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Sport

Le nuove strade impossibili nelle periferie del mondo dei volontari sportivi

di Martino Pillitteri

CSI per il mondo è un'esperienza che continua a crescere. I volontari disposti ad andare in posti sperduti in ambiti di difficoltà sono sempre di più. Il messaggio è arrivato forte e chiaro anche al Parlamento Europeo.

Dalle periferie del mondo, alla capitale dell’Unione Europea, Bruxelles. Una delegazione di volontari del Centro Sportivo Italiano per il mondo ha fatto ieri pomeriggio tappa al parlamento europeo in occasione dell’incontro dedicato al “Linguaggio universale dello Sport” per raccontare i valori e le esperienze che hanno riempito i loro zaini durante i soggiorni in Congo, Kenya, Albania, Cameron, Haiti e Brasile. Massimo Achini, già presidente nazionale CSI, ora alla guida di CSI di MIlano, ci spiega il significato di questo viaggio e quale saranno le prossime tappe.

I vostri volontari hanno detto che sono pronti a ripartire e percorrere nuove strade impossibili. Quali sono?

Abbiamo deciso di perseguire nuove strade impossibili nel mondo dello sport e francamente stiamo andando in molte direzioni: dal valorizzare a tutti costi l’attività giovanile, portare lo sport in ogni contesto di degrado, in contesti complicati, di difficoltà, ma anche aprire dei percorsi di scuole di formazione permanenti per la classe dirigente, e a realizzare il prossimo marzo a Milano l’agorà delle società sportive, un evento che vuole essere il più grande laboratorio di pensiero sulle società sportive. In agenda anche la valorizzazione di Csi per il mondo, un’esperienza che continua a crescere ben oltre le nostre aspettative. Continuiamo ad essere sommersi di richieste di ragazzi che vogliono partire e di paesi che richiedono la nostra presenza.

Qual è il valore aggiunto di CSI per il mondo?

Quando abbiamo iniziato questa esperienza ci siamo chiesti tante volte se valesse la pena portare lo sport in contesti dove non c’è nulla, non c’è scuola, non c’è sanità, non c’è da mangiare.
Nel 2011 abbiamo fatto il primo viaggio a Haiti subito dopo il terremoto, e abbiamo subito capito che lo sport in questi contesti centuplica le sue potenzialità educative e diventa anche un grandissimo acceleratore per progetti di cooperazione che hanno a che fare con l’istruzione e la sanità. Quando arriviamo noi abbattiamo barriere di classi sociali ed etniche. Quando arrivano i nostri ragazzi, le periferie del mondo si riempiono di entusiasmo.

Durante i lavori della conferenza, ho sentito che i vostri volontari sono alla ricerca di nuovi allenatori. A parte che sembravamo già ben allenati e predisposti alle sfide, che tipo di allenatori hanno bisogno?

Si, in effetti i nostri volontari sono allenatissimi. Puntare sui giovani è stata una scommessa vincente. I giovani sorprendono, scardinano gli schemi che abbiamo in testa. Noi siamo rimasti spiazzati dalla capacità di questi giovani di andare a misurarsi con la vita vera.
Quando dicono che sono alla ricerca di allenatori si riferiscono a persone, organizzazioni, istituzioni che possono aiutarli a far vivere queste bellissime esperienze a più giovani.
Noi siamo in sette paesi duranti e l’anno. Non siamo in grado di far crescere e valorizzare questa esperienza contando solo sui nostri mezzi. Abbiamo bisogno di istituzioni dentro e fuori il mondo dello sport che comprendano la bellezza di un servizio come il nostro e che ci diano una mano. In questo senso i nostri giovani si riferiscono ad allenatori che ci diano un sostegno in questa direzione.

Per cui la vostra presenza oggi al Parlamento a Bruxelles è funzionale a questa ricerca e crescita? Si è così. In questa ottica ci ha fatto molto piacere la disponibilità dell’onorevole Silvia Costa, che ci è stata sempre molto vicina. Queste esperienze sono importanti perché permettono ai giovani italiani di cambiare lo sguardo con cui guardano la vita. Come cerchiamo di farlo in Italia, poter venire a scaldare il cuore a Bruxelles, per noi è stato importante perché significa allargare un po’ l’orizzonte e coinvolgere le istituzioni europee.

Qual è il rapporto tra il volontariato e lo sport?

Il link è molto pratico. La più grande forma di volontariato del paese è il volontariato sportivo. Ogni settimana, milioni di persone escono dall’ufficio, mollano tutto per andare al campetto ad allenare i ragazzi. Litigano con la moglie, con il marito, arrivano a casa tardi, le bambine sono arrabbiate, ma nonostante tutto, questa è la più grande forma di volontariato del paese. Lo dicono i numeri ufficiali. Se lo dicessi alla prima persona che incontro per strada essa non ci crederebbe. Per cui il rapporto tra volontariato e sport è strettissimo. E’ quel volontariato che ha una marcia in più. Permette di vivere in intimità delle esperienze che ti segnano per tutta la vita.


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