Sussidiarietà fiscale

“5 per mille, ma per davvero”: sull’eliminazione del tetto la partita resta aperta

Il Governo ha inserito in Legge di Bilancio 2026 l'innalzamento del tetto del 5 per mille, da 525 a 610 milioni di euro. Tuttavia resta aperto il tema dell'eliminazione del tetto, in modo da garantire anche in futuro che tutte le risorse destinate dai cittadini vadano effettivamente alle organizzazioni prescelte. Istituzioni, politica, associazioni ed esperti si sono confrontati in un incontro in Senato, promosso da VITA. «Obiettivo di questo gruppo di lavoro e della campagna promossa con 67 organizzazioni è il superamento del tetto», ha ribadito il direttore di VITA Stefano Arduini

di Alessio Nisi

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Un primo risultato importante c’è ed è frutto del dialogo trasversale che ha coinvolto maggioranza e opposizione e che è sfociato nella bozza della Legge di Bilancio 2026. Era stato anticipato da Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, e così è stato: il Governo si è impegnato ad alzare il tetto del 5 per mille che i contribuenti possono destinare alle organizzazioni non profit (e non solo), passando da 525 a 610 milioni di euro. Un risultato frutto della mobilitazione lanciata da VITA insieme alle 67 organizzazioni promotrici della campagna “5 per mille, ma per davvero” e dei 18 milioni di italiani (con trend costantemente in crescita) che per il 5 per mille mettono la firma. È finita qui? Niente affatto.

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Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, interviene all’incontro “5 per mille, ma per davvero. Per il superamento del tetto”

Una scelta che piace a 18 milioni di contribuenti

L’attuale normativa del 5 per mille impone un tetto di spesa ai fondi destinati dai contribuenti. Nell’ultimo anno, gli italiani avevano destinato con la propria firma in dichiarazione dei redditi la cifra record di oltre 603 milioni di euro, mentre il limite massimo fissato per legge era fermo a 525 milioni di euro: circa 79 milioni di euro quindi sono rimasti nella disponibilità dello Stato e non hanno raggiunto gli enti che gli italiani avevano scelto. In sintesi, nell’ultima edizione del 5 per mille, quella del 2024, quello che tutti chiamiamo 5 per mille si è ridotto, nei fatti, ad un 4,3 per mille.

Togliere il tetto non comporta l’introduzione di una nuova spesa per lo Stato. Si tratta invece di permettere che le risorse, a cui lo Stato ha già rinunciato cedendo una quota dell’Irpef, vengano interamente distribuite agli enti beneficiari, per consentire loro di sostenere progetti vitali, come l’assistenza ad anziani, persone con disabilità, giovani e famiglie in difficoltà. La posta in gioco è la capacità del Terzo settore di continuare a rispondere ai bisogni sociali.

Obiettivo, superamento del tetto

Questi i temi sul tavolo di “5 per mille, ma per davvero. Per il superamento del tetto”, l’incontro organizzato a Roma da VITA con i protagonisti della mobilitazione e i rappresentanti delle istituzioni e della politica. «Un’iniziativa», ha ricordato il direttore di VITA, Stefano Arduini, «che oggi vede un primo risultato positivo: un incremento sostanzioso di 85 milioni di euro. Il tetto nella ventennale storia della misura, è stato aumentato altre volte, ma se guardiamo all’entità dell’aumento, questi 85 milioni di euro hanno un solo precedente». Il riferimento è all’aumento di 100 milioni deciso nel 2014, quando la capienza del tetto venne alzata da 400 a 500 milioni in un sol colpo. «Il tono della nostra campagna», ha aggiunto Arduini, «è stato molto dialogante e c’è stato subito un riscontro da parte del Governo». Obiettivo di questo gruppo di lavoro però, ha continuato, «è il superamento del tetto del 5 per mille» per far sì che venga rispettata la scelta di «18 milioni di cittadini» e che «tutte le risorse da loro destinate, anche in futuro, effettivamente arrivino ai beneficiari».

Il 5 per mille come leva di sviluppo del Terzo settore

«Ponete il 5 per mille come leva centrale di di crescita, di sviluppo, e di evoluzione del Terzo settore», ha detto il viceministro Maria Teresa Bellucci nel suo intervento, «ma le azioni che possono essere portate avanti in favore del Terzo settore e che sono state portati avanti in questi tre anni dal Governo costituiscono un panorama molto, molto più ampio». In quest’ottica ha evidenziato come anche lo stanziamento straordinario per innalzare il tetto del 5 per mille «è un tassello di un puzzle molto più ampio, che abbiamo costruito dal primo giorno in cui ci siamo insediati».

E il tetto? Maurizio Lupi presidente di Noi Moderati, alla guida dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, ha ricordato come «questo strumento è la concreta dimostrazione di cosa voglia dire il principio di sussidiarietà». E traccia un possibile percorso: «Nelle Leggi di Bilancio non prevedere tetti è difficilissimo. Quella per togliere il tetto del 5 per mille è una battaglia di principio assolutamente giusta», ha riconosciuto, «ma che si scontra con la natura e le regole del bilancio». Dunque che fare? «Iniziare ad introdurre un principio che in base alla scelta storica preveda un adeguamento del tetto, questo sì può fare». In sintesi, così, il quantum del tetto sarebbe il frutto della scelta degli italiani.

