità indigene coinvolte negli scontri hanno tolto blocchi stradali e interrotto l’occupazione dei giacimenti petroliferi ma molte questioni devono essere ancora risolte, come per esempio il processo aperto ieri per gli scontri di Bagua contro 61 persone. Tra questi figurano anche due importanti leader delle comunità indigene, Segundo Pizango y Santiago Manuin Valera Santiago Manuin Valera, attualmente ricoverato perché colpito da proiettili vaganti durante gli scontri, entrambi accusati di aver “attentato ai poteri dello Stato e all’ordine costituzionale”. E non c’è pace neanche per Padre Mario Bertolini, il missionario passionista di 70 anni, originario di Ascoli Piceno, da 30 in Amazzonia. Il partito del presidente Garcia, l’Apra, ha inviato, infatti, alla Nunziatura apostolica di Lima un duro messaggio di protesta contro il sacerdote italiano e in Parlamento è stata presentata una mozione di espulsione. L’accusa è delle più infamanti, istigazione alla rivolta e terrorismo. La sua unica colpa, in realtà, è aver dato voce con la piccola emittente radio, la “Voz de Cainarachi” ai poveri e agli indifesi.


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