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Sanità & Ricerca

Vittime del dr Frankenstein

di Noria Nalli

Nei confronti della sclerosi,  mi sento come una vittima della sindrome di Stoccolma. Una parte di me è affascinata dalla mia “sequestratrice”. In particolare mi trovo ad immaginare di essere una scienziata che conduce un esperimento su se stessa. La sm colpisce e rende meno efficaci, un serie infinita di movimenti e abilità del vivere quotidiano. Noi sclerotici sperimentiamo cosa significa vivere con degli handicap e quali sono i comportamenti da adottare per affrontarli. Quando sono stata colpita da una paresi al braccio destro, ho dovuto sperimentare come condurre le normali azioni della mia vita con un solo braccio. Quando la “malvagia” sm mi ha colpito l’udito,  ho sperimentato un mondo dominato da suoni distorti e conversazioni faticose. Spiazzante è stata poi la volta in cui ho perso la sensibilità a livello dei genitali. È stato difficile,  a tratti umiliante, ma l’ho superato e, prima che il cortisone riportasse la mia capacità sensoriale alla normalità, ho sviluppato delle strategie per affrontare la situazione ed ho capito che si può vivere senza troppi problemi anche con quel deficit. Insomma, parlando in termini splatter, conosciamo  bene i “pezzi”del nostro corpo e la loro importanza. Utilizzando sempre un linguaggio poco scientifico, possiamo dire che la bioingegneria in fondo, sta studiando il modo di sostituire o rinforzare le nostre”parti difettose”. Pensando al mio corpo in termini di “pezzi” non potevo non pensare a Mary Shelley e al suo dr Frankenstein, per di più  il mio incedere con le gambe indurite dalla malattia, ricorda il modo di camminare del mostro creato ideato dalla scrittrice inglese. Forse il mio ragionamento sta diventando un po ‘ tortuoso ed è meglio concludere questo post  :insomma possiamo dire che noi sclerotici siamo tutti in attesa di nuovi Frankenstein,  in grado finalmente di liberarci dalla sm e da questa goffa e spiacevole rigidità dei movimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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