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In primo piano Gabriele Sepio, direttore generale Fondazione Terzjus

«Lo stanziamento di 85 milioni di euro aggiuntivi è un passaggio importante», sottolinea il presidente di VITA, Giuseppe Ambrosio, perché spinge al «rilancio e a pensare insieme ad uno sviluppo del Terzo settore, un insieme con tante anime». Sulla mobilitazione ha rimarcato poi «l’importanza di fare le cose insieme», in una comunione di intenti che ha coinvolto anche la politica: «II 5 per mille è un fiore all’occhiello che non va abbandonato».

Per Raoul Russo, senatore della Commissione Bilancio che ha ospitato l’incontro, la messa in sicurezza del 5 per mille è «una prima tappa». Ha sottolineato come questo strumento sia «un atto di partecipazione, di comunità e di libertà» soprattutto in favore delle piccole associazioni.

Un trend crescente

Antonio Misiani, alla guida della Commissione Bilancio al Senato, ha evidenziato come «i risultati raggiunti testimonino che quando ci si attiva e lo si fa in modo massiccio e trasversale si riescono a portare a casa risultati importanti. Una battaglia civile fatta non contro qualcosa o qualcuno ma per difendere il valore di libertà di scelta dei cittadini e dei contribuenti italiani».

Se nel 2026 i 610 milioni di euro verosimilmente basteranno a dare copertura al 5 per mille che abbiamo appena destinato con le dichiarazioni dei redditi 2025, che cosa accadrà nel 2027? «Rischiamo di riavviare il film. Lupi ha ragione quando ricorda che tecnicamente è complicato togliere di mezzo del tutto il tetto per come funzionano le regole di contabilità dello Stato, però nulla vieta allo stato di prevedere un finanziamento crescente negli anni, operando delle stime in relazione all’evoluzione storica del 5 per mille degli ultimi anni e costruendo una traiettoria crescente almeno per i prossimi tre anni», afferma Misiani.

Le proiezioni per il futuro e il traino del Runts

Le proiezioni per capire quanto varrà in futuro il 5 per mille le ha fatte Gabriele Sepio, segretario generale Fondazione Terzjus: già nel 2027 i 610 milioni potrebbero non bastare più. «L’importo del 5 per mille è aumentato per ragioni strutturali. La crescita del 5 per mille è trainata dall’offerta, il Terzo settore». E le ragioni strutturali sono legate, spiega, al Registro unico nazionale del Terzo settore – Runts. «Il fattore trasparenza e accountability relativo agli enti traina la fiducia degli italiani. I 610 milioni», aggiunge, «emergono come dato corretto in prospettiva legato al trend degli enti beneficiari, unitamente ad un ulteriore effetto trascinamento legato ai contribuenti italiani che iniziano ad optare per il 5 per mille». Da quando è stato avviato il Runts, prosegue, «abbiamo avuto un balzo in avanti di quasi 2 milioni di contribuenti che hanno destinato il 5 per mille», proprio per la capacità del Terzo settore «di penetrare il sistema e raccogliere la fiducia». E in potenza, ha ricordato, «c’è una vasta prateria di contribuenti italiani che ancora non fanno questa scelta».

I cittadini, la ricerca e le associazioni più piccole

Per rendere il 5 per mille «una risorsa stabilizzata nel tempo per le organizzazioni», spiega Vanessa Pallucchi, portavoce uscente del Forum del Terzo settore, «c’è la necessità di poter contare su una campagna istituzionale, magari fatta dal ministero del Lavoro con la Rai per il sociale che sensibilizzi i cittadini a questa scelta». Pallucchi infatti ha sottolineato che «c’è ancora un buon margine di cittadini che non firmano il 5 per mille, perché non hanno ancora chiara consapevolezza dello strumento».

L’ampliamento ulteriore dei contribuenti che “ci mettono la firma” porterebbe beneficio «alle associazioni più piccole, che sentono di più le oscillazioni delle percentuali di 5 per mille che le riguarda». Un altro tema sul tavolo per Pallucchi è «riconducibilità di chi ha devoluto il 5 per mille», ossia la possibilità per le organizzazioni di sapere da chi sono state scelte, in modo da ringraziarli e generare «un’affezione di cittadinanza attiva, di appartenenza e la possibilità di rimanere in rete con una comunità associativa». E se sulla ricerca scientifica e sanitaria, rimarca, «il 5 per mille in questi anni è stato ed è fondamentale, ecco che negli ultimi anni è risultato determinante per quelle associazioni attive nelle zone di frontiera».

Un gesto civico che tiene insieme fiducia e responsabilità

Sull’ipotesi di una campagna di policy making e sul 5 per mille come strumento che consente alle organizzazioni una programmazione pluriennale è intervenuta Chiara Tommasini, presidente di Csvnet. «Da quando è stato istituito il 5 per mille è uno strumento apparso subito come un’operazione culturale prima ancora che una misura fiscale». Un gesto «civico che tiene insieme fiducia e responsabilità. Abbiamo sempre sostenuto in tutte le in tutti i territori una una forte spinta all’informazione alla comunicazione alla formazione non solo delle organizzazioni degli enti e dei volontari ma anche e soprattutto delle comunità».

Soprattutto il mondo del volontariato di media e piccola dimensione «trova nel 5 per mille, l’unico finanziamento stabile che consente di portare avanti sul territorio le loro attività, specialmente in contesti fragili e specialmente delle aree interne del Paese». Difendere e rendere pienamente efficace il 5 per mille «significa riconoscere che il volontariato non è una risorsa accessoria ma una infrastruttura civile e democratica del nostro Paese».

In apertura e nel testo foto di Alessio Nisi

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