Dati Istat sulla povertà
1,3 milioni di minori in povertà assoluta: un’ipoteca sul futuro dell’Italia
Antonio Russo, portavoce dell'Alleanza contro la povertà, commenta il nuovo rapporto Istat sulla povertà in Italia, che vede 5,7 milioni di persone in povertà assoluta (l'8,4% delle famiglie). L'incidenza della povertà assoluta è minima tra i nuclei di pensionati (5,8%), bassa tra gli over65 (6,7%) e massima tra le famiglie di stranieri (35,2%), quelle con 5 o più componenti (21,2%) e tra i minori (13,8%). «Il dato relativo ai minori è il più alto mai registrato: stiamo ipotecando il futuro del Paese». Ed esprime preoccupazione rispetto all'autonomia differenziata, che allargherà ulteriormente i divari territoriali
Oltre 2,2 milioni di famiglie in condizione di povertà assoluta, pari all’8,4% delle famiglie residenti in Italia. Sono 5,7 milioni di individui, cioè il 9,8% dei residenti. Entrambe le quote risultano stabili rispetto al 2023, quando erano pari rispettivamente all’8,4% e al 9,7%.
Sono gli ultimissimi dati dell’Istat sulla povertà in Italia, relativi al 2024. L’incidenza della povertà assoluta, poi, sale ulteriormente tra alcune tipologie di famiglie, che si rivelano così ancora una volta condizioni di particolare vulnerabilità: tra le famiglie con almeno un componente straniero la povertà assoluta sale al 30,4%, balza al 35,2% nelle famiglie composte esclusivamente da stranieri e scende al 6,2% per le famiglie composte solamente da italiani.
L’incidenza di povertà relativa tra le famiglie, pari al 10,9%, è stabile rispetto al 2023 (era 10,6%): riguarda altri 2,8 milioni di famiglie. In lieve crescita appare l’incidenza di povertà relativa tra gli individui, che sale al 14,9% (era al 14,5% nel 2023), coinvolgendo oltre 8,7 milioni di individui.
L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nel Mezzogiorno (dove sono coinvolte oltre 886mila famiglie, pari al 10,5%), seguita dal Nord-ovest (595mila famiglie, l’8,1%) e dal Nord-est (quasi 395mila famiglie, il 7,6%), mentre il Centro conferma i valori più bassi (349mila famiglie, il 6,5%). D’altra parte, tra le famiglie assolutamente povere, il 39,8% risiede nel Mezzogiorno (38,7% nel 2023) e il 44,5% al Nord (45% nel 2023); il restante 15,7% risiede nel Centro (16,2% nel 2023). La povertà assoluta è stabile anche a livello individuale con l’unica eccezione delle isole dove si registra un significativo aumento, arrivando al 13,4% dall’11,9% del 2023.
La stabilità dell’incidenza di povertà assoluta si osserva per tutte le fasce di età: fra i minori si conferma al 13,8% (quasi 1,3 milioni di bambini e ragazzi) – il valore più elevato della serie storica dal 2014 – e fra i giovani di 18-34 anni all’11,7% (pari a circa un milione 153mila individui); per i 35-64enni si mantiene invariata al 9,5%, anch’esso valore massimo raggiunto dalla serie storica, e fra gli over 65 al 6,4% (oltre 918mila persone).
L’intensità della povertà assoluta, che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia mediamente al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”), si conferma stabile a livello nazionale (18,4%), nel Nord (18,5%, con valori pari al 19,1% nel Nord-ovest e 17,6% nel Nord-est) e nel Centro (18,0%), mentre nel Mezzogiorno si segnala un incremento: le stime salgono al 18,5% dal 17,8% del 2023.
Nei comuni piccoli (fino a 50mila abitanti) non periferici delle aree metropolitane, l’incidenza di povertà assoluta è più elevata (8,9%); seguono i comuni sopra i 50mila abitanti e i periferici delle aree metropolitane) (8,0%) e, infine, i comuni centro di area metropolitana (7,8%). Tuttavia, nel Mezzogiorno e al Nord sono i comuni centro di area metropolitana a registrare i valori più elevati (rispettivamente 12,5% e 8,2%), mentre al Centro l’incidenza più elevata è quella nei comuni più piccoli non periferici delle aree metropolitane (7,9%).
