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Roberta Macrì

L’arcobaleno di colori della vita di una danzatrice in carrozzina

di Gilda Sciortino

Energica, volitiva, fonte di ispirazione lo era anche prima dell’incidente che, nell’agosto del 2011, la rende paraplegica. La carrozzina, però, per la siciliana Roberta Macrì non ha costituito alcun ostacolo alla sua voglia di vivere. Continua, infatti, a danzare, ama interagire sui social con chi la segue con affetto e il prossimo 31 marzo riceverà l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal Presidente Sergio Mattarella

«Ho sempre detto che le cose belle non cadono dal cielo ma, quando ho ricevuto la notizia, ho pensato che forse mi dovevo ricredere. Questo riconoscimento mi dà una gioia immensa e mi spinge a fare sempre di più».

Venerdì 31 marzo Roberta Macrì sarà insignita dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana "per l’impegno nell’affrontare la sua disabilità attraverso lo sport e partecipando ad incontri per trovare soluzioni per abbattere le barriere architettoniche nei territori comunali".

Ha 34 anni Roberta, è originaria di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, ma sembra che ne abbia almeno il doppio e forse più per la saggezza con cui affronta la vita. Lei è la dimostrazione pratica, concreta, reale che le difficoltà possono essere anche fonte di ispirazione, che dagli ostacoli della vita puoi uscire fortificata e pronta a combattere battaglie impensabili: «Tutto è possibile, basta volerlo».

La sua è una storia di dolore che si trasforma in gioia e positività. È l’agosto del 2011 quando, facendo ritorno a casa, rimane coinvolta in un incidente stradale, in seguito al quale rimane paraplegica.

«Ho fatto un volo, sbalzata dall’abitacolo dell’auto – racconta – ma non lo ricordo assolutamente. Mi sono ritrovata con la faccia sull’asfalto e solo allora mi sono accorta che non riuscivo a muovere le gambe. Dietro a quella in cui viaggiavo insieme ad alcun amici, c’era l’auto con un’amica alla quale ho chiesto di chiamare mio padre, ma non se l’è sentita. Ho dovuto farlo io, comunicandogli che non potevo muovere le gambe».

Dopo l’intervento, la comunicazione che, se nei primi mesi non avesse avuto nessuno risveglio da parte del midollo, non avrebbe mai più camminato.

«Una notizia che sinceramente ho preferito ricevere in maniera così diretta e brutale perché così mi sono detta: «Roberta, il pianto te lo sei fatto, ora vedi di riprendere in mano la tua vita».Devo dire grazie a mio padre che mi è sempre stato accanto. Ricordo le sue parole: «Abbiamo sempre superato ogni cosa insieme, supereremo insieme anche tutto questo». È stato un grande stimolo per farcela velocemente e superare quei primi sei mesi; nel proseguo credo di essere stata io a dare sostegno a lui».

Prima dell’incidente, Roberta era la classica organizzatrice di tutte le iniziative della comitiva di amici, il punto di riferimento per consigli e sostegno morale. Dopo quel giorno, forse lo è diventata ancora di più. Chi la incontra o le parla, infatti, è come se venisse colpito da una scarica elettrica di positività. È, inoltre, come se si ritrovasse scaraventato in un caleidoscopio di colori. Il suo biglietto da visita è contraddistinto da tutte le sfumature possibili dell’arcobaleno. Una vita affrescata anche dalla passione per lo sport e la danza.

«Andavo in palestra frequentando i corsi di danza caraibica, la mia grande passione insieme alla salsa che è una delle poche cose che mi mancano della vita precedente. Oggi mi dedico a un genere di danza contemporanea che riunisce diversi stili. Faccio anche parte di diverse compagnie di musical e amo realizzare le coreografie insieme al mio insegnante di danza sperimentando direttamente sul mio corpo. Ne ho realizzata una sulla violenza nei confronti delle donne con disabilità. Durante il periodo del lockdown ho scoperto che è un problema più diffuso di quel che si può pensare. Riflettete solamente su quanta fatica può fare una donna in carrozzina a liberarsi dal suo carnefice. In molte mi chiedono aiuto».

Una domanda che sicuramente molti ti faranno è come si può accettare un evento come quello che ha cambiato il corso della tua vita?

«Se mi avessero posto questa domanda 11 anni fa avrei detto che non sarei mai stata capace di reagire. Ora dico che non è il modo di camminare che fa la felicità di una persona, ma la testa delle persone che ti stanno accanto. Questo, insieme al tuo atteggiamento, fa la felicità. Io oggi continuo a danzare, anzi mi piace ancora di più. Quando parlo con quanti mi chiedono consigli, per rispondere ai quali ho studiato approfondendo per esempio tutta legislazione legata al mondo della disabilità, mi dicono sempre: «Se lo puoi fare tu, posso anch’io». Io mi definisco promotrice di vita e sicuramente riesco a trasmettere questa mia voglia di vincere a dispetto di tutto e tutti».


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