L’incidenza di povertà assoluta si conferma più alta tra le famiglie ampie: raggiunge il 21,2% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,2% tra quelle con quattro, per scendere all’8,6% tra le famiglie di tre componenti. Tra le coppie con tre o più figli, quasi una su cinque è in povertà assoluta (19,4%) e anche per le famiglie di altra tipologia, dove spesso coabitano più nuclei familiari e/o sono presenti membri aggregati, l’incidenza è superiore alla media (15,7%); in povertà assoluta più di una famiglia su 10 tra quelle monogenitoriali (11,8%). La povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento con almeno 65 anni risulta più contenuta (6,7%) rispetto a quelle con persona di riferimento più giovane (l’incidenza supera il 10% tra le famiglie con persona di riferimento di età non superiore ai 54 anni e si attesta al 7,3% tra le famiglie di 55-64enni) ed è particolarmente bassa tra le coppie con persona di riferimento anziana (4,4%, due punti percentuali inferiore a quelle delle coppie più giovani che, tra il 2023 e il 2024, hanno mostrato anche un peggioramento). In generale, si conferma una relazione inversa fra il valore dell’incidenza e l’età della persona di riferimento, anche per effetto della minore propensione al risparmio delle famiglie più giovani.
L’incidenza della povertà assoluta diminuisce al crescere del titolo di studio della persona di riferimento. Tra le famiglie con persona di riferimento occupata, l’incidenza di povertà nel caso sia lavoratore dipendente è pari all’8,7%, salendo al 15,6% se si tratta di operaio; tra le famiglie con persona di riferimento lavoratore indipendente, i valori più elevati dell’incidenza si registrano per le famiglie di indipendenti che non sono imprenditori né liberi professionisti (7,4%). Infine, tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro l’incidenza si conferma al 5,8%, mentre rimane su valori più elevati per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (21,3%).
Alleanza contro la povertà
«C’è un sostanziale dato di tenuta, ma è pur vero che nel 2024 la povertà relativa è cresciuta. Significa che, per la prima volta, si certifica che quelli che stanno in povertà relativa possono scendere verso la povertà assoluta, cioè tra coloro che vivono un gravissimo disagio», commenta Antonio Russo, portavoce di Alleanza contro la povertà. «La condizione grave riguarda i minori: quel 13,8% riportato dall’Istat è un dato che ipoteca il futuro di questo Paese. Che cittadini saranno questi bambini che non si nutrono a dovere, non hanno un’istruzione e una sanità adeguata, e nemmeno le reti a sostegno? Molti dei loro genitori sono costretti a trascurare la famiglia per dedicarsi al lavoro e provvedere quanto meno al pagamento dell’affitto o del mutuo casa e della spesa per mangiare. Gli italiani sono abbastanza attenti a questo problema, ma lo sono molto meno coloro che prendono le decisioni politiche. È un danno più legato al futuro che al presente. Farsi carico dei minori significa avere una scuola differente, sapendo che se entrambi i genitori devono lavorare, è chiaro che c’è bisogno di una rete di servizi sociali efficiente. Altrimenti si combinano disastri. La stragrande maggioranza delle testate giornalistiche parla raramente della povertà, e sembra che tutto vada bene. Ma così non è. Rischiamo di tornare alla scuola di Barbiana, ma dovremmo trovare un don Milani. Un milione 300mila bambini partono con un “handicap”, con le mani legate e una gamba piegata verso la schiena. Come possono vincere la gara? In Italia, chi nasce povero muove povero».

Russo pone un altro accento: «Il Mezzogiorno sta peggio rispetto al Nord. Che cosa accadrà quando sarà attuata definitivamente la riforma dell’autonomia differenziata? Penso soltanto ai servizi sociali e sanitari, senza neppure soffermarmi sul lavoro. Quando andrà a regime la cosiddetta legge Calderoli, essa spaccherà ancor di più il Paese. E poi c’è il dato delle famiglie straniere. Attenzione, qui parliamo di stranieri regolari, che lavorano e pagano le tasse come tutti noi. Ebbene, sono la maggior parte delle famiglie in situazione di povertà. Cosa facciamo, per loro manteniamo il vincolo dei cinque anni per l’accesso all’assegno di inclusione, oppure – come sosteniamo da tempo – lo portiamo a due anni? Infine, rifletto su un altro dato: tra gli operai la povertà è al 15,6%. Significa che il lavoro non basta per proteggersi dalla povertà. Nel nostro Paese, il lavoro è povero: dunque, la povertà colpisce anche chi a lavorare ci va. E questo smonta la retorica di una certa parte politica e di quegli italiani che sostengono che in fondo te la sei cercata».
«Quando un Paese raggiunge i sei milioni di persone sotto la soglia della povertà, il dato di per sé basta per fermarsi e fare una profonda riflessione», prosegue Russo. «Non è che dobbiamo aspettare che il dato salga ulteriormente: stiamo parlando di un italiano su dieci, di un’emergenza sociale che necessita di politiche straordinarie. Attenzione, queste persone non sono abbandonate: per fortuna c’è un Terzo settore fatto di operatori con competenze e volontari straordinari. Ma viviamo in un Paese in cui il Governo parla bene di queste realtà ma, nel frattempo, non toglie il tetto al 5 per mille».
Credit: la foto d’apertura è di Mart Production su Pexels
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